Angelo Chieffo: «Maradona? Non lo prendevo mai» Skip to content

Angelo Chieffo: «Maradona? Non lo prendevo mai»

Angelo Chieffo e la sua carriera calcistica: dal Barbanella, alla Juve, al Siena e al Grosseto. E quella sfida contro Maradona…
Angelo Chieffo e Maradona
Angelo Chieffo e Maradona nel 1984

GROSSETO. È arrivato da Velletri come tanti altri figli dell’aeronautica trasferiti, da molte parti della penisola, a Grosseto per la comparsa del nuovo aereo F-104 al 4° Stormo.

Era il 1964, Barbanella era in costruzione, i palazzoni di 5 piani erano spuntati proprio per ospitare queste nuove famiglie alle prese con un ambientamento non facile. Molto più accessibile l’adattamento per ragazzini di 10-11 anni, il linguaggio universale era il calcio, il campo la strada che portava a via Cantù raccolta in un quadrilatero di edifici. Lui, Angelo Chieffo, abitava al primo piano, chi scrive all’ultimo. I treni ci tenevano compagnia dalla vicinissima ferrovia.

Si capì subito che Angelo aveva qualcosa di prezioso nei piedi, nel fisico. Con la palla al piede ricamava qualsiasi cosa, in elevazione non aveva rivali. In pratica era il compagno che volevi sempre in squadra quando partiva il pari o dispari iniziale.

Le porte sull’asfalto erano i sassi, le righe laterali i marciapiedi. La partita iniziava il primo pomeriggio, la fine era stabilita dalla voce della mamma che ricordava che era l’ora di cena. In estate si proseguiva alla luce dei lampioni. Le macchine erano rare come mosche bianche.

Quando passavano le Fiat 500, 600, 850, la Nsu Prinz, la Simca 1000 il gioco si fermava tra le immancabili discussioni se il tiro era passato alto o a lato delle pietre.

Era il nostro stadio e l’amavamo.

Angelo Chieffo oggi
Angelo Chieffo oggi

Poi arrivò il Barbanella

Durante una di queste sfide eterne si presentarono i dirigenti della società Barbanella, il campo era il Monterosa, e ci proposero di andare a giocare nel loro settore giovanile. Il suggerimento fu accolto da tutti. Nessuno poteva prevedere che per Angelo si apriva una carriera luminosa, anche leggermente sfortunata. Era il 1965.

Nei cinque anni successivi Angelo mise in evidenza i requisiti tecnici e tattici per diventare un ottimo difensore. Corsa, anticipo, elevazione, capacità di capire dove sarebbe andata la palla, tenuta atletica, dribbling.

Questo bagaglio non sfuggì a mister Betti, Angelo diventò titolare inamovibile. Mitiche le sfide con il Sauro nel campo gelato, tra il fango o la polvere.

La chiamata della Juventus

Quindi si fece avanti la Juventus, Angelo partì per Torino. Era il 1970, aveva 17 anni.

«L’allenatore era Cestmir Wycpalek, la prima squadra era affidata ad Armando Picchi, che morì per una tremenda malattia e sostituito proprio da Wycpalek, che vinse lo scudetto – ricorda Angelo Chieffo – con la Primavera partecipai a diversi tornei. Ricordo quelli in Germania, Inghilterra e quello vinto a Trieste. Segnai anche un gol. Un periodo magico».

L’anno dopo arriva il prestito al Cerignola (Foggia) fresca di promozione dopo una stagione esaltante. Qualcosa si inceppa, la società si sfalda, la squadra fatica anche a pranzare, tutti chiudono la porta, Angelo soffre fisicamente e moralmente.

Nel 1972 passa in prestito al Siena di mister Grassi, nel ’73 è militare a Civitavecchia. Tra il 1974 e il 1980 veste la maglia dell’Orbetello, lo stesso anno ecco il passaggio al Grosseto in C2 con maestri chiamati Pazzi, Galeone, Persenda. Intanto trova lavoro. I primi anni ’80 lo vedono al Piombino ancora con mister Pazzi dove vince il campionato.

Il 1984 lo vede ritornare al Grosseto dove resta fino al 1991.

Lo allenano uomini come Chinellato, Galli, Palazzoli, Carpenetti, Franzot, Dolso. Poi ecco il Montepulciano dove vince un altro campionato (1992), il Roccatederighi, infine il Batignano. È il 1995, in pratica il termine della vita calcistica.

Mister Pazzi. E poi la sfida con Maradona

«Ho avuto tanti allenatori, quello che ricordo con affetto e gratitudine resta Lamberto Pazzi – cita Angelo – ironico, simpatico, socievole, ha inquadrato il calcio nella maniera giusta, cioè un gioco. Quando perdeva era intrattabile, ma sorrideva ancora».

L’aspetto di maggior rilievo di Angelo Chieffo è sempre stata la modestia. Mai un atteggiamento altezzoso, mai una parola presuntuosa, mai un accenno di superbia.

Anche il ricordo di aver giocato contro Maradona non lo condiziona: «Sono stato il suo avversario – dice sorridendo – cosa mi è rimasto dentro? Che non lo prendevo mai».

È il 1984, Angelo Chieffo e Diego Armando Maradona
È il 1984, Angelo Chieffo e Diego Armando Maradona

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