GROSSETO. Tre anni fa, durante uno degli appuntamenti presi al Caf di un sindacato per presentare la denuncia dei redditi, un dipendente del tribunale di Grosseto, oggi sessantacinquenne, presentò all’Inps la richiesta di verifica della sua situazione contributiva. 

«Portai tutti i documenti – spiega – che furono trasmessi all’istituto di previdenza, compreso quello per l’attestazione del riscatto del servizio militare. Sapevo che ancora doveva passare qualche anno prima di poter andare in pensione, ma volevo capire a che punto eravamo».

Passano tre anni, il 65enne torna al Caf, sempre per la denuncia dei redditi. E decide di chiedere quale sia stata la risposta dell’Inps. Quando, cioè, potrà andare in pensione.

La risposta ricevuta dal sistema, però, non è stata quella sperata. «Mi hanno detto – dice – che la pratica è ancora in lavorazione. Ma sono passati tre anni». 

Da tre anni in attesa di una risposta

C’è da augurarsi che quello che è successo al dipendente del tribunale sia un caso isolato. «Tra un anno e mezzo, secondo i miei calcoli – spiega il 65enne – potrò andare in pensione. Ma questi sono i miei calcoli: non ho certezza perché ancora aspetto una risposta dall’Inps. Quando me lo diranno, il giorno prima di poter smettere di lavorare?». 

La documentazione che l’uomo aveva presentato era completa. «O almeno così credo – dice – perché nessuno mi ha mai chiesto di integrarla. Per sapere quando potrò andare in pensione mi toccherà ora raccomandarmi a qualcuno che riesca ad ottenere una risposta. Questo sistema però non va bene: se io, nello svolgimento del mio lavoro, lasciassi una pratica in sospeso per tre anni, cosa succederebbe?».