Immigrazione clandestina, arrestato 36enne | MaremmaOggi Skip to content

Immigrazione clandestina, arrestato 36enne

L’uomo è accusato di fare parte di una rete criminale che favoriva l’ingresso di migranti dalla Turchia attraverso la Grecia: ogni viaggio costava dai 7.000 ai 15.000 euro
Una volante della polizia
Una volante della polizia

GROSSETO. Nel 2017 era arrivato in Italia dopo aver attraversato la frontiera di terra e aveva chiesto la protezione internazionale. Nel nostro Paese quindi, risultava essere un rifugiato. E nel 2021, dopo essersi trasferito nella zona nord della provincia dove risulta lavorare come operaio agricolo aveva richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno. 

Mercoledì 10 maggio, il 36enne, è stato arrestato dal personale della squadra mobile su ordine del giudice per le indagini preliminari di Catanzaro: il trentaseienne è rinchiuso nel carcere di Grosseto. 

Blitz all’alba, 29 arresti

Nelle prime ore di mercoledì 10 maggio, i poliziotti coordinati dalla direzione centrale anticrimine hanno arrestato, su richiesta Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, 29 persone, accusate di appartenere ad una associazione transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al riciclaggio del denaro; sodalizio articolato in cellule presenti in Italia ed all’estero (Turchia e Grecia), i cui appartenenti, pur con compiti differenti, avevano un obiettivo unico, quello di far giungere i migranti in Italia sfruttando la rotta marittima del mediterraneo orientale, con destinazione finale Centro-Nord Europa.

L’indagine è cominciata nel 2018, con la collaborazione in mare del personale della sezione navale della guardia di finanza di Crotone, avviata sulla base degli elementi raccolti da diversi anni sul fenomeno del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che ha interessato la provincia di Crotone, meta di una serie di sbarchi effettuati con barche condotte da ucraini o dell’area dell’ex Unione Sovietica con a bordo migranti di diverse nazionalità della zona medio-orientale o asiatica del pianeta.

Il viaggio della speranza a 15.000 euro

la base logistica del gruppo criminale era in Turchia e in Grecia: da qui sarebbero stati organizzati viaggi della speranza verso le coste calabresi e pugliesi. Il gruppo criminale sarebbe composto da cittadini provenienti dall’area medio-orientale, prevalentemente di origine curdo-irachena.

Il viaggio dei migranti aveva inizio nel quartiere turco di Aksaray, dove chi intendeva partire si recava per prendere contatti con i sodali della cellula turca, i quali fornivano tutte le informazioni utili sull’organizzazione del viaggio e sull’importo da corrispondere (in totale tra i 7.000 ed i 15.000 euro), mediante il sistema cosiddetto hawala.

Una volta raggiunto l’accordo e versata la prima parte della somma pattuita, i migranti venivano condotti alla frontiera turco-ellenica, generalmente nella città di Salonicco; qui i migranti venivano presi in carico dai sodali della cellula greca e corrispondevano la seconda parte del compenso.

I sodali della cellula greca, poi, conducevano i migranti ad Atene e poi a Patrasso, dove rimanevano in attesa di imbarcarsi a bordo di barche a vela, in grado di eludere i controlli in mare delle forze di polizia. In altri casi le imbarcazioni partivano dalle coste turche, in particolare da Smirne, per raggiungere direttamente il Sud Italia, scegliendo località di sbarco concordate preventivamente dai sodali delle cellule turche e quelle italiane, per eludere eventuali controlli. Sono stati infatti documentati diversi sbarchi cosiddetti fantasma, dove in alcuni casi non sono stati rinvenuti né l’imbarcazione né i migranti.

Attraverso l’Italia per raggiungere il Nord Europa

Una volta arrivati in Italia, i migranti si mettevano in contatti con le cellule italiane, che, dietro il pagamento di 500-600 euro, li facevano arrivare a Milano o Torino, poi a Trieste o a Ventimiglia per poi raggiungere il Nord Europa.

Il confine italiano veniva superato viaggiando a bordo di camion, treni o taxi, in relazione alle disponibilità economiche dei migranti, ai quali i trafficanti applicavano un vero e proprio tariffario.

Senza conferma dell’avvenuto pagamento delle tappe del viaggio, i migranti rimanevano bloccati e venivano invitati a contattare i propri parenti, rimasti nelle terre d’origine, per regolarizzare le proprie posizioni.

C’è poi l’aspetto del riciclaggio: i soldi venivano versati all’interno di una cassa comune gestita da alcuni soggetti residenti a Trieste; sono state, infatti, riscontrate dalle investigazioni una serie di transazioni sospette utilizzando il sistema Money Transfer, dove prestanomi compiacenti dei sodali trasferivano denaro all’estero per importi non superiori a 999 euro settimanali.

Un sistema questo, grazie al quale sarebbero stati organizzati una trentina di sbarchi tra la Calabria e la Puglia.

Le stesse  operazioni verranno svolte anche all’estero, dove saranno eseguiti mandati di arresto europeo ed internazionali nei confronti degli indagati localizzati fuori dal nostro territorio, con la partecipazione di personale dell’Agenzia Europol e della Divisione Interpol..

 

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