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Il toccante addio in duomo a Roberto Madonna

Al microfono i colleghi salutano Roberto con carezze parlate, con l’affetto e la stima di sempre. Gli applausi rimbalzano tra le colonne, escono e si dissolvono nel vento
i funerali di Roberto Madonna

GROSSETO. Sole e ombra si dividono lo spazio davanti al duomo, il vento aggrega cappelli, sciarpe, barbe, capelli bianchi e neri, cappotti, giubbotti e mascherine. Sul balcone del comune sventolano le bandiere imitate da quelle della provincia. È l’attesa di Roberto Madonna.

Mancano pochi minuti alle 10 quando arrivano due macchine cariche di fiori e visi colorati di dolore. I rintocchi sono improvvisi, cadenzati, struggenti, oppressivi. Contemporaneamente si manifesta Roberto, è perfettamente puntuale, come deve essere un luminare. La campana continua a diffondere le sue note toccanti, la cattedrale si riempie di gente. Davanti a tutti c’è lui, Roberto.

Ci sono tutti, infermieri, medici, impiegati

Sugli scalini della chiesa si formano piccoli capannelli di persone. Sono infermieri, medici, impiegati.

Tutti hanno da raccontare il filo diretto, che gli ha uniti a Madonna in tanti anni di lavoro insieme, gomito a gomito, notti e giorni a salvare vite umane. In molti preferiscono il silenzio, ma gli occhi non possono restare muti e narrano altre notti, altri giorni con quel velo di nebbia malinconica, che non svanisce, non può cancellarsi. Le note dell’organo escono dalla chiesa come farfalle in bianco e nero. I rintocchi sono cessati.

Il mondo di Roberto viene descritto da mille parole, commenti, aneddoti, che prendono il vento come vele spiegate, solcano il mare di una esistenza dedicata a vincere il male, a litigare con la morte. Queste vibrazioni sono dediche autentiche, riconoscimenti veri, una immersione totale in quello che adesso non c’è più.

«In lui regnava una innata ironia colta, mai banale. Un susseguirsi di battute, risvolti che stavi ad ascoltare tra il rapito e meravigliato. Roberto era poliedrico. Nel medico si annidava l’attore, l’uomo dalle mille sorprese, dai mille colori, dai mille interessi. Usava parole chiare, essenziali. Spesso mi spiazzava con guizzi verbali a cui era impossibile controbattere. Con Roberto perdiamo tutti un pezzo di passato e futuro». Questo ha scritto Andrea dietro la mascherina bianca, fermo sui gradini del duomo.

«Aveva il dono di essere immenso. Riusciva a pensare e agire contemporaneamente, in maniera del tutto naturale, senza far intravedere il gradino tra le due fasi. Roberto era uno splendido medico». Questo ha scritto una dottoressa guardando lontano.

La messa continua.

Il Duomo gremito ai funerali di Roberto Madonna
Il Duomo gremito ai funerali di Roberto Madonna

Al microfono i colleghi salutano Roberto con carezze parlate, con l’affetto e la stima di sempre. Gli applausi rimbalzano tra le colonne, escono e si dissolvono nel vento.

«Eravamo amici da tanto. L’uomo Madonna è indimenticabile, il medico Madonna inarrivabile. Quando avevi bisogno di qualcosa, lui c’era. Sempre. Anche nelle piccole questioni, anche quelle più insignificanti. Lui c’era e questo regalava serenità. Adesso non c’è più». Questo ha scritto l’amico cercando di nascondere le lacrime.

L’organo si ferma, ritornano i rintocchi.

Roberto esce dalla cattedrale. Lo aspetta l’ultimo viaggio verso la sua terra.

Sotto la statua di Canapone i bambini giocano tra coriandoli e stelle filanti. L’eterna lotta tra la vita e la morte continua. Come sempre.

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