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Chi ha paura dell’asterisco?

La bufera che si è scatenata sul mancato rinnovo della convenzione a Clan non è questione di un simbolo: in ballo c’è il dibattito che va avanti da mesi sull’inclusività linguistica
A sinistra, il simbolo della schwa, a destra l’asterisco

GROSSETO. Anche chi, per mesi e mesi, è rimasto alla larga dal dibattito sull’utilizzo del genere neutro, dalla sostituzione delle desinenze maschile e femminile con la chiocciola, con l’asterisco o con la schwa, la ə, tutto insieme pare essersi svegliato per trasformarsi nel massimo esperto di linguaggio inclusivo e politiche sociali. Perché di questo si tratta, secondo i sostenitori del genere neutro in una lingua, l’italiano, che non lo contempla. 

Ma c’è anche chi sta continuando a resistere, strenuamente, al cambiamento. E la polemica (prima) finita con il mancato rinnovo della convenzione all’associazione Clan da parte della Fondazione Grosseto cultura starebbe tutta in questo terreno di scontro. Conservatori contro democratici. Anche se non siamo in America. 

Tutti contro l’asterisco e la schwa

Basta leggere i commenti sotto gli articoli usciti in questi giorni e che riguardano la “cacciata” dei membri dell’associazione che hanno utilizzato in una bozza della newsletter di dicembre l’asterisco della discordia

«In italiano ci sono già le parole che comprendono tutti i generi, infatti “tutti” scritto con la i è una di quelle. Non c’è da inventarsi niente», scrive un utente. E ancora: «Che vergogna… Usiamo la nostra meravigliosa lingua italiana», solo per citare i primi due che ci sono passati sotto agli occhi. Commenti  identici spiccicati a quelli che si leggono ogni volta che in un articolo si utilizza il femminile per le cariche ricoperte: “assessora”, “prefetta”, “magistrata”. Con una differenza, però; in italiano, è vero, il genere neutro non esiste, ma esistono maschile e femminile. Ed anche in questo caso, la questione è però più politica e culturale che linguistica. Perché da sempre, il maschile plurale, in Italia, è sempre stato l'”asso pigliatutto” della lingua, a discapito non tanto della ricchezza grammaticale quanto del riconoscimento alle donne determinati ruoli che fino a qualche decennio fa erano tagliati e cuciti addosso agli uomini: l’ingegnere, il dottore, il magistrato, il sindaco e l’assessore. 

Eppure, alcuni Comuni in Italia, come quello di Castelfranco Emilia, già lo scorso anno in una comunicazione istituzionale, ha utilizzato la schwa che ha così preso il posto degli asterischi. Che a ben vedere, se utilizzati troppo spesso in una pagina scritta, possono infastidire il lettore. 

Genere naturale e genere grammaticale

La questione quindi, riguarda il genere: le persone non binarie, quelle che cioè non si riconoscono nel maschile e nel femminile, chiedono che venga utilizzato il neutro per definirle. Ma almeno per quanto riguarda la linguistica, è la Crusca a mettere in guardia dal mescolare le carte: il genere grammaticale e quello naturale non sono la stessa cosa e anche se l’italiano ricalcasse il latino o il greco, che pure hanno il neutro, non potrebbe essere utilizzato per definire gli esseri umani. Il neutro viene utilizzato solo per le cose

Se la Crusca taglia in questo modo la testa al toro, il bisogno di una lingua che sia inclusiva, in Italia, resta. 

Ed esiste una proposta, fatta da un gruppo di linguisti, che si chiama proprio Italiano inclusivo. Sul sito Internet si trova una proposta per l’introduzione di un nuovo modo di declinare le parole nella nostra lingua. «L’italiano inclusivo – si legge sul sito – è una proposta di estensione della lingua italiana per superare le limitazioni di una lingua fortemente caratterizzata per genere, con tutto ciò che ne consegue: impossibilità di parlare di sé o di altre persone senza menzionare il genere, impossibilità di parlare di persone che non si identificano in uno dei due generi binari».

Una proposta quindi, che non discrimini chi non si sente maschio o femmina, proprio come ha tentato di fare il collettivo Clan con la bozza della newsletter. Considerando un aspetto, certamente non secondario di questo dibattito, ovvero che la lingua è ed è sempre stata veicolo di idee e ideologie. Che di neutro non hanno proprio nulla. 

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