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Scuola da demolire, bufera sul video del sindaco

Famiglie sul piede di guerra. A nessuno piace la soluzione di fare i lavori alla struttura senza spostare bimbi e insegnanti
La scuola di via Monte Bianco e un fermo immagine del video di Vivarelli Colonna
L’ingresso della scuola di via Monte Bianco e un fermo immagine del video di Vivarelli Colonna

GROSSETO. Il commento più carino è «fanno propaganda politica sulle spalle di bambini, insegnati e genitori». Quello più incisivo, «nessuno ha pensato di coinvolgere prima le famiglie».

Il clima intorno al progetto di demolizione e ricostruzione della scuola elementare di Monte Bianco non è per niente sereno. 

Il video in cui Vivarelli Colonna annuncia la “soluzione” per i bambini della “Enrico Toti” – fare i lavori nell’edificio senza spostare gli alunni e il personale – postato ieri sulla sua pagina facebook ha fatto arrabbiare tutti. Basta scorrere i commenti per farsene un’idea. O parlare con qualche mamma infuriata.

Ma il problema è più generale: da quando è partito il progetto, sono state troppe le incognite, le fughe in avanti e le marce indietro. Una mancanza di certezze sulla collocazione di alunni e personale durante i lavori che ha indotto molte famiglie a iscrivere i bimbi nella prima classe di altre scuole

«Dovessero sopraggiungere problematiche sanitarie o relative ad un adeguato diritto allo studio, allora ne vedremo delle belle», si legge in uno dei commenti. Seguito da un sibillino «buon lavoro sindaco».

«Perplessi per non dire sconcertati»

«La prima reazione è stata di perplessità, poi è sopraggiunto lo sconcerto», dice una mamma. «Mi chiedo come pensano di fare per garantire la sicurezza, ma anche gli spazi di studio e di svago per i bimbi. Mi piacerebbe conoscere i dettagli. Dove li mettono i bambini che aule non ci sono? Faranno lezione nei corridoi?».

Peraltro la scuola conta al momento circa 400 alunni, più il personale. Anche se le domande per la prima del prossimo anno scolastico sono scese a circa 30, restano sempre tante le sezioni da collocare.

«Ben vengano progetti come questo, ci mancherebbe, ma prima di farlo – riprende la mamma – non sarebbe stato meglio pianificare tutte le fasi? A partire dall‘individuare la sede alternativa per le lezioni. E invece è stato fatto il contrario. Stiamo parlando di bambini tra i 6 e gli 11 anni di famiglie che, al momento della scadenza dei termini per iscrivere i figli, non avevano risposte sull’organizzazione durante i lavori».

Cosa c’entra il ministero?

«E inoltre – dice la donna – mi chiedo anche che cosa c’entri il ministero con tutto questo. Insomma il sindaco scarica la responsabilità, ma il problema è che nessuno ha pensato a dove sistemare i ragazzi. All’open day di gennaio, la dirigente ci ha rassicurato, a sua volta rassicurata dal comune, che al 99 per cento la soluzione sarebbe stata quella dei container al parco Iraq. Salvo essere smentita poco dopo», aggiunge.

«È mancata la comunicazione e il rapporto con i genitori. Non essere adeguatamente informati non ci ha concesso di prendere una decisione serena nel momento dell’iscrizione dei bimbi, in prima. Chi può li farà andare in altri istituti della città, ma anche questo non è giusto. E non solo perché lo stradario impone di scegliere la scuola più vicina alla residenza o al luogo di lavoro».

Un pensiero condiviso

La rabbia della mamma che si è trovata sua malgrado in questa situazione è la stessa di molte altre famiglie. Un pensiero e una preoccupazione condivisa da tutti.

«Noi genitori ancora non ci siamo fatti sentire, anche perché siamo rimasti sconcertati dalle ultime notizie arrivate dal comune. Quella che ho espresso, tuttavia, è l’opinione di molti di noi. I nostri figli devono andare a scuola con tranquillità e sicurezza, devono poter stare fuori, pranzare a mensa, seguire i loro laboratori. Hanno già avuto due anni di Covid. Vogliamo ricominciare a tenerli in classe e a mangiare sul banco? io questo per i miei bambini non lo voglio», conclude la mamma.

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