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L’intervento: «La malamovida non è solo ordine pubblico»

Gabriella Capone, consigliera del Pd: «Serve un percorso di responsabilizzazione, a partire dai gestori dei locali»
Gabriella Capone e i vigili in piazza Mensini

GROSSETO. Lite con coltelli, aggressioni, una ragazza picchiata dalle bulle, una distesa di plastica e vetro ogni domenica mattina: il centro storico di Grosseto non è più un posto tranquillo, specialmente nel fine settimana.

Sul problema interviene la consigliera comunale del Partito Democratico, l’avvocato Gabriella Capone.

La “cultura” come antidoto contro bullismo e prepotenze

«Ancora bullismo tra i vicoli di Grosseto, anche femminile, ma tra i racconti, ciò che salta inevitabilmente all’attenzione sono frasi del tipo: “aveva bevuto troppo alcol e aveva bisogno di essere soccorsa”».

«Dunque, non parliamo solo e soltanto di violenza fisica e verbale tra coetanei. Si tratta di molto di più. I commenti dei lettori nei confronti di episodi di tale natura ritornano sempre puntuali ed uguali, da una parte: “ci si picchiava anche noi da ragazzi”, “i ragazzi lo fanno da sempre”; dall’altra:  “gioventù bruciata”, “ragazzi senza regole e controllo”, “si è perso il ruolo del genitore e dell’educatore”; “città fuori controllo”».

«Vero è che gli screzi tra gli adolescenti non sono mai mancati. Abbiamo subito tutti, chi più chi meno, umiliazioni. Dunque non può darsi torto a chi scrive che le liti tra i giovani, per futili motivi, purtroppo si sono sempre verificate; così come non dice il falso chi afferma che, nel periodo storico che stiamo vivendo, si ha la possibilità di essere informati in tempo reale su ciò che accade e che, molto spesso, prima, restava inosservato».

«Ciò non significa, però, che debba continuare ad essere così, e non può negarsi che il bullismo, unito al cyberbullismo ed all’odio (in rete) abbia assunto proporzioni diverse e modalità di condotte differenti. Così come non si può far finta di non vedere che non si tratta soltanto di liti tra adolescenti o poco più».

«La domanda che dovremmo porci forse è qual è la “salute pubblica” della nostra città? Perché al di là di statistiche e ragionamenti, che fotografano senza alcun dubbio l’aumento esponenziale del fenomeno del bullismo e dell’uso precoce di sostanze alcoliche e psicotrope tra gli adolescenti – che restano soltanto numeri in un dialogo costruttivo volto alla ricerca di possibili soluzioni – la risposta a questa domanda potrebbe aprire scenari interessanti».

«Eppure per una città come Grosseto, tra le dieci finaliste a concorrere per il titolo di Capitale Europea della Cultura, sembra quasi un paradosso leggere, un giorno sì e uno no, di episodi di malamovida, danneggiamenti, violenze ed aggressioni nel pieno centro storico di una città».

«E se quest’occasione fosse proprio quella di iniziare ad utilizzare la “cultura” come antidoto contro bullismo e prepotenze? Il rafforzamento della coesione e dell’inclusione sociale è tra i criteri che concorrono all’identificazione della città che sarà proclamata vincitrice, così come la capacità di coinvolgimento dei giovani ed il potenziamento dell’accessibilità».

«Rispondere al perché del verificarsi di questi comportamenti potrebbe condurre a scenari complessi e forse scomodi da dover calpestare.

  • Disagio giovanile strettamente legato all’insoddisfazione verso opportunità che non ci sono.
  • Difficoltà delle famiglie a stare al passo del nuovo modo di essere parte della società da parte di figli presenti ma connessi nelle mura domestiche, o al di fuori di esse ma sconnessi dalla vera condivisione sociale.
  • Figli sempre più intraprendenti da una parte, ed altri sempre più emarginati e isolati da una collettività in cui non si riconoscono.

Non è colpa di genitori incapaci e non è colpa di educatori inesperti. Non si tratta di chiudere l’accessibilità a spazi di condivisione, né di imporre coprifuochi».

Troppo consumo di alcol. E anche troppa vendita

«È invece necessario capire perché i giovani abbiano accesso, ad esempio, anche quando non potrebbero, all’utilizzo di bevande alcoliche e perché non riescano a comprendere quando “è troppo”. Assistiamo ad una domanda eccessiva di uso di alcol da parte dei giovani e, talvolta e purtroppo, ad un’offerta incontrollata di vendita. Questo sarebbe opportuno monitorare».

«È talmente facile per un ragazzo aggirare la norma che vieta la vendita di alcolici ai minorenni, che non può pretendersi neppure che gli operatori debbano travestirsi da controllori tra una vendita e l’altra. Eppure, qui, c’è evidentemente un nodo da sciogliere. Ed il come è una risposta che può darsi solo attraverso il confronto con i gestori di questi locali, che molto spesso si ritrovano ragazzi già ubriachi a chiedere ancora un bicchiere».

«Proprio i gestori dei locali rientrano a pieno titolo tra i destinatari di un percorso di responsabilizzazione sul tema, proprio perché la loro attività ha un vero e proprio riscontro sociale. E non giova certamente neppure a loro che nell’immediatezza dei loro locali avvengano risse ed aggressioni, poiché tali episodi ne inficiano l’immagine, così come si rischia di etichettare una via piuttosto che un’altra come “da evitare”. E questo accade inevitabilmente. E ciò si ripercuote proprio su tutti. Pensiamo ai proprietari di fondi ed immobili, che nelle vie del centro fanno fatica a locare o vendere le proprietà».

«Pensiamo a quei genitori che prima o poi suggeriranno ai propri figli di non frequentare questa o quella zona. Si tratta, ancora, di trovare un perché al fatto che, nel 2022, gli stupefacenti non siano ancora considerati una seria emergenza sociale. E lo spaccio di queste sostanze non avviene soltanto sulle mura di Grosseto».

«Si tratta, ancora di più, di rendersi conto che le differenze ancora oggi, per molti, costituiscono un problema. Perché non si neghi che molti episodi degenerino da esclusioni sociali ed emarginazioni, dalle quali scaturisce un disagio per chi li subisce».

Criticità urgenti da affrontare

«Queste sono criticità sociali urgenti! Guadare alla città per quel che è effettivamente. E non è certamente soltanto una vetrina dove esporre solo le proprie creazioni più belle».

«È una “deriva circense” del centro quella cui stiamo assistendo e non si può derubricare la questione della malamovida ad un’emergenza di mero ordine pubblico. Il centro storico di una città è il fulcro delle relazioni che si intersecano e non può essere vista come solo teatro di scontri e conflitti. La vita mondana del fine settimana, al contrario, deve rappresentare una risorsa, capace di generare valore sociale ed economico».

«C’è tanto da dire, c’è tanto su cui soffermarsi. Iniziare a farlo sarebbe già un grande passo in avanti».

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