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Baby gang: «Progetti per intercettare la sofferenza»

Bisogno i mettersi in mostra e mancanza di spazi per coltivare le proprie passioni: i progetti di UdS per i più giovani
Carabinieri in piazza Dante
Una pattuglia dei carabinieri in piazza Dante

GROSSETO. Conoscere i giovani, intercettare le loro esigenze, imparare a cogliere il loro disagio e soprattutto pensare a progetti che in qualche modo possano stimolarli ad affrontare un periodo, quello della pre e dell’adolescenza, che è sempre stato costellato, generazione dopo generazione, da grandi difficoltà

Uscita di sicurezza in prima linea

Puntare sui servizi educativi e mettere in campo tutto quello che possa servire per intercettare il disagio degli adolescenti. La cooperativa Uscita di sicurezza è in prima linea proprio in questo settore. E i progetti che vengono messi in campo sono tanti: dagli sportelli di ascolto agli incontri con le scuole, alla realizzazione di spazi comuni in città dove i più giovani possono incontrarsi e scambiare le propri esperienze

Progetti che diventano fondamentali quando ad esempio, la città si sveglia a si trova brutalmente faccia a faccia con fenomeni come quello della baby gang che ha tenuto banco per diverse settimane. 

Laura Turacchi è la responsabile dei servizi educativi di Uscita di sicurezza. «Quello che dobbiamo provare a capire quando ci si trova di fronte a fenomeni come quello della baby gang – spiega – è da dove arrivi questa sofferenza. Ma anche come possa essere incanalata in qualcosa di costruttivo e non sfogata nella violenza come invece è successo». 

Laura Turracchi
Laura Turacchi

La cooperativa, attraverso i progetti in collaborazione con le scuole, attraverso i gruppi di adulti e le famiglie che si rivolgono agli sportelli d’ascolto e attraverso gli spazi diffusi sul territorio, cerca di raccogliere quante più informazioni possibili sul mondo dei giovani e sul disagio che manifestano. Ci sono educatori di strada, psicologi, coordinatori pedagogici come Laura e tante altre figure diverse che operano in questo settore

«Le famiglie, la scuole e le associazioni del terzo settore hanno una grande responsabilità nei confronti dei ragazzi – aggiunge Turacchi – Non abbiamo ricette prestabilite per aiutare i ragazzi. Quello che facciamo giornalmente è ascoltare quello che hanno da dire e creare una rete che possa sostenerli per cercare di prevenire episodi di violenza come quelli che si sono verificati in città».

Episodi sui quali stanno ancora indagando i carabinieri che hanno identificato già buona parte dei giovani che erano sulle Mura la sera in cui sono stati aggrediti cinque coetanei. 

Laura Turacchi non è rimasta troppo stupita da quello che è successo. Ma dispiaciuta tanto. «Quando succedono episodi del genere si è di fronte alla manifestazione di un disagio forte – dice – ed è lì che possiamo intervenire e fare qualcosa. I giovani, dopo due anni di lockdown, hanno perso la capacità di socializzare. Hanno smesso di coltivare le proprie passioni, di giocare a calcio piuttosto che suonare uno strumento, hanno seguito le lezioni da casa». E anche le famiglie hanno dovuto fare i conti con la Dad, con lo smartworking: l’equilibrio che era stato costruito, è venuto meno. «E gli atti estremi ai quali ci siamo trovati di fronte come quelli della baby gang – aggiunge – sono serviti ad attirare l’attenzione». 

Attenzione che invece – così come il bisogno di sicurezza che manifestano attraverso la violenza – pensano di trovare nel branco. 

Arte e musica contro il disagio

Arte, musica, sport, spazi condivisi. Sono tantissimi gli antidoti al disagio manifestato dai ragazzi. Come il progetto “Ciel’in città”, che ha chiamato a raccolta già 26 artisti per dare vita a un vero e proprio spazio di arte e gioco alla Cavallerizza, per combattere l’abbandono scolastico e la povertà educativa. O come quelli che saranno organizzati da Uds con le associazioni del terzo settore per aiutare i più giovani a riprendere in mano le proprie passioni. 

«Gli adulti che si rivolgono al centro d’ascolto di Uds – spiega laura Turacchi – ci spiegano le loro difficoltà per combattere l’insuccesso e l’abbandono scolastico dei propri figli, così come ci chiedono consigli per far tornare loro la voglia di praticare sport  o coltivare le proprie passioni, dopo questi due anni di lockdown. Ripartire è faticoso per tutti, lo è per noi adulti. Noi ci proviamo, attraverso le scuole e gli spazi che abbiamo a disposizione, ma ovviamente non è facile». 



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