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Gessi rossi, chiesto un tavolo regionale

La proposta arriva dai sindaci dell’area nord e dal presidente della Provincia di Grosseto
I gessi rossi Montioni ©Marco Stefanini
I gessi rossi stoccati a Montioni ©Marco Stefanini

FOLLONICA. La questione di gessi rossi all’attenzione di un tavolo regionale, coordinato dal presidente Giani, con tutte le parti, amministratori, sindacati, associazioni di categoria e l’azienda Venator. È quanto chiedono i sindaci dell’area nord della Maremma e il presidente della Provincia, che sono riuniti nei giorni scorsi a Palazzo Aldobrandeschi, quando dello scarto della produzione di biossido di titanio è di nuovo balzato agli onori delle cronache.

La stessa richiesta era già stata avanzata poco meno di una anno fa, quando la bocciatura del progetto di stoccaggio dei gessi nelle ex cave di Pietratonda, nel comune di Campagnatico, aveva riaperto la partita del “dove li mettiamo”, aprendo un percorso in salita, complicato dagli ultimi eventi e dalla diffida della Regione a proseguire il conferimento alla cava di Montioni.

I sidaci: «Il polo industriale è strategico per la provincia»

«Il polo industriale del Casone è strategico per tutta la provincia, rappresentando il 30 percento del Pil provinciale e garantendo 25 milioni di euro di stipendi tutto l’anno», spiegano i sindaci dell’area Nord e il presidente Limatola

«Le aziende che lo compongono sono profondamente legate l’una all’altra. Di fatto, Venator rappresenta un terzo del fatturato della vicina Nuova Solmine, e le progettualità di Iren, da poco arrivata sul territorio per realizzare un nuovo impianto di riciclo, si legano in modo indissolubile alla presenza degli altri stabilimenti industriali. I processi produttivi sono infatti interconnessi tra di loro, e un eventuale stop provocherebbe un effetto domino».

«L’unico approccio possibile per l’azienda – dicono sindaci e presidente della Provincia – è quello di rilanciare sugli investimenti proponendo, da un lato, progettualità per diminuire la produzione di scarti di lavorazione, dall’altro, suggerire soluzioni di medio e lungo periodo che non siano soltanto tampone ma che abbiano una visione a lungo termine.

L’azienda ha dato un messaggio importante, parlando della riduzione dei gessi rossi fino a un 50 percento in cinque anni, ma adesso è importante passare dalle parole ai fatti, portando avanti questo obiettivo. Allo stesso tempo – proseguono – è necessario trovare una soluzione ponte, che possa dare continuità alla produzione dell’azienda, evitando impatti negativi che potrebbero colpire i dipendenti di Venator, oltre ai tanti lavoratori dell’indotto».

E i sindaci insieme a Limatola concludono: «Dopo l’incontro di giovedì scorso in Provincia, ieri siamo venuti a conoscenza della diffida ultimata dalla Regione. Oggi è fondamentale che ciascuno si assuma le proprie responsabilità e che l’azienda chiarisca quanto richiesto nella diffida, in merito alle difformità rispetto all’autorizzazione al conferimento. Le amministrazioni comunali e quella provinciale faranno la loro parte».

Il Pci dalla parte dei lavoratori di Venator

Sulla questione interviene anche il Pci grossetano, in difesa di posti di lavoro, ma anche ambiente e salute

«La minaccia di riduzione della produzione e la cassa integrazione per il 25% dei dipendenti è il risultato di anni ed anni di assenza della politica e delle istituzioni dai processi di pianificazione sul territorio delle attività industriali», scrive

«Risposte strutturate e compatibili che coniughino ambiente, salute e occupazione non ce ne sono e si apre l’ennesimo tavolo di crisi.  Sapevamo già dei livelli di produzione dell’impianto, dell’elevata incidenza sul Pil della provincia, su quanta occupazione e reddito produca l’impianto. Quello che manca è sapere che cosa facciamo per scongiurare una crisi rispettando salute e ambiente e per questo chi governa e fa politica non può continuare a fare equilibrismi tra le parti per la tutela del solo consenso».

«Come Pci oltre a esprimere solidarietà e vicinanza ai lavoratori riteniamo che si debbano avere risposte concrete per garantire i livelli occupazionali nel rispetto di salute e ambiente, uscendo dai soliti giri di ambiguità che hanno caratterizzato in questi anni le questioni dell’industria a livello comprensoriale, includendo in questo anche la situazione critica di Piombino», conclude la nota del Pci.

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