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Uccisa con 16 coltellate: condannato a 26 anni – IL VIDEO

Femminicidio di Monterotondo: il pm non ha chiesto l’ergastolo per Nicola Stefanini. «Chiedo una pena severa, ha confessato subito e ha collaborato con le indagini»

MONTEROTONDO MARITTIMO. È stato condannato a 26 anni Nicola Stefanini, il cinquantenne a processo per aver ucciso la sua compagna, Silvia Manetti, la sera dell’11 agosto 2021. Il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna ha chiesto una condanna a 24 anni per l’omicidio, a un anno e 5.000 euro per il porto del coltello e a un anno di arresto per il danneggiamento dell’auto di servizio, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. 

La corte d’assise, composta dal presidente, Adolfo Di Zenzo e dalla giudice Laura Previti lo ha condannato a 26 anni di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Il cinquantenne è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. 

I giudici hanno anche disposto il pagamento della provvisionale ai figli dell’uomo, alla madre e alla sorella: 300mila euro ciascuno ai due figli, 200.000 euro per la mamma e 100.000 per la sorella, oltre  al pagamento delle spese processuali e di costituzione della parte civile. 

Il pm non chiede l’ergastolo

Maglia e pantaloni scuri, occhi che guardano verso il basso. Si è presentato così Nicola Stefanini, al suo ingresso in aula per l’ultima udienza, quella che ha deciso il suo destino. Un destino che ha irreversibilmente cambiato lui stesso  l’11 agosto 2021, quando ha ucciso a coltellate Silvia Manetti, 46 anni, la sua compagna. 

L’ultima udienza del processo si è aperta con la richiesta da parte del suo difensore, l’avvocato Tommaso Galletti, di sentire lo psichiatra del carcere. «Gli ha prescritto un farmaco anti psicotico – dice – che serve per curare malattie psichiatriche. Quando è stato arrestato, gli sono stati somministrati 15 milligrammi di midazolam: una dosa ce equivale a un’anestesia». La richiesta dell’avvocato è stata respinta. 

Stefanini ha continuato a guardare in basso. Ha continuato a farlo per tutta la durata della discussione, tre ore scarse, quando il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna, ha chiesto la condanna dell’uomo a 26 anni e 6 mesi e 5.000 euro di multa. 

«Non ci sono dubbi sulla sua responsabilità: la vicenda è chiara e lo è stata fin da subito grazie a una piena confessione resa dell’imputato – ha detto – Stefanini si è subito assunto la responsabilità di quello che era successo. Oggi qui dobbiamo discutere e arrivare a un conclusione su un altro punto: ovvero se Stefanini meriti o meno l’ergastolo. Chiederò una pena severa, ma non l’ergastolo»

«L’ha uccisa e voleva farlo»

È il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna a ricostruire i dettagli della tragedia. Quando dopo le cena per festeggiare il loro anniversario, sulla strada verso casa, la lite tra i due sfocia nella tragedia.

«Non ci ho visto più, non ci ho capito più niente, mi si è rovesciato il cervello»: il pm ha ricordato in aula le parole dell’imputato, accusato di omicidio volontariato aggravato, porto abusivo di arma e danneggiamento. «Stefanini ha perso la testa e l’ha colpita 16 volte – ha detto il sostituto procuratore – questo dà il senso che volesse ucciderla». 

Il pm Giampaolo Melchionna

La coppia, a giugno, aveva litigato. Si erano quasi lasciati, Stefanini stava cercando un’altra sistemazione. «A quel periodo risalgono i messaggi alle amiche, nei quali Silvia raccontava le minacce di morte da parte di Nicola – dice il pm – Certo, leggere oggi che le scriveva di volerla sgozzare assume un altro significato. Ma lui ha sempre negato queste minacce e le chat sono di giugno. L’omicidio è arrivato in un momento in cui Stefanini era fuori controllo, non era stato annunciato. L’ha uccisa perché lei gli ha sputato».

Omicidio volontario aggravato, commesso per futili motivi sulla sua compagna. Ma l’ergastolo, il pm, non lo ha chiesto. «Ha mostrato subito il suo pentimento – dice in aula – ha subito collaborato, ha chiamato i soccorsi, ha collaborato sia nella fase delle indagini che durante il processo, assumendosi le proprie responsabilità. Per questo chiedo il massimo della pena per l’omicidio, 24 anni. Con il suo gesto, ha lasciato orfani due minorenni». 

Il pm ha chiesto anche la condanna a 1 anno e 5.000 euro di multa per il porto del coltello e 1 anno e sei mesi per il danneggiamento dell’auto dei carabinieri. 

Richiesta, quella del pm, al quale si associano anche gli avvocati di parte civile, Riccardo Gambi e Michele Giorgetti, che assistono rispettivamente la madre e la sorella di Silvia e i due figli della donna.  L’avvocato della madre e della sorella ha chiesto un risarcimento di due milioni di euro, uno per ciascuno. 

Il difensore: «Il suo sguardo è cambiato nel tempo»

Perché difendere un uomo che potrebbe essere condannato all’ergastolo? «Ho questo arduo compito – attacca subito l’avvocato Galletti – Ti chiama un parente, che si vergogna per quello che è successo, che non capisce, che ti chiede di andare al colloquio. La mia iniziale impressione non è stata buona: il suo sguardo era torvo, era cupo. Non è stato facile. Ma il suo sguardo è cambiato, via via, soprattutto dopo le varie confessioni. Stefanini non ha avuto la possibilità di sviluppare in modo armonico la sua personalità. Ho cercato di comprendere quello che ha scatenato questo fatto terribile, e mi sono convinto che non meriti l’ergastolo». 

Silvia Manetti
Silvia Manetti

È sul numero delle coltellate che si sofferma l’attenzione dell’avvocato. «Delle 16 coltellate, 10 hanno colpito le mani e le braccia di Silvia – dice – perché lei si è difesa. Le sei incisioni sul collo non sono sei affondi, ma possono essere stati prodotti dalla sola coltellata mortale. Sono dettagli che per carità, non cambiano le cose». 

Galletti aveva chiesto che Stefanini fosse giudicato con il rito abbreviato, ma la norma non lo permette più. 

Stefanini l’ha uccisa per futili motivi, ha sostenuto l’accusa. «Ma per lui, quella lite, non è stata futile – puntualizza Galletti – Hanno discuso per 40 minuti perché voleva andare ad acquistare cocaina». 

Silvia scriveva alle amiche che Nicola era bipolare, che era peggiorato, che lei non lo riconosceva più. Che stava «di fori a bestia». «Gli effetti del consumo massiccio di cocaina e pasticche si vedeva eccome – dice il suo avvocato – da bambino soffriva della sindrome di Adhd che non è mai stata curata. Non ha avuto legami con i suoi familiari, non ha avuto amici veri. Quando si è trovato di fronte alla scelta di acquistare o meno cocaina, si è scompensato e il discontrollo degli impulsi, per me, rileva sotto il profilo della volontarietà». 

Galletti ha chiesto che gli venissero riconosciute le attenuanti generiche. Richiesta, questa, accolta dalla corte d’assise. 

 

 

 

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  • Francesca Gori

    Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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