L'Odissea di D'Angella: 5 giorni dalla Russia a Grosseto | MaremmaOggi Skip to content

L’Odissea di D’Angella: 5 giorni dalla Russia a Grosseto

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il fisioterapista grossetano ingaggiato dallo Zenit è rientrato in città: il suo racconto
Matteo D'Angella
Matteo D’Angella nel suo studio a Grosseto

GROSSETO. È rientrato ieri, 19 marzo, dalla Russia con un viaggio di 5 giorni, Matteo D’Angella, il fisioterapista grossetano, ingaggiato a ottobre dalla potente società sportiva Zenit di San Pietroburgo.

Dopo l’attacco russo all’Ucraina, infatti, la situazione è rapidamente precipitata, ma Matteo, che peraltro lavorava e viveva in un ambiente più che protetto, aveva sperato fino all’ultimo di poter rimanere. Alla fine, però, ha deciso di rientrare, soprattutto per l’impossibilità di comunicare con la famiglia, poiché i social, Facebook, Instagram e Whatsapp sono ormai bloccati e internet non funziona quasi più

Il suo contratto con lo Zenit scade alla fine della stagione sportiva e se le cose si aggiusteranno, tornerà in Russia. Per ora è di fatto in ferie, in base all’accordo con la società. 

Da San Pietroburgo alla Finlandia 5 posti di blocco

Matteo, che aveva raccontato a Maremma Oggi, il rapido peggioramento della situazione anche a San Pietroburgo, ha affrontato un viaggio incredibile per riabbracciare la sua famiglia, la moglie Giulia e i figli Filippo e Mia di 10 e 8 anni, che vivono a Grosseto.

«Siamo partiti 5 giorni fa da San Pietroburgo, io e tre giocatori medaglie d’oro di hockey. Tramite alcune conoscenze è venuta a prenderci una macchina per portarci al confine con la Finlandia. Lì, siamo stati prelevati dal pulmino di un’azienda che si occupa di trasporti eccezionali con la Russia», racconta Matte D’Angella.

Durante il viaggio verso il confine sono stati fermati 5 volte, l’ultima per 3 ore, durante le quali sono stati perquisiti e controllati minuziosamente prima di poter ripartire.

«Ci hanno perquisito anche le tasche dei pantaloni»

«Ci hanno controllato telefonino, numeri, messaggi e foto, soldi e documenti, ovviamente. Poi ci hanno chiesto tutto, dalle informazioni sul conto corrente, al motivo per cui stavamo lasciando la Russia. Dopodiché sono passati alla perquisizione dei bagagli, aprendo ogni valigia, ogni borsa, fino a controllarci le tasche dei pantaloni. È stata molto dura, ma finalmente siamo potuti ripartire verso Lappeenranta, in Finlandia, dove siamo rimasti 48 ore», continua Matteo.

Da Lappeenranta, D’Angella è partito con un volo speciale della Rayanair che lo ha portato a Bergamo, dove finalmente ha potuto riabbracciare la sua famiglia e i parenti.

Anche in Russia, situazione drammatica

Sono molti gli europei, ma anche persone di altre nazionalità, che hanno deciso di lasciare la Russia dove la situazione sta precipitando.

«Il rublo, non ha più valore e non viene accettato più da nessuna parte fuori dai confini russi – spiega Matteo – internet praticamente non funziona, i social sono bloccati e non c’è possibilità di comunicare con l’esterno. Le notizie sulla reale situazione in Ucraina arrivano solo su Telegram o da rare testimonianze dirette», racconta.

«In Russia la popolazione è per la stragrande maggioranza contraria alla guerra, lo ha dimostrato da subito. E ora comincia a soffrire per l’embargo. Tantissimi russi hanno parenti e amici in Ucraina, non capiscono le ragioni di questa aggressione e più il tempo passa, peggio è.  

Come se non bastasse subiscono la rabbia e l’odio del mondo perché appartengono al Paese aggressore. È successo anche nello sport, come per la partita di Europa League in Portogallo, dove la squadra dello Zenit ha ricevuto offese prima del fischio di inizio», racconta.

«Il mio affetto verso gli amici che sono rimasti a san Pietroburgo»

Alla gioia di essere di nuovo a casa, per Matteo D’Angella, si unisce il dolore e la preoccupazione per i tanti amici di San Pietroburgo, che soffrono terribilmente per questa assurda guerra.

«Persone squisite – dice Matteo – con le quali ho condivido una breve ma importantissima parte della mia vita e che spero di poter presto rivedere. Loro stessi mi hanno chiesto di dire che non sono contro questa guerra e che soffrono per quello stanno subendo gli ucraini, ai quali molti sono legati da amicizia e parentela», conclude Matteo.

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