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Troppe assenze, poliziotto condannato

Oltre 600 giorni di malattia e di esonero parziale, tra cui una decina dopo un viaggio negli Stati Uniti con la delegazione della polizia: la Corte dei Conti ha calcolato un danno erariale da 72.000 euro
La Corte dei conti a Firenze

GROSSETO. Per non farsi trasferire in un altro ufficio o per non partecipare a dei servizi che non gli andava di svolgere fuori dalla questura, mandava certificati di malattia. Che interrompeva, quando voleva partecipare ad attività che gli faceva piacere svolgere. Tra queste, il Columbus day a New York, dov’è stato due volte  insieme alla delegazione della polizia, sia nel 2012 che nel 2014. 

Per questo motivo, un poliziotto che fino al 2015 è stato in servizio alla questura di Grosseto, è stato condannato dalla Corte dei Conti che ha riconosciuto un danno erariale di 72.000 euro

A processo per truffa aggravata

Sono due i binari sui quali viaggia la vicenda che riguarda il poliziotto: quello del tribunale di Grosseto, dov’è in corso il processo per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa aggravata.

 L’altro binario è invece quello della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale regionale per la Toscana. Sono stati i giudici Angelo Bax (presidente), Giuseppe Di Pietro (consigliere) e Claudio Guerrini a pronunciare la sentenza nei confronti dell’agente, difeso dall’avvocata Angela Biagini

L’uomo, che lavorava come ispettore della polizia stradale, durante la visita alla commissione medica ospedaliera del dipartimento militare di medicina legale, aveva dichiarato di seguire cure sia farmacologiche che terapeutiche per l’ipertensione e l’obesità. Cure che però – sostiene l’accusa – venivano interrotte prima delle visite per falsare i valori clinici. Cure e terapie che sarebbero però riprese per poter risultare idoneo al servizio e partecipare così, nel 2012 e nel 2014, al Columbus day negli Stati Uniti. 

Condannato per danno d’immagine

Oltre al danno patrimoniale, che il poliziotto avrebbe procurato alla questura, che gli ha corrisposto lo stipendio nonostante i 600 giorni di assenza, l’ispettore avrebbe procurato anche un danno d’immagine alla polizia. Nonostante che la notizia non fosse uscita sui giornali, secondo la Corte dei conti, il danno d’immagine c’è stato lo stesso: i suoi colleghi erano a conoscenza di quanto stesse accadendo. Sapevano dell’indagine dei carabinieri, delle perquisizioni, dei sequestri. 

E per questo la Corte dei conti ha conteggiato un danno erariale di 10.000 euro proprio per danno d’immagine. Cifra questa che va ad aggiungersi ai 61.987,12 euro di danno patrimoniale per le assenze maturate negli anni. 

600 giorni di assenza in 4 anni

Dal 2011 al 2015, l’ispettore ha usufruito di 605 giorni di congedo retribuito «inducendo in errore, a seconda dei casi – si legge nella sentenza della Corte dei Conti – i medici dell’Ufficio sanitario provinciale della questura di Roma, i componenti della Commissione medica ospedaliera del dipartimento militare di medicina legale di Roma e il suo medico di base».

Il poliziotto insomma, si sarebbe gestito il tempo senza tenere conto delle esigenze di servizio: quando doveva svolgere compiti che non gli andavano, si faceva mettere in malattia, interrompendo le cure alle quali si sottoponeva per falsare i risultati delle analisi, quando invece c’era qualche compito che gli faceva piacere svolgere, come la partecipazione al viaggio negli Usa per il Columbus day, si faceva rilasciare il certificato di idoneità.  

Trasferimento alla stradale non gradito

All’origine di tutta la vicenda, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri prima e dai giudici della Corte dei Conti poi, ci sarebbe stato il trasferimento all’ufficio verbali della polizia stradale, a gennaio 2011. Poi, il 5 novembre 2012, una volta assegnato alla questura, l’ispettore non avrebbe voluto partecipare ai servizi fuori sede, soprattutto quelli nei centri di identificazione e di accoglienza

Inoltre, per non farsi mandare i controlli fiscali, l’ispettore aveva smesso di farsi visitare dal medico della questura, rivolgendosi all’ufficio sanitario provinciale della questura di Roma, dichiarando di avere il domicilio nella capitale, anziché a Grosseto. «Le condotte illecite del convenuto – si lege ancora nella sentenza della Corte dei Conti – risultano connotate da una natura dolosa, in quanto realizzate con la piena coscienza di trasgredire gli ordinari e ben conosciuti obblighi e doveri verso l’amministrazione di appartenenza con la precisa intenzione di compiere ugualmente le azoni fraudolente in quanto finalizzate ad evitare di essere concretamente assegnato allo svolgimento di servizi non graditi, continuando a percepire lo stipendio».  

 

 

 

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