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Scontro Iene-Degortes: «Nessuna conferma dei festini»

Sfilano in aula il parlamentare di FdI Walter Rizzetto e l’ex parlamentare Pd Carmelo Miceli: gli atti della commissione sulle serate hot sono stati secretati
Da sinistra l’avvocato Roberto Baccheschi, l’avvocato Roberto Martini e l’imprenditore Antonio Degortes @maremmaoggi

GROSSETO. Un’udienza durante la quale i toni si sono alzati, più di una volta. Durante la quale la giudice Ludovica Monachesi e il vice procuratorio onorario Alessandro Bonasera sono stati costretti a richiamare i testimoni e gli avvocati. Al centro del dibattito, le accuse di diffamazione mosse da Antonino Monteleone, inviato delle Iene e da Davide Parenti, autore della trasmissione all’imprenditore senese Antonio Degortes, per le puntate del suo blog “Il dito nell’occhio”. Processo che si celebra a Grosseto: il proprietario della Capannina infatti, è residente a Follonica.

Puntate che trattavano della morte di Davide Rossi, il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, precipitato da una finestra il 6 marzo 2013.

Secretati gli atti sui festini

Walter Rizzetto, parlamentare di Fratelli d’Italia è stato il primo firmatario della proposta di indire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del responsabile della comunicazione di Mps. Chiamato come testimone di parte civile, il parlamentare, incalzato dalle domande dell’avvocato Federico Giusti che assiste Rti, Monteleone e Parenti, ha spiegato la genesi dei lavori. «La sua istituzione è avvenuta tre o quattro anni fa – ha spiegato – ed è stata votata all’unanimità». Ma ha negato, nel corso dell’esame, che la commissione fosse stata istituita anche a causa del legame tra il caso Rossi e il caso Mps.

L’avvocato Roberto Martini, che insieme al collega Roberto Baccheschi difende Degortes, ha sollevato la prima opposizione: «Rizzetto non può essere ascoltato come testimone – ha detto – perché come membro della commissione è equiparato a un magistrato ed ha quindi l’obbligo di astenersi dal deporre fatti conosciuti attraverso il lavoro della commissione».

Opposizione questa, che ha costretto la giudice Monachesi, a ritirarsi per una breve camera di consiglio. La magistrata, rientrata in aula, ha però stabilito che l’esame del testimone sarebbe potuto proseguire. Rizzetto ha spiegato che lo spunto per istituire la commissione era arrivato principalmente dalle inchieste delle Iene, l’unica trasmissione che a dire del parlamentare aveva curato con maggiore costanza il caso.

Incalzato dall’avvocato Baccheschi sui festini, Rizzetto ha spiegato di non poter dire nulla. «È stato un argomento ovviamente dibattuto – ha detto – ma quelle parti sono state secretate. Quindi di questo non posso parlare». Eppure, è proprio quella una delle parti più importanti del processo: le Iene infatti, nella loro trasmissione, hanno intervistato prima l’ex sindaco di Siena Pierluigi Piccini, poi una ex dipendente del Comune di Castiglione della Pescaia che, con il volto coperto e la voce contraffatta, sosteneva che sulla morte di Rossi non si sarebbe fatto luce perché alcuni magistrati partecipavano a festini a luci rosse organizzati tra Siena, Arezzo e il mare da un imprenditore che molti avevano riconosciuti in Degortes.

I legali dell’imprenditore hanno fatto rilevare che non esiste alcun atto che confermi l’esistenza dei festini.

Un suicidio sul quale continuare a indagare

Se sui festini Rizzetto non ha risposto, sugli esiti della commissione, Rizzetto è stato perentorio. «Le conclusioni sono pubbliche – ha detto – potete leggerle». Ma sul sito della Camera, la relazione finale, come ha sottolineato l’avvocato Baccheschi durante l’udienza, non è ancora stata pubblicata. «Il lavoro della commissione dovrà continuare – detto il parlamentare di Fratelli d’Italia – C’è qualcosa su cui fare ancora luce. Sono state disposte delle perizie: Rossi si è suicidato, ma ci sono ancora molti passaggi che non sono spiegabili».

Antonio Degortes, amico intimo di Davie Rossi, ha sempre sostenuto che il numero uno della comunicazione di Mps si fosse suicidato. E anche lui è stato sentito nell’ambito della commissione d’inchiesta.

Walter Rizzetto

In tribunale, dove la discussione si sarebbe dovuta concentrare sull’accusa di diffamazione nei confronti di Degortes, in realtà, si è parlato a lungo di un caso che a distanza di anni suscita ancora dubbi e qualche polemica. E nel quale la trasmissione di Rti che va in onda su Italia 1, sembra assumere un ruolo sempre più centrale. Caso per il quale è stata prodotto anche una perizia di parte stilata per la famiglia di Rossi da parte di un luminare della medicina legale dell’Università di Sassari che conferma che la morte del manager senese sia avvenuta per suicidio. «Io quella perizia non l’ho letta», ha tagliato corto Rizzetto, rispondendo alla domanda dell’avvocato Martini.

È stato alla fine di un botta e risposta serrato e non sempre disteso tra il parlamentare e gli avvocati di Degortes che il vpo Bonasera ha preso la parola, cercando di riportare il ragionamento sull’oggetto del processo: le accuse di diffamazione mosse dalle Iene a Degortes. Se, insomma, il contenuto delle trasmissioni di Mediaset fossero una “bufala” o se invece quello che le Iene avevano sostenuto corrispondesse al vero. Rizzetto ha spiegato però di non aver accertato se il contenuto delle trasmissioni corrispondesse alla realtà dei fatti o se invece, come a sostenuto Degortes, fossero soltanto una ricostruzione fantasiosa.

L’avvocato amico delle Iene

L’udienza di fronte alla giudice Monachesi è finita nel tardo pomeriggio, dopo che era stato sentito il secondo testimone, l’avvocato Carmelo Miceli, che assiste la moglie di Rossi, Antonella Tognazzi e la figlia di lei, Carolina Orlandi.

Carmelo Miceli e Carolina Orlandi in tribunale @maremmaoggi

Anche per l’avvocato che ha presentato un’istanza di riapertura delle indagini sulla morte di Rossi dopo le due precedenti archiviazioni, i servizi delle Iene sono stati centrali per le sue indagini difensive. «A guardare i servizi – ha detto rispondendo all’avvocato Giusti – non ho mai avuto l’impressione che ci fossero testimoni plagiati o imbeccati».

Scavando un po’, l’avvocato Baccheschi ha fatto emergere che Miceli ha avuto un rapporto di collaborazione con le Iene. «Ho fatto esplodere il caso delle firme false dei 5 Stelle – ha detto in aula – e l’ho fatto insieme a uno degli autori della trasmissione». A domanda diretta, Miceli ha detto di non essere mai stato pagato dalla trasmissione. «La mia non è stata una collaborazione professionale – ha detto – ma un confronto con Marco Occhipinti sul caso Davide Rossi».

«E con la famiglia di Rossi com’è venuto in contatto?», ha chiesto ancora Baccheschi. «L’autore ha detto alla famiglia di Rossi che ero stato io a dare quei pareri e grazie a questo scambio, una volta che il precedente avvocato incaricato dalla famiglia aveva esaurito il suo mandato, sono stato incaricato io». Ma, per quell’incarico, ha specificato Miceli: «Non ho ricevuto alcun compenso». Ex parlamentare Pd, non ha saputo dare spiegazioni sul motivo del voto contrario del suo partito sui relazione finale della commissione.

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