Morì nell'assalto al portavalori: «Nuove indagini» | MaremmaOggi Skip to content

Morì nell’assalto al portavalori: «Nuove indagini»

Il fascicolo è stato archiviato dal giudice pochi giorni fa, il pm ha chiesto la riapertura del caso per poter effettuare la comparazione del Dna di due indagati
La Procura di Grosseto
Il tribunale di Grosseto

MASSA MARITTIMA. Le indagini sull’assalto al portavalori del 7 gennaio 2008, nel quale rimase ucciso la guardia giurata Raffaele Baldanzi, potrebbero essere riaperte. Lo ha chiesto il sostituto procuratore Federico Falco che lo scorso marzo aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo. 

Archiviazione che era stata poi disposta dal giudice per le indagini preliminari Sergio Compagnucci. 

Nuova comparazione del Dna

Dopo più di 14 anni, quindi, per i familiari di Baldanzi, all’epoca 41enne, potrebbe riaccendersi di nuovo la speranza di trovare il responsabile della morte della guardia giurata della Securpol. Una speranza che, in realtà, non si è mai affievolita per la moglie di Baldanzi, Raffaella Ferroni e per il loro figlio, Stefano, assistiti dall’avvocato Matteo Brogioni e per il fratello di Raffaele, Tiziano, assistito dall’avvocato Roberto Cerboni

Una richiesta, quella del pm, che arriva a pochi giorni dall’archiviazione disposta dal giudice che aveva accolto la richiesta dello stesso pm, contro la quale si erano opposti i familiari di Baldanzi, attraverso l’avvocato Brogioni. 

Il pm Federico Falco

Grazie alle nuove tecniche di indagine – sostiene il pm – sarebbe possibile ora procedere con una nuova comparazione del Dna per due dei sei indagati del procedimento. Indagati che sono raddoppiati rispetto al fascicolo iniziale. A Raffaele Arzu, l’ex primula rossa del banditismo sardo, alla compagna Silvia Satta Canu e ad Angelo Lostia si sono aggiunti Simone Arzu, Filippo Monni e Carmelo Contena. Ed è proprio su questi ultimi due che verrebbero chiesti gli accertamenti per la comparazione del Dna. 

Proiettili e modus operandi da passare al setaccio

L’avvocato Brogioni ne è certo: gli elementi per esercitare l’azione penale nei confronti dei sei indagati, possono e devono essere trovati. Nella sua opposizione all’archiviazione infatti, il legale della moglie e del figlio di Baldanzi, aveva sottoposto al giudice due temi: nuovi accertamenti tecnici sui proiettili rinvenuti sulla strada di Schiantapetto, dove vennero sparate raffiche di kalashnikov ma anche sul modus operandi del gruppo che faceva capo ad Arzu e che era stato già condannato per altre rapine identiche. 

«Il modus operandi è lo stesso – dice l’avvocato Brogioni – lo si riscontra anche in altri assalti e lo si ritrova cristallizzato in altre sentenze di condanna. Per questo ho presentato opposizione all’archiviazione, perché credo davvero che grazie a nuove indagini sia possibile finalmente esercitare l’azione penale nei confronti degli indagati». 

La decisione ora spetta al giudice per le indagini preliminari che potrebbe scegliere di far riaprire per la seconda volta le indagini. Una prima volta era già successo l’anno scorso, quando la sostituta procuratrice Anna Pensabene, aveva chiesto che venissero disposti altri accertamenti, su una lattina ritrovata sul luogo della sparatoria e che all’epoca non era stato possibile analizzare. Su quella lattina, però, i carabinieri del Ris non hanno trovato impronte compatibili con gli indagati. 

Il pm Falco, aveva quindi chiesto e ottenuto l’archiviazione: mancava, secondo la Procura e secondo il giudice, la prova provata che i sei fossero i responsabili dell’assalto e della morte della guardia giurata. Ma le nuove tecniche di investigazione potrebbero far prendere una strada diversa a questa lunga e dolorosissima vicenda. Proprio come hanno sempre sperato i familiari della guardia giurata uccisa a soli 41 anni. 

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