Omicidio di Capalbio: «Amavo mia moglie ma l'ho uccisa» | MaremmaOggi Skip to content

Omicidio di Capalbio: «Amavo mia moglie ma l’ho uccisa»

Adrian Luminita parla in aula durante il processo per l’omicidio di Elena Madalina: il dolore per la morte della donna, il pentimento e i momenti di buio totale
Adrian e Madalina

CAPALBIO. Una maglietta grigia addosso, una croce di legno e una medaglietta, con il nome di sua moglie inciso sopra. Sembra la descrizione di un uomo comune. Religioso, innamorato di sua moglie. Invece è il ritratto di Adrian Luminita, il quarantunenne che il 6 dicembre 2020, nella dependance della villa di Pescia Fiorentina, uccise con 27 coltellate sua moglie Elena Madalina, 32 anni. 

Uscendo fuori dal protocollo, la sostituta procuratrice Valeria Lazzarini, per tutto l’esame dell’imputato, ha dato del tu ad Adrian. Il quarantunenne, in carcere dal giorno in cui fu dimesso dall’ospedale dove era stato ricoverato con ustioni molto gravi su tutto il corpo, è riuscito a pronunciare soltanto poche parole. «Io e Madalina ci siamo conosciuti nel 2006 – ha detto- la amavo tantissimo, mi dispiace per il male che le ho fatto». La voce del 42enne si rompe subito: piange nell’aula d’assise del tribunale di Grosseto, di fronte al presidente Adolfo Di Zenzo, alla giudice Laura Previti e ai giudici popolari. Presenti in aula gli avvocati Paolo Malasoma (difensore di Adrian) e Leonida Calvisi (parte civile).

Adrian faceva il giardiniere, Elena Madalina le pulizie. Il racconto del quarantunenne si ferma a ogni frase. Molte cose non le ricorda, a ogni dettaglio chiede scusa.  «L’unica cosa che voglio è chiedere scusa a tutti – dice tra le lacrime –  io non so come ho fatto a fare una cosa del genere: ho ammazzato mia moglie».  La parole dell’uomo sono macigni, pronunciate nell’aula, di fronte ai giudici popolari, agli avvocati, ai carabinieri della procura presenti all’udienza. Adrian Luminita aveva già confessato l’omicidio, quando era stato arrestato. E la colpa che lo sta schiacciando da quel giorno ogni momento, è emersa con tutta la sua forza anche in tribunale, dove la sostituta procuratrice ha cercato di far ricostruire al quarantunenne quello che è successo quella mattina nell’appartamento dove vivevano da anni. 

«Pensavo di avere un tumore al pancreas -ha detto – pregavo giorno e notte. Volevo tornare in Romania, non volevo far passare a mia moglie tutto questo dolore qua, lontano dalla famiglia». Ma Elena Madalina non voleva andarsene da Pescia Fiorentina. Una versione, quella dell’uomo, diversa da quella rilasciata durante l’interrogatorio all’ospedale di Siena. Adrian non aveva un tumore, nessuno glielo aveva diagnosticato. «Stavo male, avevo un dolore all’altezza del pancreas – ha raccontato- avevo letto qualcosa su Internet e mi sono convinto di essere malato». E ancora:  «Soffro ogni giorno per quello che ho fatto – aggiunge – Lei era la mia vita: le facevo il caffè, le portavo i fiori. In casa non mancavano mai i fiori. Come si fa a fare del male a qualcuno che si ama?». 

Una domanda, quella dell’uomo, rivolta più a se stesso che a chi lo stava ascoltando. 

Alcol e psicofarmaci prima della tragedia

In quella giornata, Adrian aveva chiamato più volte il 118. Telefonate tutte andate a vuoto: a ogni tentativo, il quarantunenne aveva messo giù. «Non stavo bene, mi avevano dato degli psicofarmaci- ricorda – La mia mente ormai non funzionava più. Il telefono non prendeva la linea e Madalina era sul divano, era arrabbiata. Avevamo litigato perché io bevuto vino e vodka. Bevevo e stavo meglio, pensavo che con l’alcol sarebbe passato il mio malessere».  La coppia aveva ricominciato a litigare, sempre per lo stesso motivo: Adrian voleva tornare in Romania, Madalina no. «Già nel 2012 eravamo stati là perché io stavo male – ha raccontato- mi hanno fatto un esorcismo tre preti e poi sono stato bene». 

Elena Madalina con un quadro dipinto da Adrian

Ma di quello che è successo quel giorno, delle 27 coltellate sferrate alla donna, non ricorda nulla o quasi. I dettagli si perdono, non tanto nel tempo, quanto nella confusione che più volte l’uomo ha detto di avere nella sua testa. «Ho preso un coltello e l’ho colpita», ha ripetuto. Confermando il racconto fatto al pubblico ministero all’ospedale.

«Quando ho visto che lei non si muoveva ho tentato di suicidarmi–  ha aggiunto- ho preso lo stesso coltello e mi sono colpito, poi ho cercato di darmi fuoco». Il coltello, però, era nascosto dietro a un mobile, tra alcuni cavi. Come sia finito lì, Adrian non è riuscito a spiegarlo. Quando il quarantunenne si è reso conto che Elena Madalina era morta, è andato a prendere la benzina per uccidersi. «Mi sono dato fuoco in mezzo alla stanza – dice – volevo morire vicino a lei, ho visto che non rispondeva più e volevo morire».

Nella casa della coppia, i carabinieri avevano trovato anche una lettera, scritta da Adrian il giorno prima della tragedia. Un testamento, alla moglie che più di una volta, davanti alla sostituta procuratrice e ai giudici, il quarantunenne ha detto di amare immensamente.

Adrian ha ucciso sua moglie. Lo ha riconfermato anche al suo avvocato, Paolo Malasoma. «L’ho uccisa ma non volevo farlo – ha detto, rispondendo alle domande del suo difensore – Non volevo ucciderla e non volevo nemmeno far sparire il suo corpo. Io sono credente, facevamo parte di una comunità religiosa: ora prego per lei, prego ogni giorno». Adrian, di nuovo, si è raccontato come un uomo mite, un uomo che fino a quel giorno non avrebbe mai fatto male nemmeno a una mosca.

«Mi faceva effetto il sangue – dice – non uccidevo nemmeno le galline. Ero geloso, ma non mi ha mai dato motivo per manifestare la mia gelosia». «Anch’io lo sono – ha detto l’avvocato – di mia moglie. Ed è normale». La gelosia, motivo emerso durante le testimonianze dei alcuni amici della coppia, non sarebbe stato il movente di questo terribile omicidio.  «Adrian ha ceduto tutti i beni, mobili e immobili ai parenti della moglie», ha aggiunto l’avvocato Malasoma. «Nulla potrà mai ripagare il dolore che ho provocato – ha detto Adrian – Ho messo tutto a disposizione dei parenti. Ho fatto male a tantissime persone. Non a 10, a 100, anche di più». 

 

 

 

 

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