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Dà del cialtrone al medico no vax, mamma a processo

Madre di un bimbo autistico era finita in un gruppo che metteva in correlazione la malattia con i vaccini e curava i bimbi con l’omeopatia
Una foto simbolo della giornata dell’Autismo

GROSSETO. Il 9 gennaio 2018 aveva scritto in un post pubblicato sulla propria bacheca di Facebook, quello che le era successo dopo essere finita tra le mamme no vax.

Il Covid ancora non esisteva e l’esperienza che una donna di Grosseto aveva avuto con l’esercito di donne che mettevano in correlazione il vaccino con l’autismo, lo aveva voluto raccontare ai suoi contatti.

Ma in un passaggio del post, diventato in pochi istanti virale, aveva utilizzato l’aggettivo “cialtrone” per indicare un medico toscano, che somministra costosissimi rimedi di dubbia efficacia ai bambini ai quali è stato diagnosticato l’autismo.

Bambini curati con l’elettrochoc e la molecola dei nazisti

Uno dei giorni più bui della vita della donna è arrivato nel 2014, quando a suo figlio è stato diagnosticato l’autismo.

«Non ne sapevo nulla di quella sindrome, mi crollò il mondo addosso – racconta – e così mi iscrissi ad alcuni gruppi di genitori che c’erano passati prima di me». In quei gruppi, la donna si trovò di fronte a un mondo del quale non aveva nemmeno mai ipotizzato l’esigenza.

«Persone che per prima cosa mettevano in correlazione il vaccino con l’autismo – dice – genitori disposti a portare i propri figli in Russia per sottoporli all’elettrochoc, medici, come quello che definii cialtrone, che affermavano di poter curare questa malattia con pratiche di dubbia valenza scientifica».

Ad esempio, utilizzando il Dmps, una molecola inventata dai nazisti che catturerebbe i metalli pesanti che sarebbero stati introdotti nell’organismo dei bambini appunto attraverso i vaccini o facendo un drenaggio con farmaci acquistati su Internet al costo di 500 euro al mese.

O ancora, come suggeriva il medico che ha denunciato la donna, attraverso la chelazione, una pratica che veniva utilizzata per i lavoratori delle miniere che si intossicavano ma che ha effetti collaterali gravissimi e che può portare alla morte. «Mi dissero di togliere tutti gli alimenti con il glutine e con il lattosio dalla dieta di mio figlio – ricorda – ma lui si innervosiva ancora di più. Anziché migliorare, peggiorava».

La donna, di tutte quelle pratiche a base di diete e integratori, si era stufata.

Scrisse quel post su Facebook che in pochi minuti divenne virale: le arrivarono 2694 like, 1194 commenti e 562 condivisioni. Insieme a minacce di morte, rivolte a lei e a suo figlio.

Uno dei post su Fb
Uno dei post su Fb

Fu intervistata dalle televisioni nazionali: non era quella certamente, la sua intenzione, ma riuscì ad attirare l’attenzione su un mondo che fino ad allora era rimasto in ombra.

«Mi ero stufata di alcune mamme che mi scrivevano in continuazione e mi chiamavano per convincermi a far curare mio figlio da quel medico – dice oggi – e da chi alla fine non accettava la diversità del proprio figlio: vedevo quei bambini sempre più chiusi, che peggioravano invece che migliorare e non ho potuto restare in silenzio».

«Medico cialtrone»: accusata di diffamazione

È stato proprio il dottore a denunciare la donna per quell’aggettivo, “cialtrone”, utilizzato nel post. «Per chiudere il processo mi ha chiesto un risarcimento di 3.000 euro e la massima diffusione di un post di scuse – racconta – Cosa che io non ho voluto fare. Preferisco arrivare al processo anche perché di quei post di scuse ne ho visti pubblicare diversi, e ancora oggi ritengo che quello che ho scritto in quel post, sia più che legittimo».

Difesa dall’avvocato Roberto Burzi, la donna a maggio dovrà presentarsi davanti al giudice: la sostituta procuratrice Anna Pensabene ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio e il processo per diffamazione sarà celebrato al tribunale di Grosseto.

Dopo anni di frequentazione di quei gruppi, la donna aveva deciso di tagliare con quelle che lei stessa, anche nel post, aveva definito “sette”.

«Per far assistere mio figlio nel migliore dei modi – dice – mi sono affidata alla Stella Maris a Calambrone, poi al centro autismo di Grosseto, che stava nascendo proprio quando fu diagnosticata la sindrome a mio figlio. L’autismo è una sindrome genetica, non è data dall’intossicazione a causa dei vaccini. Non si migliora con le cure omeopatiche, anzi».

L’impegno della donna, da quando suo figlio che oggi ha 9 anni, torna a casa da scuola, è un impegno massimo. «È un lavoro a tempo pieno stare accanto a un bambino autistico – dice – è difficile, ma se tornassi indietro rifarei esattamente la stessa cosa. Ci sono giuste terapie farmacologiche che servono per le comorbidità e ci sono ovviamente le terapie comportamentali che fanno sì che l’autismo non sia una tragedia. Ma bisogna seguire quello che dice la scienza. È l’unico sistema che può aiutare a migliorare questo tipo di condizione».

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