GROSSETO. «Vi devono morire i figli»: questo il commento postato da un operatore sanitario grossetano sotto a un post dell’associazione Deceris che commemorava la morte di Sergio Ramelli, avvenuta il 29 aprile del 1975. Ramelli era un militante del Fronte della gioventù che fu ucciso, a 18 anni, a colpi di chiave inglese da alcuni militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia Operaia: Marco Costa, Giuseppe Ferrari Bravo, Claudio Colosio, Antonio Belpiede, Brunella Colombelli, Franco Castelli, Claudio Scazza e Luigi Montinari. Sono stati condannati per omicidio volontario nel 1990.
L’episodio è stato denunciato con un post da Gino Tornusciolo, consigliere comunale della Lega.
L’odio politico invade i social
Ma non è un caso isolato. Ormai la politica non è più solo la gestione oculata della cosa pubblica, ma un modo per urlare le proprie convinzioni, cercando sempre e comunque lo scontro. Se poi tutto finisce sui social, meglio. Perché sotto ai post si possono scatenare commenti ancora più violenti, spesso postati da profili “fake” che pensano, e sbagliano, di non essere rintracciabili. Purtroppo per loro ogni post ha un vero nome e cognome. E rintracciarli non è difficile.
L’operatore socio sanitario: «Vi devono morire i figli»
Svastiche, offese, atti vandalici: la politica del nulla
La svastica tracciata sulla vetrina di Rifondazione è un altro brutto segnale, che fa il paio con quella comparsa sugli scogli di San Vincenzo, qualche giorno fa.
Sempre a Follonica, martedì 29, qualcuno ha rimosso e gettato nel fiume Pecora la base del cartello dedicato al ponte intitolato a Peppino Impastato e alla madre Felicia Bartolotta. Peppino Impastato era un giornalista, conduttore radiofonico e attivista italiano, membro di Democrazia Proletaria e noto per le sue denunce contro le attività di Cosa nostra, a seguito delle quali fu assassinato il 9 maggio 1978. Sulla sua storia è stato girato il film I cento passi (2000) diretto da Marco Tullio Giordana. Un omicidio che avvenne nella notte e che all’inizio passò quasi inosservato, perché lo stesso giorno fu trovato, in via Caetani a Roma, il corpo di Aldo Moro. È stato uno dei simboli della lotta alla mafia.
A Orbetello invece, i commenti sui social si sono scatenati, anche questi conditi da offese di ogni tipo, sul 25 aprile. Con la scelta del sindaco e della giunta della cittadina lagunare, di non concedere il suolo pubblico all’Anpi per la festa della Liberazione.
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