Il padre dei fratelli aggrediti: «Nessun rancore, potevano essere stati loro» | MaremmaOggi Skip to content

Il padre dei fratelli aggrediti: «Nessun rancore, potevano essere stati loro»

Istruttore di equitazione e coach, l’invito ai bulli: «Mi piacerebbe che partecipassero alle iniziative della onlus»
Carabinieri in piazza Dante
I carabinieri in piazza Dante

GROSSETO. È abituato a lavorare con i cavalli da una vita, è un coach e trainer di programmazione neurolinguistica. Ma soprattutto, è un uomo che aiuta i ragazzi a riacquisire il contatto con la natura, con gli animali, con le tradizioni che l’Amiata e la Maremma talvolta non ricordano di avere nel Dna. Forse per questo, riesce a lanciare un messaggio dirompente a chi ha spaccato il naso a suo figlio, uno dei due ragazzi aggrediti al bastione Mulino a vento sabato 17 gennaio.

Pestato per una domanda

Due sabati fa, i figli dell’uomo erano in centro a Grosseto. Prima uno e poi l’altro si sono trovati faccia a faccia con il branco. Il più piccolo, che ha 15 anni, era stato a prendere un pezzo di pizza con i suoi due amici, quando si è trovato di fronte a una quindicina di coetanei, ragazzi che conosceva i vista, sulla salita del Cinghialino, dove c’è stata la prima tappa della processione di violenza che si è snodata in centro.

«Uno di loro, che conosce mio figlio più grande – racconta il padre dei due ragazzi – gli ha detto di farsi da parte e di farsi gli affari suoi che così non gli sarebbe successo niente». Lasciato in disparte, ha visto i suoi due amici minacciati con i coltelli, rapinati dei pochi soldi che avevano. Uno dei due, spogliato del giubbotto e della felpa.

Il quindicenne è intervenuto per difenderli, rimediando però qualche spintone e qualche colpo. Per fortuna non si è fatto troppo male, mentre un ragazzino di origini albanesi sarebbe stato l’unico a cercare di fermare la rissa, urlando che c’erano le telecamere e che sarebbero stati ripresi tutti.

Uno dei suoi due amici, sanguinante e ferito, è andato a chiedere aiuto in un locale, da dove è partita la telefonata ai carabinieri.  Mentre l’adolescente era insieme ai militari, in centro, è stato visto da un amico del fratello più grande che lo ha poi contattato per chiedergli se sapesse cosa fosse successo. 

«Mio figlio più grande – racconta il padre – mentre stava cercando di raggiungere suo fratello, ha sentito dei ragazzini dire: “abbiamo fatto bene a spaccargli il capo” e così ha chiesto loro cosa avessero fatto a suo fratello, sospettando che fosse lui la vittima. Per tutta risposta ha ricevuto un pugno in faccia e le ossa del naso fratturate».  Il diciassettenne è stato soccorso e portato all’ospedale.

L’invito agli aggressori

Non c’è rabbia e non c’è risentimento nelle parole dell’uomo, che da sempre lavora con gli adolescenti. «I miei figli sono stati aggrediti – dice – ma potevano essere stati loro dall’altra parte. Tutto questo è dipeso dalle circostanze, e quando mio figlio maggiore mi ha detto che non ha fatto a pugni perché non avrebbe voluto alimentare la rabbia, ho capito che ora sarebbe stato importante disinnescare».

Le ragioni di quello che è successo sono tante e sono diverse. Difficili da analizzare anche per chi, come il padre dei due ragazzi,  istruttore federale di equitazione e responsabile dei giovani cavalieri endurance lavora gomito a gomito con gli adolescenti. «Collaboro da tempo con l’associazione Oikos, la onlus che ha costruito il Country Paradise a Fosso Martello – spiega – e ci piacerebbe organizzare un incontro e avere con noi i ragazzi che hanno picchiato i loro coetanei, insieme a quelli che erano con loro e che li spalleggiavano». Lavorare con gli animali, con i diversamente abili, con gli altri ragazzi: è questo lo scopo della onlus, riscoprire il contatto con la natura, con il territorio.

La onlus porta avanti progetti con le scuole. «Sono stati da noi 300 studenti – racconta – soltanto uno di loro però sapeva cosa fosse un buttero. Poi sapevano dell’esistenza delle vacche maremmane, ancora meno del miccio dell’Amiata. Bisogna ripartire da qui e spero di avere l’opportunità di ospitare anche i ragazzi che hanno aggredito i loro coetanei». Ragazzi – dice l’uomo – che come le loro famiglie hanno perso i punti di riferimento, diventando esse stesse vittime.

La onlus infatti, lavorerà con le scuole per organizzare campi estivi e dopo scuola per gli studenti, cercando così di dare una prospettiva diversa ai ragazzi anche attraverso la figura del peer coach, ovvero lo scambio tra pari, tra adolescenti, per crescere tutti insieme.

 

 

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