Si presenta come magnate per truffare i proprietari di ville | MaremmaOggi Skip to content

Si presenta come magnate per truffare i proprietari di ville

Secondo le indagini della guardia di finanza, la banda avrebbe intascato i soldi delle costituzioni di società: piovono nuove accuse
Controlli della guardia di finanza
Guardia di finanza

FOLLONICA. Il sistema che avrebbero messo in piedi, avrebbe permesso loro di raggirare decine e decine di proprietari di immobili di lusso. Dal 2017 in poi, i finanzieri che hanno fatto le indagini, avevano contato 43 persone che sarebbero state raggirate. Ma le indagini sono proseguite e a quei capi di imputazione, la Procura di Livorno, ora ne ha aggiunte un’altra quindicina. Tra le nove persone che saranno processate, ci sono anche due follonichesi, ai quali, insieme ad altri tre imputati, sono accusati di associazione per delinquere.

Il magnate straniero che vive nella città del golfo

La struttura della banda delle ville, così come ricostruita dagli agenti della guardia di finanza di Livorno che hanno fatto le indagini, sarebbe stata composta da Nicola Calderini, piombinese di 41 anni, che secondo l’accusa era l’ideatore, il promotore e l’organizzatore di tutta l’attività. Sarebbe stato lui, secondo le indagini, ad adescare potenziali venditori da raggirare, presentandosi come mandatario di fantomatiche società estere interessate ad acquistare immobili di pregio o a concedere prestiti in denaro «previo il necessario anticipo – si legge nel decreto firmato dal giudice – da parte dei venditori e dei mutuari, di somme variabili da 8.000 a 30.000 euro asseritamente necessarie alla costituzione di società di diritto anglosassone strumentali a un prospettato vantaggioso perfezionamento delle transizioni».

C’era poi Mike Berni, nato in Germania 56 anni fa e residente a Follonica: si sarebbe finto persona interessata all’acquisto, nelle vesti a volte del “magnate straniero” ed altre del “rappresentante di gruppo imprenditoriale“. Entrambi difesi dall’avvocato Davide Lera, che assiste anche il livornese Giuseppe Doveri, 74 anni, che avrebbe messo a disposizione la propria villa in modo tale da dare un’immagine di solidità economica al gruppo, del quale avrebbe fatto parte anche Bilbil Muca, albanese di 45 anni, difeso dall’avvocato Roberto Baccheschi, anche lui residente a Follonica. Muca, che ha una ditta edile, sarebbe stato il “tuttofare”, colui che doveva garantire il proprio supporto nel ruolo «di soggetto incaricato delle ristrutturazioni e degli acquisti di arredi ed elettrodomestici.

Della banda poi avrebbe fatto parte anche Valerio Vignoli, presidente dei notai di Livorno (difeso dagli avvocati Paolo Bassano e Tullio Padovani). Il professionista avrebbe fornito consulenza necessaria allo sviluppo delle transazioni, «sia agli altri associati – scrive la giudice Rosa Raffaelli – che alle vittime e, soprattutto, di rassicurare queste ultime in virtù della sua pubblica funzione, circa la professionalità di Calderini».

Una recita messa in scena più volte

Di volta in volta, gli imputati avrebbero messo in scena sempre la stessa recita: si presentavano come rappresentanti di un gruppo finanziario arabo e di una fondazione inglese e si offrivano come intermediari per la compravendita di immobili di lusso. La compravendita però, per andare in porto, avrebbe dovuto prevedere la costituzione di una società “Limited” di diritto anglosassone, che avrebbero costituito loro ma con i soldi di chi avrebbe invece soltanto voluto vendere il proprio bene immobile.

Operazione che poteva variare tra gli otto e i trentamila euro: soldi che sarebbero finiti nelle loro casse e non in quelle della società appena costituita. Raggiri che sarebbero stati messi in piedi in tutta Italia: ville di lusso, terreni edificabili, hotel, palazzi storici. Ma anche cercando di truffare negozi e fornitori: come sarebbe successo nel caso della “Casa del mobile” alla quale era stata commissionata una fornitura di mobili appunto, per un valore di 78.000 euro per arredare una villa. Una volta portati lì, Calderini, Berni e Muca avrebbero cercato di far sparire la mobilia. La titolare del negozio però se n’era accorta e aveva dato l’allarme ai carabinieri.

Ma anche un venditore del Folletto, il noto aspirapolvere tedesco, sarebbe finito nella rete della banda: anche a lui non sarebbe stato pagato un apparecchio che costava 2.120 euro, così come, per un immobile di pregio in comodato alla Curia di Livorno, la banda avrebbe chiesto più di 8.000 euro per la costituzione della Ltd per sparire subito dopo.  In totale, tra il 2017 e il 2020, ai nove che ora saranno processati (tutti con il rito ordinario), viene contestato di aver fatto sparire un milione di euro tra il 2017 e il 2020.   Oltre ai cinque imputati a cui viene contestato il reato associativo, ci sono altre quattro persone a processo: si tratta di Roberto Cascavilla, livornese
di 73 anni, difeso dagli avvocati Federico e Gianclaudio Pazzaglia,  il ventiseienne Alberto Nigiotti, livornese difeso dall’avvocato Federico Legitimo, l’avvocato fiorentino Riccardo Corsini (54), assistito dall’avvocato Alberto RussoRatko Ragutinovic, 62 anni, difeso dagli avvocati Eugenio Sarai e Marco Leali.

 

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