GROSSETO. La parola fine al giallo di via Giordania potrebbe essere arrivata con la perizia medico-legale disposta dalla Procura di Grosseto sul frammento di osso trovato il 24 maggio nel terreno di via Giordania. Perché quel pezzetto di costola di appena 4 centimetri, è sì appartenuto a un essere umano, che però è morto diverse decine di anni fa.
E che quindi nulla ha a che vedere con la denuncia del “Tasso”, l’uomo che aveva spiegato ai carabinieri che nel terreno di via Giordania, coltivato da Michele Rossi, aveva visto due cadaveri, vestiti e ancora con i capelli. Deceduti, quindi, da poco.
La perizia: «Nessun segno di violenza»
Che si trattasse di un osso umano, i periti incaricati dalla Procura lo avevano stabilito già una decina di giorni fa. Ad occuparsi delle analisi del frammento sono stati due specialisti: Eugenia Carnevali, genetista forense e responsabile dell’azienda ospedaliera di Terni e Mario Gabbrielli, docente di medicina legale dell’Università di Siena.
Il frammento di osso trovato nel terreno appartiene a un essere umano, un soggetto adulto, del quale però non si può stabilirne né l’etnia e nemmeno il genere. Impossibile, insomma, risalire al “profilo genetico per fini comparativi”. Quello che hanno scritto i due periti nella loro relazione è che la persona alla quale apparteneva quel frammento di costola non è morto di morte violenta.
Impossibile, quindi, che quell’osso potesse appartenere ai due cadaveri ai quali faceva riferimento il super testimone, che ha dato il via alle indagini, coordinate dalla sostituta procuratrice Valeria Lazzarini.
L’avvocato di Ape: «Mi aspetto l’archiviazione»
Dopo la relazione del geologo che ha analizzato il terreno di via Giordania – analisi che ha dato esito negativo – è arrivata quindi la risposta anche sul frammento di costola che aveva segnato una piccola svolta nel giallo di via Giordania.
Michele Rossi, “Ape”, è l’unico indagato: è indagato per occultamento di cadavere. «I periti hanno sottolineato la friabilità e la leggerezza del frammento di osso – dice l’avvocato Livio Sammatrice – e anche il fatto che fosse rimasto per decenni sepolto nel terreno, indica che non apparteneva certo ai due cadaveri che qualcuno voleva far credere fossero stati sotterrati dal mio cliente nel suo terreno».
Ma allora, di chi è quell’osso? Le ipotesi possono essere tante. «Potrebbe anche trattarsi di qualcuno che è deceduto sotto a un bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale – aggiunge l’avvocato – Quello che è certo è che la presenza di quel frammento nel terreno di Rossi, non può essere imputato a lui. Mi auguro quindi, che la Procura voglia procedere con l’archiviazione dal momento che non ci sono altre fonti di prova».
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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