Tommaso, il matematico che ha conquistato l'America | MaremmaOggi Skip to content

Tommaso, il matematico che ha conquistato l’America

Giovannelli, negli Usa da gennaio 2020, è il protagonista di articoli scientifici in riviste internazionali, insegna nei corsi universitari e idea progetti come quello recente per l’aeronautica militare statunitense
Tommaso Giovannelli
Tommaso Giovannelli durante una lezione

GROSSETO. Non è una fiaba, nemmeno un sogno, è solamente un racconto di vita vera privo di fronzoli, limpido. È l’itinerario di Tommaso Giovannelli, grossetano di 30 anni, con le sue paure, mutazioni, decisioni, progressi e crescita, aggrappato a grandi capacità naturali modulate da una ferrea, inesauribile volontà.

Tommaso Giovannelli: i primi passi in città

Il suo percorso è iniziato a Grosseto. Le elementari in via Montebianco, le medie di via Ungaretti. «Non usciva di casa, i libri erano la sua unica passione. Poi si è aggiunta una balbuzie definita genetica a complicare lo scenario – ricordano i genitori Alessandro e Paola – Tommaso però ha reagito. A 8 anni è salito sul palco per presentare, davanti a circa 200 persone, uno spettacolo scolastico ed è stato un successo».

A 15 anni poi decide di andare in Inghilterra. Parte da solo, vive in una famiglia inglese, i 15 giorni di Oxford sono una tappa decisiva per la sua apertura totale, una svolta di spessore. Si avvicina poi al teatro, mondo che ama, e affronta con passione l’avventura nel doppiaggio dove brilla per le sue attitudini. Poi continua a non fermarsi, fa un viaggio in India con la Caritas aiutando il prossimo. E alla fine decide con lucidità il suo futuro. «Sceglie di prendere il volo – concludono – si immerge nella matematica, il suo secondo ossigeno».

Tommaso Giovannelli durante lo studio
Tommaso Giovannelli

Tommaso è arrivato ad eccellere in America grazie ai suoi studi. «L’ottima preparazione del liceo Marconi di Grosseto mi ha consentito di proseguire il mio percorso di studi con successo – dice lo stesso Tommaso – Alla Sapienza di Roma ho conseguito una laurea triennale e magistrale in ingegneria gestionale (con 110 e lode) rispettivamente nel 2015 e 2017 e un dottorato (PhD in inglese) in ricerca operativa nel maggio 2021».

Tommaso: in U.S.A. con la matematica applicata

La ricerca operativa è una branca della matematica applicata, che si occupa di sviluppare algoritmi e modelli di ottimizzazione matematica per la soluzione di problemi di decisione. «Nella mia tesi di dottorato ho sviluppato e applicato tecniche di ricerca operativa per la gestione di un pronto soccorso – dice Tommaso – con l’obiettivo di minimizzare i tempi di attesa dei pazienti senza aumentare ulteriormente i costi per l’ospedale. Questo progetto è nato dalla collaborazione con il Policlinico Umberto 1° e altre strutture ospedaliere di Roma».

Tommaso è in America da gennaio 2020, proprio prima che scoppiasse l’epidemia. «Ho passato il primo anno e mezzo lavorando da remoto nella mia casa di Bethlehem, in Pennsylvania, che si trova a un’ora da Philadelphia e a un’ora e mezzo da New York City – racconta Tommaso – Sono venuto in America per effettuare un breve periodo di ricerca come studente di dottorato sotto la guida del professor Luis Nunes Vicente, direttore del dipartimento di Ingegneria industriale e dei sistemi alla Lehigh University. Poi mi è stato offerto un contratto da ricercatore post-dottorato (“postdoc” in inglese), che è la posizione che ricopro attualmente».

Una veduta di Bethlem
Una veduta di Bethlem (fonte: https://bethlehempa.org/)

Considerata la difficoltà di lavorare con il sistema sanitario privato americano, «Da quando sono qui ho un po’ cambiato il tema della mia ricerca – dice Tommaso – virando più sul campo dei sistemi di trasporto e intelligenza artificiale. Con l’obiettivo di minimizzare l’impatto ambientale dei sistemi di trasporto e ridurre il rischio di decisioni inique da parte dei sistemi di intelligenza artificiale».

Ricercatore ma anche insegnante

«So che il termine ricercatore non significa niente per la maggior parte delle persone, me incluso prima che lo diventassi», ironizza Giovanneli. Ma benché s ene sappia poco, è una professione impegnativa.

Come ricercatore post-dottorato, passa le sue giornate svolgendo diverse mansioni. «Come proporre contributi innovativi nel campo della ricerca operativa (algoritmi, codici, teoremi, applicazioni ecc.) – fa un esempio Tommaso – scrivere e pubblicare articoli scientifici in riviste internazionali, insegnare corsi universitari, organizzare seminari ed eventi».

Ma anche altro. «Oltre alla mia attività di ricerca, quest’anno ho insegnato in tre corsi per studenti di laurea triennale, magistrale e dottorato – dice Giovannelli – Dal 16 al 18 agosto 2023 alla Lehigh University, nella 23ª edizione della conferenza annuale MOPTA (Modeling and optimization: theory and applications), mi ha dato l’opportunità di mettermi ancora una volta in gioco e dimostrare le mie qualità».

Tommaso Giovannelli durante una lezione
Tommaso Giovannelli durante una lezione

Tommaso, un cervello in fuga?

«Se mi considero un cervello in fuga? Non so se definirmi un cervello ma in fuga lo sono», dice Giovannelli.

«Non so se definirmi un cervello perché ho sempre dovuto lavorare tantissimo per ottenere i risultati, sacrificando altre passioni che avevo come il teatro e doppiaggio – racconta Tommaso – Non sono il genio che riesce a essere bravissimo senza impegnarsi, ho sempre dovuto studiare ore e ore, weekend inclusi. Ho però sempre cercato di mantenere una fitta rete di amicizie per avere una buona vita sociale, fondamentale per andare avanti senza esaurirsi mentalmente».

In America si sente più valorizzato. «Il motivo per cui sono in fuga è che qui negli USA ho capito cosa significhi fare un lavoro che venga valorizzato – dice Tommaso – Il mio stipendio è molto buono, nonostante il carissimo costo della vita americana. La mia università paga centinaia di dollari al mese per fornirmi una buona assicurazione sanitaria. Mi sento appagato da quello che faccio e se rimango a lavorare fino a tardi, so che il mio duro lavorare sarà comunque ripagato dai successi che otterrò successivamente».

Tommaso Giovannelli alla Leigh University
Tommaso Giovannelli alla Leigh University

In Italia la certezza che il proprio lavoro venga valorizzato non la ha avuta. «Soprattutto in ambito universitario, dove gli stipendi sono bassi e la sensazione è che ci siano meno opportunità di incidere concretamente sul mondo scientifico per mancanza di fondi» precisa Tommaso.

Il progetto per l’Air Force

«Per esempio, all’inizio di quest’anno, ho contribuito all’ideazione e alla scrittura di un progetto per l’Ufficio della ricerca scientifica dell’aeronautica militare americana (“Air force office of scientific research” in inglese) – dice Tommaso – che è stato approvato ottenendo mezzo milione di finanziamenti da usare per espandere il nostro team, acquistare materiali di supporto per la nostra ricerca in questo campo e pubblicizzare il nostro lavoro a conferenze internazionali».

Giovannelli dice che queste cifre sono praticamente impensabili da ottenere in Italia. «Per questo motivo – continua – ammiro profondamente i professori che decidono di rimanere in Italia. Nonostante le difficoltà del mondo accademico italiano, il livello della ricerca in Italia è comunque molto alto. Tutti i professori con cui ho collaborato (e non solo) sono ricercatori eccezionali a cui devo tantissimo per avermi insegnato questo mestiere. E se non fosse stato per le borse di studio che ho ottenuto dalla Sapienza, non avrei mai avuto l’opportunità di effettuare un periodo all’estero. Ovviamente c’è un prezzo da pagare per tutto questo».

La vita in U.S.A.

In generale Tommaso racconta che negli USA i ritmi lavorativi sono molto pesanti. «Se non si portano a casa i risultati, non si ha la certezza di una continuità lavorativa, che può generare ansia e stress – racconta – Se non si ha un lavoro, non ci si può neanche permettere l’assicurazione sanitaria. I giorni di ferie pagate sono pochissimi o nulli e spesso le persone fanno meno giorni di ferie di quanto spetti loro per paura di non lavorare a sufficienza per portare a casa i risultati».

«Inoltre – prosegue – si avverte molta più competizione rispetto all’Italia. Se non si sta al passo con i tempi e con i trend di ricerca internazionali, si rischia di essere schiacciati dagli altri e di cadere nell’anonimato. Nel mondo accademico, un celebre aforisma cita “publish or perish” (la traduzione letterale è “pubblica o muori”), che sottolinea la costante pressione nel pubblicare articoli scientifici per avere successo e avanzare nella carriera accademica».

Nonostante i lati negativi, per Tommaso i benefici del vivere negli Stati Uniti superano i costi. «Quindi il mio piano è di rimanere a vivere negli Stati Uniti, perlomeno nel breve termine – racconta – Il mio prossimo passo sarà ottenere una posizione da professore e dovrò impegnarmi con tutto me stesso per ottenerla, considerata l’elevata competizione. Sarò felice di tornare in Italia se si creeranno le opportunità per migliori condizioni di lavoro nel mondo accademico. Al momento, non vedo un cambio di marcia, ma continuerò a osservare con attenzione».

«Stare lontano dal Paese dove sono nato, dalla mia famiglia, dai parenti e dagli amici è tutto tranne che semplice – conclude – anche perché provo un forte senso di riconoscenza verso l’Italia che mi fa quasi sentire in colpa per non essere lì a restituire i frutti dei benefici che ho ricevuto».

Riproduzione riservata ©

Condividi su

Articoli correlati