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«La coppia era in crisi» e lui l’ha uccisa a coltellate

Le motivazioni della sentenza di condanna di Nicola Stefanini a 26 anni: ha ucciso Silvia Manetti al culmine di una lite per comprare la cocaina, ma per i giudici l’uomo non è intossicato dalle sostanze
Nicola Stefanini e l’avvocato Tommaso Galletti durante il processo @maremmaoggi

MONTEROTONDO MARITTIMO. Erano in crisi, Nicola e Silvia. E l’omicidio della donna, avvenuto la sera dell’11 agosto 2021 a Mompertoso, sulla strada che porta a Monterotondo Marittimo, è maturato nel contesto di un rapporto dove la serenità era finita da tempo.

Almeno dal mese di giugno, quando Silvia Manetti, 46 anni, aveva mandato via da casa Nicola Stefanini, 51 anni.

La sera dell’11 agosto, i due erano stati al ristorante, a festeggiare il loro terzo anniversario. Avevano deciso di riprovarci, sebbene Silvia, quando lo riaccolse in casa, aveva scritto a sua madre che quella sarebbe stata l’ultima volta. «Mi sono rotta dei suoi comportamenti – scriveva la donna – Al primo segno di squilibrio, ognun per sé e dio per tutti».

Silvia, però, non lo ha lasciato. E Nicola, la sera del loro anniversario, l’ha uccisa, colpendola con 16 coltellate. Una, quella fatale, le ha reciso la giugulare.

La confessione: «Ho ucciso l’amore della mia vita»

Stefanini lo ha detto e ripetuto a tutti: al 118, ai carabinieri, prima ancora al cielo, contro il quale ha urlato fuori dal furgoncino Doblò, nel quale aveva sgozzato Silvia. «Ho ucciso l’amore della mia vita, sono stato io. Che cosa ho fatto?».

Grida che quella sera erano state sentite da un uomo che abita a pochi metri dal luogo della tragedia e che aveva chiamato i carabinieri per segnalare loro la presenza del Doblò fermo, sul ciglio della strada, con le 4 frecce inserite.

Fuori dall’abitacolo Stefanini che continuava a gridare, prima di sdraiarsi per terra, sul sedile lato passeggero Silvia, in un lago di sangue, colpita con 16 coltellate.

Quando i carabinieri sono arrivati, dopo che Stefanini aveva chiamato per due volte il 112 per segnalare l’orrore nel quale aveva precipitato la sua compagna, lo hanno trovato «in evidente stato di agitazione. Aveva iniziato a compiere atti di autolesionismo», si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna a 26 anni di carcere e al risarcimento delle parti civili – i due figli minorenni di Silvia, la mamma e la sorella, per 900.000 euro.

Nessuna intossicazione cronica

Difeso dall’avvocato Tommaso Galletti, Stefanini la sera dell’omicidio si era fatto convincere, seppur controvoglia, di andare a comprare cocaina per finire la serata con Silvia. La coppia ne faceva uso, come faceva uso di ecstasy e di hashish.

Ma la condizioni di intossicazione cronica, invocata dalla difesa, secondo la corte d’assise (presidente Adolfo Di Zenzo, giudice Laura Previti) e secondo il pm Giampaolo Melchionna,  non era tale da diminuire la capacità di Nicola di intendere e volere quando ha ucciso Silvia.

«La lettura dell’intera cartella clinica carceraria – scrivono i giudici – ha evidenziato l’inconsistenza di specifici riferimenti allo stato di tossicodipendenza dell’imputato, il quale non l’ha manifestato quando è entrato nella struttura carceraria e, soltanto dopo alcuni colloqui, ha deciso di comunicare al personale tale circostanza».

Nicola Stefanini e Silvia Manetti
Nicola Stefanini e Silvia Manetti

I medici del carcere non hanno dovuto fronteggiare crisi di astinenza ma solo le due difficoltà psicologiche connesse allo stato di detenzione.

Stefanini, quindi, per i giudici era pienamente capace di capire cosa stesse facendo, la sera in cui ha ucciso Silvia.

I giudici hanno applicato le attenuanti generiche proprio per il fatto che Stefanini, che ha partecipato a ogni udienza del processo fornendo tutti i dettagli che gli sono stati chiesti, ha confessato subito l’omicidio della sua compagna. Si è assunto la piena responsabilità di quanto accaduto, senza mai cercare, nemmeno lontanamente, di intralciare in qualche modo le indagini che hanno trovato piena rispondenza delle parole dell’uomo.

Stefanini oggi è rinchiuso nel carcere di Porto Azzurro, all’isola d’Elba e ancora non ha deciso se proporre o meno appello contro la sentenza.

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