GROSSETO. Campo leggermente allentato dalla pioggia, vento assente, decine e decine di ombrelli aperti, ai lati due ali di cipressi, a centrocampo tipici volti da pallone, personaggi su cui il calcio ha lasciato inequivocabili tracce di un passato vissuto tra scarpe bullonate, pantaloncini, magliette sudate e profumo di olio canforato. Insomma uno stadio in piena regola per l’ultima partita di Franco Falconi. La finalissima.
Sugli spalti si intrecciano come liane una miriade di ricordi, avvenimenti, aneddoti, espressioni e parole, pensieri e lacrime. Sullo sfondo più di mezzo secolo di calcio nostrano, quello vero e reale, di passione, lavoro e sentimenti concreti, una matassa da svolgere con toni bassi. «Avevo 8 anni quando ho conosciuto Franco. Adesso ne ho 50 ma il suo timbro è indelebile. Sono affranto».
Il ricordo di amici ed ex allievi
Parole bagnate dalla pioggia, scritte con il cuore. «L’ho avuto come allenatore, mi ha insegnato a vivere, a crescere con i giusti valori e non solo sportivi». Sotto gli ombrelli si scolpisce l’uomo Falconi, se ne assapora il carattere, il suo essere autentico uomo di sport tra le sfaccettature di giocatore, dirigente, segretario, anima della Nuova Grosseto Barbanella.
Sulle giacche a vento si leggono i nomi di tantissime società, sono presenti la Figc, giovani giocatori, le istituzioni, tutti quelli che orbitano accanto al pallone, tutti quelli che hanno apprezzato la vita di Franco assorbendone i tratti decisi e profondi, quelli che occorrono per proseguire la sua strada, per non disperderne i contenuti.
Mentre piove, mentre si susseguono gli abbracci ai famigliari, le strette di mano, il film interpretato da Franco Falconi propone le immagini del sintetico di via Australia dove era sempre presente in segreteria seduto dietro la scrivania a scrutare il computer, i documenti e il futuro. Estate, inverno, sole o tramontana, festa o giorno feriale, lui c’era e continuerà ad esserci. Sorridendo o con l’espressione seria, preoccupato e felice, soddisfatto o inappagato. Lo si potrà intravedere sul terreno di gioco a prendere appunti, a camminare verso gli spogliatoi, a telefonare chissà con chi.

70 anni, ho viaggiato sulla carta stampata, ho parlato alla radio e alla televisione.
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Come lavagna uso il cielo.
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