Sparatoria di Follonica: «Quattro anni senza mio figlio» | MaremmaOggi Skip to content

Sparatoria di Follonica: «Quattro anni senza mio figlio»

Il dolore della madre di De Simone: suo figlio morì con la testa tra le mani della donna, ucciso da un colpo di pistola sparato da Raffaele Papa
Salvatore De Simone con i suoi cani

FOLLONICA. Mercoledì 13 aprile saranno passati quattro anni da quando la vita di due famiglie è stata stravolta per sempre. Quattro anni da quando Giuseppa Marcelli, che a Follonica conoscono tutti con il nome di Annalisa, titolare dell’hotel Stella in via Matteotti ha visto suo figlio Salvatore De Simone morire davanti ai suoi occhi, ammazzato da un colpo di pistola sparato da Raffele Papa

Il trentenne è in carcere ad Avellino, con una condanna all’ergastolo sulle spalle, suo padre Antonio dovrà invece scontare vent’anni. La sentenza della Corte di Cassazione, che ha confermato quanto già deciso dal giudice del tribunale di Grosseto Marco Mezzaluna e dai colleghi della Corte d’appello di Firenze, è arrivata pochi giorni fa.

Annalisa, di quel giorno ricorda tutto. La lite scoppiata con i vicini, per l’acqua che da un balcone del suo albergo stava cadendo sulla tenda della rosticceria Da Buono, di proprietà dei Papa, le grida, i colpi di pistola, le ultime parole pronunciate da Salvatore, il suo corpo immobile, steso per terra, l’altro suo figlio Massimiliano, soccorso in una pozza di sangue, così come la farmacista Paola Marinozzi

Il destino innaturale di sopravvivere a un figlio

Annalisa, come tutte le madri che hanno perso un figlio, è costretta a una condizione innaturale. A un destino che non può essere nemmeno riassunto in un solo termine. Chi perde un marito o una moglie resta vedovo, chi invece vede andarsene il padre o la madre resta orfano. Ma chi perde un figlio vive una condizione innaturale, per la quale non esiste alcun aggettivo per definirla. 

La salma di Salvatore De Simone
La salma di Salvatore De Simone

«Mi vedono in piedi e mi dicono che sto bene – dice Annalisa tra le lacrime – ma quanto dolore abbia dentro non lo sa nessuno. Mi hanno dovuta operare d’urgenza a un’ulcera allo stomaco. Il dolore per la morte di mio figlio mi devasta dall’interno. Sono quattro anni che sono disperata, da quando Salvatore non c’è più. Era sempre con me. Con la sua morte mi hanno portato via tutto». 

Salvatore, il giorno in cui fu colpito a morte da Raffaele Papa, allora ventottenne, si voltò verso sua madre. «Mamma sto a morì», le disse, mentre girava gli occhi all’indietro.

«Io a quell’immagine non posso pensarci. Ogni giorno – dice Marcelli – devo sforzarmi di pensare a lui come se fosse ancora vivo. Mi immagino che sia lontano, da un’altra parte o che sia a casa sua. Me lo immagino con i suoi cani. Ne aveva quindici e da allora ogni sera vado io a dare loro da mangiare. Ma doveva essere lui a farlo». 

Salvatore è morto a 41 anni, Massimiliano, che oggi ha 56 anni, è rimasto in sedia a rotelle. Il giorno della sparatoria Annalisa aveva sentito gli spari ma credeva che Papa stesse sparando in aria, prima di vedere suo figlio accasciarsi. «Ho fatto in tempo a prendergli la testa tra le mani. Mi ha detto: “mamma, mi ha preso”, poi è morto»

Un dolore immenso quello di Annalisa, a un giorno dall’anniversario della morte del figlio. Raffaele Papa, dal giorno della sparatoria è rimasto in carcere, suo padre Antonio invece si è consegnato dopo la lettura della sentenza della Cassazione

«La sentenza non ha lenito il mio dolore – dice la donna – loro due (i Papa, ndr) sono in carcere, io a mio figlio posso solo portare i fiori. Il fatto che siano in galera e che dovranno starci a lungo non mi restituisce Salvatore. A Pasqua riapro l’albergo perché ho bisogno di lavorare. Ma il dolore che provo ogni giorno della mia vita è devastante e non lo auguro a nessuno». 

 

 

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