Questa settimana, il libro sotto l’ombrellone consigliato da Maremma Oggi è “Le lettere di Berlicche”, di Clive Stapes Lewis, uscito per la prima volta a Londra nel 1942, riproposto nel 2016 negli Oscar Mondadori. Scelto – e raccontato – da Enrico Bistazzoni, editor, giornalista e scrittore di grande esperienza.
Un libro scritto 80 anni fa, ma ancora molto attuale
La guerra? È una cosa buona, ma c’è qualcosa di meglio per seminare il male nel mondo: la pace.
Chi può concepire un pensiero simile, così abietto e apparentemente contorto? Il diavolo, naturalmente. E non si tratta di un pensiero ozioso e paradossale, ma di un consiglio logico e interessato, elargito dall’esperto Berlicche (Screwtape nell’originale), un pezzo grosso nelle gerarchie infernali, al giovane nipote Malacoda (Wormwood), apprendista diavolo tentatore.
Quest’ultimo, con l’impulsività dei giovani, è portato a percorrere la via più breve per corrompere gli uomini (impersonati da un tizio identificato come “il Paziente”), finendo per favorire le controffensive del Nemico, che dalla prospettiva diabolica non può che essere Dio.
Eh no, bisogna essere molto più astuti e sottili per spuntarla con un Nemico del genere: è questo il succo dei consigli snocciolati dal demonio anziano al parente giovane in una serie di lettere.
Enrico Bistazzoni: «Un romanzo di formazione “al contrario” che vi lascerà stupiti»
Opera fantastica in forma epistolare, romanzo di formazione, e pazienza se è una formazione al contrario e a volte, come lettori, perdiamo la bussola e ci ritroviamo a scambiare le carte del bene e del male. Anzi, solo per questo “Le lettere di Berlicche” sono una lettura stimolante e curiosa.
Ma, attenzione, non stravagante perché, passando in rassegna i vari temi, dall’amore al sesso all’amicizia alla superbia ai rapporti familiari, la tentazione più invincibile che ci coglie è pensare che il diavolo abbia tragicamente ragione.
Lewis, autore delle celebri “Cronache di Narnia”, scrisse il libro in pieno conflitto mondiale e per questo l’argomento guerra riveste una parte centrale. Ma perché Berlicche ritiene che la pace rappresenti un terreno di malvagità più proficuo e prolifico della guerra per un diavolo tentatore?
È presto detto: perché la guerra, con le sue tragedie e le sue vittime, ispira anche sentimenti di pietà e opere di solidarietà, mentre è nella pace, nella normale quotidianità umana, che si insinuano le gelosie, le invidie, l’odio e le cattive azioni individuali.
Ce la sentiamo, noi che diavoli (forse) non siamo, di dargli torto?
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