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Il palio dei ciuchi, una tradizione che si rinnova

Da 65 anni, le quattro contrade di Campagnatico, si disputano l’ambito cencio in una corsa al cardiopalma per la via principale del paese
Due foto storiche del palio di Campagnatico

La magia di Campagnatico e i suoi eventi

CAMPAGNATICO. Il palio dei ciuchi è figlio di una tradizione lunga e avvincente che affonda le proprie radici nella storia secolare del borgo di Campagnatico. Ma quello “moderno”, nasce nel 1957, l’anno in cui, per la prima volta, le quattro contrade Pieve, Centro, Castello e Santa Maria si sfidarono in una gara all’ultimo fiato, per aggiudicarsi l’ambito cencio.

Da allora, ogni anno, la seconda domenica di settembre, i ciuchi – nutriti, coccolati, allenati nei precedenti 12 mesi – sono eroi per un giorno insieme ai loro fantini, protagonisti assoluti, in quei pochi minuti di carriera nella via principale del paese, di batticuore e lacrime, fino al traguardo che scioglie la contrada prima arrivata nella gioia della vittoria.

Nei giorni precedenti, tutto il paese si veste dei colori delle contrade: il bianco e blu di Santa Maria, il rosso e giallo della Pieve, il blu e rosso del Centro, il bianco e rosso del castello. Un tripudio di bandiere, stendardi, coccarde in ogni finestra, bancone e angolo di strada, che fanno da cornice a via Roma, storica strada della corsa, ricoperta di sabbia per l’occasione.

Il Palio, una storia toscana

Più in generale, il palio è diffuso in moltissimi borghi e città della Toscana e del Centro Italia, dove rappresenta il momento più alto di quello spirito di condivisione, talvolta competitivo e spigoloso ma sempre libero e generoso, tipico della gente di Toscana. Ci sono infatti palii di ogni tipo, in cui fantini in groppa ai cavalli o ai ciuchi si disputano il “cencio” (come viene chiamato il palio) senza esclusione di colpi, ma ci sono anche sfide tra balestrieri, rotolatori di botti, arcieri, equipaggi su imbarcazioni e chi più ne ha più ne metta.

Una competizione tra vicini, tra paesani che vivono nella contrada adiacente, tra colleghi di lavoro. Anzi, in Toscana, talvolta si trova più gusto a vincere con il proprio vicino che contro il forestiero, perché battere il contradaiolo avversario, con cui magari si lavora, con cui poi ci si ritrova nella piazza del paese o a mangiare nella stessa locanda, ha il sapore inconfondibile dello sberleffo, che non si esaurisce il giorno della disfida, ma si gusta nei giorni e nei mesi successivi.

Battere il forestiero, che il giorno dopo non si vede più, non soddisfa a pieno la vena goliardica del toscanaccio. I lazzi, lo scherzo talvolta triviale, che si rinnova ad ogni nuova alba per giorni e mesi. Vuoi mettere!

Dunque il palio è una dimensione dell’essere, racchiude in maniera simbolica il modus vivendi dei toscani.

La tradizione recuperata negli anni ’50

Il palio di Campagnatico, e i festeggiamenti connessi, nascono negli anni ’50. Erano gli anni del dopo guerra, della ricostruzione. Di lì a poco si sarebbe innescato quello che è passato alla storia come il grande boom economico. In quegli anni incredibili e irripetibili, l’Italia passò nel giro di una manciata di anni, da essere un paese sostanzialmente agricolo e arretrato a diventare la sesta, settima, per pochi anni la quinta potenza economica mondiale.

Una foto storica del palio di Campagnatico

Nel giro di poco tempo, le persone si ritrovarono a vivere una vita completamente diversa da quella a cui erano abituate e a cui erano state preparate. La lavatrice, il frigorifero, la lavastoviglie, e poi la padrona indiscussa delle sale e dei soggiorni di allora e di oggi. La televisione.

Questa è una storia che tutti sanno ma è interessante e per certi aspetti divertente ricordarla. Il primo proprietario di un televisore in paese fu il compianto don Gino, prete storico e personalità rara di quegli anni felici a Campagnatico.

Pare che sistemasse la televisione sopra un pancale sugli scalini della canonica e che lì si radunassero decine di persone in stato di semi-venerazione per quel prodigio di tecnologia. Il varietà, il teatro, i monologhi di personaggi famosi e lontani divennero magicamente alla portata di tutti. Bastava un click, premere un bottone e la meraviglia aveva inizio.

Un’altra foto della storia del palio di Campagnatico

L’era digitale parte proprio da là, quando con la pressione di un dito si accede ad informazioni, intrattenimenti e immagini. Poi l’altra grande rivoluzione sociale, la diffusione dell’automobile, che cambiò per sempre il modo di vivere e di lavorare. Fece riconsiderare le distanze. Se prima andare a Grosseto, (a piedi i più poveri, in carrozza i pochi ricchi), era un viaggio da affrontare solo se davvero necessario e improcrastinabile, divenne un’abitudine, per molti quotidiana.

Per motivi legati al lavoro, ma anche semplicemente per andare a fare acquisti o addirittura per un giro alle giostre. Il mondo cambiò radicalmente e il palio divenne, oltre che competizione e sberleffo, un modo per fare memoria. Come per ogni festa e ogni ricorrenza, in quei giorni è come se il tempo si fermasse. La festa, come è giusto che sia, appunto per la funzione sociale che incarna, non cambia, anzi in qualche misura si oppone con riti sempre uguali e ripetuti al mondo che invece muta e si trasforma ad una velocità pazzesca e straniante.


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