L’inchino degli aerei al generale Brentegani

GROSSETO. Hanno sorvolato l’obitorio del Misericordia, inchinandosi alla memoria del loro generale. Gli aerei dell’Aeronautica, decollati dalla base militare, hanno così reso omaggio, domenica 4 giugno, al generale Bruno Brentegani, morto a 71 anni sabato 3 giugno. 

Brentegani era ricoverato in terapia intensiva da giorni: sabato, la notizia della sua morte, è arrivata come un fulmine a ciel sereno in città, dov’era molto conosciuto e amato. Non soltanto come militare – oltre a pilota di tornado, Brentegani è stato anche comandante di Poggio Ballone – ma anche e soprattutto come uomo. 

Gli amici e la stessa Arma aeronautica si sono stretti attorno ai familiari del generale, alla moglie Mariella e ai figli Andrea e Luca nel giorno dell’ultimo saluto, nella cappella del cimitero di Sterpeto.

Brentegani è stato ricordato da tutti come un uomo amorevole, coraggioso, dedito alla famiglia e innamorato del volo, la sua più grande passione. 

«Noi siamo uomini, ma saliamo verso di te…»

Brentegani era amato da tutti, era un uomo distinto, sempre gentile e composto: così lo hanno ricordato gli amici e i colleghi. Era un pezzo importante delle vite di chi era presente al funerale e per questo gli hanno reso omaggio raccontando gli aneddoti di vita che hanno vissuto in sua compagnia. Un collega del settantunenne ha recitato la preghiera degli aviatori.

«Noi siamo uomini, ma saliamo verso di te dimentichi del peso della nostra carne, purificati dei nostri peccati. Fa, nella guerra, della nostra forza la tua forza, o Signore, perché nessun ombra sfiori la nostra terra e fa, quando sia l’ora, dei tuoi cieli la nostra corona. E sii con noi come noi siamo con te, per sempre», così recita la preghiera che ricorda la sfida più dura per chi lasciamo quando ce ne andiamo, cioè la morte di chi ha donato la propria vita alla famiglia, alla patria e agli amici, in questo caso anche al volo e al suo amato sigaro. Il vuoto che rimane nei cuori dei famigliari, amici e colleghi è incolmabile.

La famiglia ringrazia per tutte le belle parole spese e per la presenza numerosa di chi ha fatto parte della sua vita, di chi lo ha visto lavorare, oppure anche di chi ha fatto qualche viaggio su e giù per l’Italia nei fine settimana per portare il figlio a giocare a basket, o ancora di chi ha condiviso con Bruno una stanza per ridere e divertirsi.

 

Migliaia di persone per i fuochi d’artificio – Il Video

CASTIGLIONE DELLA PESCAIA. Com’è ormai una tradizione consolidata, a Castiglione della Pescaia l’inizio dell’estate viene salutato con uno spettacolo pirotecnico: migliaia di persone hanno assistito all’evento direttamente dalla spiaggia, con i fuochi d’artificio sparati dall’imboccatura del porto canale.

Un evento che affascina grandi e piccini, e la riprova è stato il paese letteralmente invaso dai turisti, con tutti parcheggi presi d’assalto e pieni all’inverosimile.

Poco meno di quindici minuti di spettacolo, ma sufficienti per far rallegrare la gente, che ha approfittato per godersi una bella serata spensierata e mangiarsi magari un gelato, un ponte del 2 giugno che ha fatto registrare il tutto esaurito, compresi gli stabilimenti balneari.

Ragazzine violente: pugni al volto in pieno centro

GROSSETO. «Cioè, se dico che ti prendo a schiaffi…»: non finisce nemmeno la frase che parte il primo colpo. Poi un altro e un altro ancora, fino a scaraventarla per terra tenendola per i capelli. Una volta giù, le sale sopra e la colpisce al volto con i pugni.

Scene di una violenza inaudita: protagonista una ragazzina, un’adolescente. Che picchia una coetanea, di fronte a un gruppetto di amici che, anziché intervenire e dividerle, le filma. 

Aggredita in pieno giorno

«Stai a terra, stai a terra», continua a intimarle la ragazzina, mentre la prende per i capelli e la tiene giù, spingendole il volto verso il pavimento. Tutto questo succede in piazza San Francesco, in pieno giorno, mentre altre ragazzine e altri ragazzini riprendono tutto con il cellulare. Nessuna di loro interviene: si sente anche qualche voce maschile. Ma nessuno si mette in mezzo per fermare l’adolescente che continua a picchiare l’altra.

A colpirla con i pugni al volto, rischiando di farle male davvero. Solo un timido invito: «Oh ferme oh – si sente dire – Basta, ferme, basta». Ma dall’inquadratura si capisce che a guardare il pestaggio ci sono sia maschi che femmine. Che potrebbero fermare questa follia. Ma nessuno lo fa. Anzi, gli amici che riprendono la scena, ridacchiano. «Contenta ora? Ne vuoi altre?»: le due protagoniste sono in piedi, quella che ha messo a terra la coetanea le dice: «E allora vai», accompagnando le parole con il gesto della mano. 

Mentre la giovane picchiata si allontana, le amiche incalzano: «Oh, questa continua a fare la sbruffona». «Vediamo se ora hai il coraggio di mandare altre frecciatine. Zitta e vai»: il video finisce così. Con la ragazzina picchiata di spalle che se ne va, passando per il chiasso delle Monache. 

Un minuto e 15 di follia

Impossibile capire quando sia stato ripreso il pestaggio: le ragazzine sono vestite con pantaloncini corti e magliette leggere. Nei giorni scorsi, probabilmente.

Giovedì 1° giugno quelle immagini hanno cominciato a circolare tra i cellulari di diversi adolescenti e sono arrivate anche ad alcuni genitori, allarmati per quei fotogrammi.  

La giovane che picchia l’altra si vede bene in volto ma non sembra far caso ai cellulari degli amici che riprendono tutta l’aggressione. Aggressione che, se non immortalata dalla videocamera dei cellulari, sarebbe comunque stata ripresa dalle telecamere di videosorveglianza del Comune, installate in piazza San Francesco.

Il video dura 1 minuto e 15 secondi ed è arrivato anche alle forze dell’ordine che ora stanno lavorando per ricostruire quello che è accaduto. 

Francis Jupiter e il nuovo video nel deserto di Sergio Leone

Francis Jupiter never let me go

GROSSETO. Il cantautore maremmano Francis Jupiter aveva appena scritto la canzone dei suoi 30 anni. In aprile è volato nel deserto di Tabernas (Spagna) per dargli i contorni col nuovo videoclip.

Quel territorio brullo, scolpito dai raggi del sole e dagli agenti atmosferici è consacrato dalla storia del cinema come scenografia di numerosi western di Sergio Leone. Lì David Lean girò alcune scene del suo “Lawrence d’Arabia” (1962), più recentemente il deserto è stato set della famosa serie tv “Il trono di spade“.

Il video di Jupiter è stato girato dal fratello Matteo Petrini, videomaker e scenografo.  «Volevamo fare un video insieme – dice Jupiter – l’ultima volta che abbiamo fatto un viaggio in compagnia è stato 13 anni fa. Cercavamo un posto nel deserto. Abbiamo fatto i sopralluoghi con Google maps e abbiamo visto che il deserto di Tabernas era l’ideale. Dalle immagini abbiamo visto anche una casa solitaria con piscina: credevamo fosse di qualcuno che volesse isolarsi dal mondo, poi abbiamo scoperto che era in affitto, così è diventata parte del nostro set».

Jupiter: “Never let me go”

“Never let me go” è un singolo che Jupiter ha scritto subito dopo aver compiuto i 30 anni. E un po’ come il precedente “Late night“, da uno spunto di vita personale la canzone si allarga a un’amplia platea che potrebbe sentirsi direttamente interessata dalle sue parole. «Mi sono trovato davanti al pc a fare i conti con quello che ho fatto e quello che ancora è da fare – dice il cantante maremmano – così è nato un pezzo molto personale ma che allo stesso tempo è dedicato a tutte le persone che stanno inseguendo le proprie ambizioni e i propri sogni, qualsiasi essi siano». Un po’ come il precedente “Late night“, che era dedicata anche qui 

Il giusto mix di amore e odio verso una professione che ha abbracciato all’insegna della sperimentazione, ha dato vita a una canzone dove regna anche la frase “Never gonna be enough“, ovvero “non sarà mai abbastanza”. Un tema costante, che ha accompagnato la composizione di testo e musica. «Tracciando un bilancio di quello fatto finora, infatti, davanti al quel pc ho realizzato di aver fatto sì diverse cose, ma allo stesso tempo mi è sembrato che tutto ancora non sia abbastanza – dice Jupiter – c’è ancora molto da fare e da creare».

La canzone è stata prodotta da Francis Jupiter e Alessandro Benedettelli. Con un supporto alla chitarra da parte di Daniele Gaudino e alla batteria di Tommaso Niccolai.

Never let me go mixa con una certa abilità sessioni strumentali a elettronica. Un’alternanza non nuova per Jupiter e nella quale riesce a essere sempre originale da un lato e dall’altro, sorprendente. Il videoclip è ben girato e “ben pensato”. Con un look che da lontano ricorda alcune esibizioni di Jared Leto (col quale Jupiter ha pure cantato), il cantante maremmano affronta la sua personale traversata nel deserto. Davanti a una natura, un ambiente, che lo sovrasta ma nel quale riesce anche a nascondersi e, alla bisogna a ri-emergere. Sempre.

Il singolo di Pandem “Ora chi Pagherà”, diventa un video

GROSSETO. «Realizzo la grandezza del debito che ci hanno lasciato. Ora chi pagherà, l’ora è giunta» canta Pandem nel nuovo video. La canzone dell’artista grossetano “Ora chi pagherà“, singolo prodotto e distribuito grazie al secondo posto conquistato al Firenze suona contest 2022, infatti si è trasformata in un videoclip.

Giusto il tempo per immaginare come sarebbe venuto, scegliere le location e… ciack. Le zone della città designate dal Comune per essere riqualificate hanno fatto da set a un video che è un dialogo intergenerazionale aperto e senza troppi filtri.

Girato a dicembre con «secchiate d’acqua gelida»

Più il video è vero e più è sentito. Così l’11 dicembre 2022, durante le riprese, nel fango, non è mancato il realismo. «Nonostante il freddo, di sera abbiamo girato la scena nel fango in cui mi tiravano secchi d’acqua gelida addosso, mentre ero sdraiato nella melma – dice Pandem – queste sono le immagini estreme che mi piace introdurre in ogni clip».

Un giovane e un anziano (entrambi interpretati da Pandem) si confrontano e si “scontrano”. «I giovani sono spesso utilizzati come capro espiatorio della condizione che molti Paesi stanno vivendo – dice Pandem – Ma i problemi arrivano anche da chi ci ha lasciato in eredità questo mondo. I giovani si trovano a non avere futuro perché non gli è stato permesso di averlo. La loro voce non ha peso e ho sentito il bisogno di parlarne almeno con una canzone».

clip video ora chi pagherà pandem
Una clip del video

Nel video il ragazzo interpretato da Pandem si dibatte con le mani legate senza che si veda chi è che lo sta trascinando. «Noi giovani spesso abbiamo le mani legate – dice – anche se non si sa mai bene da chi. Per molte persone non abbiamo voglia né di lavorare, né di fare e non ci vengono date possibilità. Prima di poter decidere qualcosa dobbiamo confrontarci con dieci “dinosauri” e anche se abbiamo potenziale spesso siamo condannati alla frustrazione. Un sentimento, unito alla rabbia, che viene utilizzato da alcuni esponenti politici come leva elettorale, senza che ovviamente diano soluzioni concrete al disagio giovanile».

Uno scontro-dialogo tra generazioni

“Ora chi pagherà” parla di un debito non solo monetario o ideologico. «È anche quello che riguarda l’ambiente – dice Pandem – lo si vede con ciò che è successo recentemente. Il cambiamento climatico c’è, l’inquinamento e il dissesto idrogeologico sono rischi comuni e le nuove generazioni dovranno affrontarli. Ma non si è creato tutto oggi, sono anni che ne parliamo».

Il video è una provocazione tipica delle nuove generazioni che faticano a far sentire il proprio punto di vista. «Allo stesso tempo – ci tiene a puntualizzare Pandem – rimane comunque in invito al dialogo e alla cooperazione fra generazioni che insieme dovranno far fronte ai cambiamenti sociali del nostro tempo».

La clip nasce dal progetto patrocinato dalla Regione Toscana “Fuori dal Comune”: creato e realizzato dalle associazioni Arezzo Che Spacca e Farrago, si divide tra Siena, Grosseto e Arezzo.

Il bando prevedeva una gara per la musica e una per il video. Pandem ha prima convinto tutti con le sue armonie e poi ha fatto parte anche delle realizzazioni video. Così è nata una collaborazione con i volontari e con il team di Farrago: il regista Luca Bizzarri, il direttore della fotografia Thomas Bartolini e il produttore esecutivo Luca Giustini, che hanno permesso di realizzare un video in sintonia anche con le corde di Pandem.

 

I ragazzi delle medie di Pitigliano insegnano a prevenire il melanoma

Un frame del video

PITIGLIANO. I ragazzi della scuola media di Pitigliano si sono aggiudicati il primo premio della loro categoria, al concorso nazionale “Il Sole per Amico”, indetto dall’Intergruppo melanoma italiano (Imi) e dal ministero dell’Istruzione con un duplice obiettivo:

  • sensibilizzare i bambini e i ragazzi sui danni provocati da una non corretta esposizione al sole e alle lampade abbronzanti, incoraggiando le opportune misure di prevenzione
  • stimolare studio e creatività per produrre gli elaborati 

È la prima volta che una scuola della Maremma partecipa all’iniziativa e si aggiudica il premio più ambito tra tanti istituti (il concorso coinvolge anche le scuole elementari e superiori) provenienti da tutta Italia. Un risultato esaltante che si somma anche all’importante lavoro educativo multidisciplinare necessario per rispondere ai requisiti richiesti dal bando. 

Un cartoon per spiegare come stare al sole senza rischi

E i 33 ragazzi della II A e della II B della scuola media (che fa parte dell’Istituto comprensivo “Umberto I” di Pitigliano) ce l’hanno messa tutta, sbaragliando gli altri concorrenti e vincendo un premio di 2.500 euro, che saranno utilizzati dai docenti per l’acquisto di materiale scolastico.

Sostenuti dagli insegnanti Ermelinda Ferrara e Daniele Grillo (referenti del progetto), Martina Giulietti, Georgia Iaconetti, Simona Marianelli e Debora Rossi hanno realizzato un breve cartone animato dal titolo “MelaNOma. Conosciamolo nel tempo per batterlo sul tempo”. Un gioco di parole per dire “no” ai tumori della pelle.

5 minuti di video, in cui alcuni personaggi doppiati dai ragazzi affrontano il problema dei rischi legati all’esposizione solare in una prospettiva storica. Il racconto parte dall’uomo di Similaun e arriva a oggi, passando per la medicina antica e soffermandosi nel dettaglio della prevenzione di questa malattia, attraverso i corretti comportamenti.

Musica e testi originali, creati dai ragazzi

Il videocartoon è stato realizzato con l’impiego di diversi programmi di grafica digitale (Animaker, Fotosketcher, Canva ecc.) e l’aggiunta di testi e musica originali creati interamente dai ragazzi con il coordinamento dei loro docenti di scienze, italiano, arte e musica.

9 i vincitori a livello nazionale: 3 per la categoria della scuola primaria, 3 per quella secondaria di primo grado e 3 per la secondaria di secondo grado. A loro, oltre all’attestato di partecipazione, sono andati premi di 2.500, 1.500 e 1.000 euro.

La premiazione in diretta streaming

Ieri, venerdì 26 maggio, la proclamazione dei vincitori con una cerimonia in diretta streaming sulla piattaforma @educazionedigitale.it. In collegamento dalla scuola c’era tutto il gruppo di lavoro: i 33 ragazzi, che hanno spiegato la genesi del videocartoon e come lo hanno realizzato, la dirigente dell’Istituto comprensivo, Anna Rosa Conti, i referenti del progetto e tutti gli insegnanti coinvolti.

Il videocartoon, da cui sarà riservata la possibilità di produrre materiale didattico-divulgativo, sarà pubblicato sul sito dell’Imi e utilizzato per la realizzazione di campagne informative sui social dell’istituto.

La verità di Ape: «Sono un perseguitato. Qui non c’è un cadavere»

Michele Rossi, detto Ape, davanti a una delle sue roulotte

GROSSETO. Una lunga intervista quella con Michele Rossi, detto Ape, 54 anni: racconta la sua verità dopo che, da dieci giorni, gli inquirenti, anche con i cani, cercano nel suo terreno uno o due cadaveri. Per ora hanno trovato un osso, niente di più.

Dopo la seconda perquisizione, ha deciso di parlare, di sfogarsi, di dire perché si sente un perseguitato.

Ape: «Non sanno chi cercare e perché»

«Qui non sanno cosa cercano, chi cercano, perché lo cercano. Non sanno nulla, ma lo fanno sulla mia pelle. Io voglio solo vivere in pace».

«Voi non lo sapete, ma ho anche una figlia, oltre alla mia compagna, che vive lontano da Grosseto. E non posso vederla».

L’intervista integrale nel video.

 

Uccisa con 16 coltellate: condannato a 26 anni – IL VIDEO

MONTEROTONDO MARITTIMO. È stato condannato a 26 anni Nicola Stefanini, il cinquantenne a processo per aver ucciso la sua compagna, Silvia Manetti, la sera dell’11 agosto 2021. Il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna ha chiesto una condanna a 24 anni per l’omicidio, a un anno e 5.000 euro per il porto del coltello e a un anno di arresto per il danneggiamento dell’auto di servizio, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. 

La corte d’assise, composta dal presidente, Adolfo Di Zenzo e dalla giudice Laura Previti lo ha condannato a 26 anni di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Il cinquantenne è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. 

I giudici hanno anche disposto il pagamento della provvisionale ai figli dell’uomo, alla madre e alla sorella: 300mila euro ciascuno ai due figli, 200.000 euro per la mamma e 100.000 per la sorella, oltre  al pagamento delle spese processuali e di costituzione della parte civile. 

Il pm non chiede l’ergastolo

Maglia e pantaloni scuri, occhi che guardano verso il basso. Si è presentato così Nicola Stefanini, al suo ingresso in aula per l’ultima udienza, quella che ha deciso il suo destino. Un destino che ha irreversibilmente cambiato lui stesso  l’11 agosto 2021, quando ha ucciso a coltellate Silvia Manetti, 46 anni, la sua compagna. 

L’ultima udienza del processo si è aperta con la richiesta da parte del suo difensore, l’avvocato Tommaso Galletti, di sentire lo psichiatra del carcere. «Gli ha prescritto un farmaco anti psicotico – dice – che serve per curare malattie psichiatriche. Quando è stato arrestato, gli sono stati somministrati 15 milligrammi di midazolam: una dosa ce equivale a un’anestesia». La richiesta dell’avvocato è stata respinta. 

Stefanini ha continuato a guardare in basso. Ha continuato a farlo per tutta la durata della discussione, tre ore scarse, quando il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna, ha chiesto la condanna dell’uomo a 26 anni e 6 mesi e 5.000 euro di multa. 

«Non ci sono dubbi sulla sua responsabilità: la vicenda è chiara e lo è stata fin da subito grazie a una piena confessione resa dell’imputato – ha detto – Stefanini si è subito assunto la responsabilità di quello che era successo. Oggi qui dobbiamo discutere e arrivare a un conclusione su un altro punto: ovvero se Stefanini meriti o meno l’ergastolo. Chiederò una pena severa, ma non l’ergastolo»

«L’ha uccisa e voleva farlo»

È il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna a ricostruire i dettagli della tragedia. Quando dopo le cena per festeggiare il loro anniversario, sulla strada verso casa, la lite tra i due sfocia nella tragedia.

«Non ci ho visto più, non ci ho capito più niente, mi si è rovesciato il cervello»: il pm ha ricordato in aula le parole dell’imputato, accusato di omicidio volontariato aggravato, porto abusivo di arma e danneggiamento. «Stefanini ha perso la testa e l’ha colpita 16 volte – ha detto il sostituto procuratore – questo dà il senso che volesse ucciderla». 

Il pm Giampaolo Melchionna

La coppia, a giugno, aveva litigato. Si erano quasi lasciati, Stefanini stava cercando un’altra sistemazione. «A quel periodo risalgono i messaggi alle amiche, nei quali Silvia raccontava le minacce di morte da parte di Nicola – dice il pm – Certo, leggere oggi che le scriveva di volerla sgozzare assume un altro significato. Ma lui ha sempre negato queste minacce e le chat sono di giugno. L’omicidio è arrivato in un momento in cui Stefanini era fuori controllo, non era stato annunciato. L’ha uccisa perché lei gli ha sputato».

Omicidio volontario aggravato, commesso per futili motivi sulla sua compagna. Ma l’ergastolo, il pm, non lo ha chiesto. «Ha mostrato subito il suo pentimento – dice in aula – ha subito collaborato, ha chiamato i soccorsi, ha collaborato sia nella fase delle indagini che durante il processo, assumendosi le proprie responsabilità. Per questo chiedo il massimo della pena per l’omicidio, 24 anni. Con il suo gesto, ha lasciato orfani due minorenni». 

Il pm ha chiesto anche la condanna a 1 anno e 5.000 euro di multa per il porto del coltello e 1 anno e sei mesi per il danneggiamento dell’auto dei carabinieri. 

Richiesta, quella del pm, al quale si associano anche gli avvocati di parte civile, Riccardo Gambi e Michele Giorgetti, che assistono rispettivamente la madre e la sorella di Silvia e i due figli della donna.  L’avvocato della madre e della sorella ha chiesto un risarcimento di due milioni di euro, uno per ciascuno. 

Il difensore: «Il suo sguardo è cambiato nel tempo»

Perché difendere un uomo che potrebbe essere condannato all’ergastolo? «Ho questo arduo compito – attacca subito l’avvocato Galletti – Ti chiama un parente, che si vergogna per quello che è successo, che non capisce, che ti chiede di andare al colloquio. La mia iniziale impressione non è stata buona: il suo sguardo era torvo, era cupo. Non è stato facile. Ma il suo sguardo è cambiato, via via, soprattutto dopo le varie confessioni. Stefanini non ha avuto la possibilità di sviluppare in modo armonico la sua personalità. Ho cercato di comprendere quello che ha scatenato questo fatto terribile, e mi sono convinto che non meriti l’ergastolo». 

Silvia Manetti
Silvia Manetti

È sul numero delle coltellate che si sofferma l’attenzione dell’avvocato. «Delle 16 coltellate, 10 hanno colpito le mani e le braccia di Silvia – dice – perché lei si è difesa. Le sei incisioni sul collo non sono sei affondi, ma possono essere stati prodotti dalla sola coltellata mortale. Sono dettagli che per carità, non cambiano le cose». 

Galletti aveva chiesto che Stefanini fosse giudicato con il rito abbreviato, ma la norma non lo permette più. 

Stefanini l’ha uccisa per futili motivi, ha sostenuto l’accusa. «Ma per lui, quella lite, non è stata futile – puntualizza Galletti – Hanno discuso per 40 minuti perché voleva andare ad acquistare cocaina». 

Silvia scriveva alle amiche che Nicola era bipolare, che era peggiorato, che lei non lo riconosceva più. Che stava «di fori a bestia». «Gli effetti del consumo massiccio di cocaina e pasticche si vedeva eccome – dice il suo avvocato – da bambino soffriva della sindrome di Adhd che non è mai stata curata. Non ha avuto legami con i suoi familiari, non ha avuto amici veri. Quando si è trovato di fronte alla scelta di acquistare o meno cocaina, si è scompensato e il discontrollo degli impulsi, per me, rileva sotto il profilo della volontarietà». 

Galletti ha chiesto che gli venissero riconosciute le attenuanti generiche. Richiesta, questa, accolta dalla corte d’assise. 

 

 

 

Nuova perquisizione per Ape, con elicottero e cani

La perquisizione con i cani nel campo di Ape

GROSSETO. La procura della repubblica ha disposto una nuova perquisizione, in via Giordania nel campo in cui Michele Rossi, detto Ape tiene le sue macchine. Le operazioni si sono svolte questa mattina, 24 maggio, con grande spiegamento di mezzi: i cani dell’unità cinofila dei carabinieri e l’elicottero che ha sorvolato a lungo la zona.

Era presente anche l’avvocato dell’uomo, Livio Sammatrice.

Nessuna novità dal sopralluogo

«Dal questo nuovo sopralluogo non son emerse novità, né dalla perquisizione personale e domiciliare del mio assistito. Attendiamo il pomeriggio quando verrà pubblicato il verbale», ha dichiarato Sammatrice. «Per il mio assistito – ha ripreso il legale – la preoccupazione maggiore non è tanto essere indagato, ma che venga emesso un provvedimento di sgombero della zona».

Intanto il sostituto procuratore Valeria Lazzarini, ha affidato l’incarico a due periti per per esaminare il frammento osseo ritrovato il 19 maggio.


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GROSSETO. Il movimento di pattuglie dei carabinieri è cominciato intorno alle 9 di venerdì 19 maggio, nella zona di via Giordania. Una “soffiata” probabilmente, arrivata al comando, ha fatto scattare l’allarme: in quel fazzoletto di terra ricoperto dalla vegetazione, ci sarebbe il cadavere di un uomo

Da venerdì mattina però, questa circostanza non è stata confermata da nessuno dei militari che sta operando e nemmeno dal comando: in via Giordania, intorno alle 14, è arrivato anche un escavatore dell’Esercito. 

Il corpo infatti, abbandonato in quella zona, potrebbe essere rimasto sepolto dal terreno, vista la pioggia caduta in questi giorni. 

Oltre ai carabinieri della compagnia di Grosseto, ci sono anche le unità cinofile che stanno aiutando i colleghi nelle ricerche. 

Nel pomeriggio una persona, a quanto pare solo a titolo di testimone, è stata ascoltata in caserma.