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Lupo scuoiato: «Forse c’era una taglia sulla sua testa»

Un agricoltore di Monterotondo, nel 2017, aveva detto ai carabinieri che c’erano in palio dei soldi per l’uccisione dei predatori. Ma in aula l’uomo ha detto di non ricordarlo
Il lupo scuoiato appeso al cartello di Suvereto

GROSSETO. Il processo a carico di Salvatore Fais va avanti: il trentaquattrenne è accusato di aver ucciso, scuoiato e appeso un lupo su un cartello stradale, fra Suvereto e Monterotondo Marittimo. Sulla carcassa c’era un cartello con scritto: «No all’abbattimento, sì alla prevenzione». L’imputato avrebbe lasciato le impronte digitali sul cartello appeso e le cellule telefoniche lo collocherebbero sul luogo del ritrovamento dell’animale.

Oggi, giovedì 16 maggio,  in aula sono stati sentiti i testimoni  del pubblico ministero. Pastori e agricoltori della zona di Monterotondo Marittimo. Uno dei quali nel 2017, quando era stato trovato il lupo scuoiato, aveva detto ai carabinieri che «c’era una taglia sulla testa dei predatori».

L’avvocato Carlo Valle, che difende Fais, aveva chiesto il proscioglimento per ne bis in idem”. Ovvero aveva sostenuto l’impossibilità di procedere con due procedimenti diversi per lo stesso reato. Istanza rigettata dal giudice Andrea Stramenga, ma presentata ancora una volta oggi. Il vice procuratore onorario Alessandro Bonasera ha portato altre motivazioni per cui il principio non può essere attuato.

Il “ne bis in idem” inattuabile

L’accusa sostiene che non sia possibile procedere con il principio giuridico, perché, prima di tutto, la Corte Costituzionale fa riferimento a un caso specifico di una sentenza citata dall’avvocato di Fais. In secondo luogo l’allevatore ha pagato la multa per la  violazione di una legge regionale di 700 euro, mentre quella stabilita dal codice penale, per quanto riguarda l’uccisione di un animale fatte per crudeltà e senza necessità, prevede una sanzione fino a 6.000 euro.

Quindi la somma pagata da Fais non sarebbe abbastanza per il proscioglimento dell’imputato, anche nel caso che fosse attuabile.

In conclusione sia le parti civili, Wwf e Legambiente, che il pm chiedono al giudice di respingere la richiesta della difesa.

Ma non è d’accordo l’avvocato Valle. «È normale che la Corte Costituzionale si riferisca ad un caso specifico, visto che è chiamata a giudicare sulle questione d’illegittimità specifiche – controbatte – Inoltre la legge regionale per cui Fais ha pagato la multa parte da un minimo di 350 euro e arriva fino ad un massimo di 7.000 euro. Quindi chi ha multato il mio cliente ha ritenuto che i 700 euro fossero abbastanza».

Le testimonianze degli allevatori di Monterotondo

I testimoni chiamati dall’accusa nel 2017 sono stati sentiti in aula giovedì 16 maggio. Uno degli allevatori all’epoca disse che, nel periodo in cui fu ritrovata la carcassa, il suo cane era rimasto impigliato in una trappola o in un laccio. Cosa che non era mai successa prima.

«Mentre tornavo a casa dal lavoro ho visto la carcassa dell’animale appesa al cartello – racconta un allevatore – Poi il giorno dopo ne ho parlato con un mio amico».

L’amico del testimone, nel 2017, ha rilasciato delle dichiarazioni ai carabinieri, spiegando che: «c’era una ricompensa sulla testa del lupo». Ma oggi non si ricorda di averlo detto né di averlo sentito dire. Le frasi dichiarate dall’uomo sono state lette da Bonasera in aula sui verbali dei militari.

Ma va sottolineato che in quel periodo non risulta che ci fossero attacchi frequenti dei lupi. Anzi i testimoni sostengono che fossero concentrati nei periodi antecedenti e successivi al ritrovamento del lupo scuoiato.

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Autore

  • Marina Caserta

    Collaboratrice di MaremmaOggi. Amo le bollicine, rigorosamente in metodo classico; il gin e credo che ogni verità meriti di essere raccontata. Non bevo prosecco e non mi piacciono né i prepotenti né le ingiustizie. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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