PAGANICO. Non hanno versato 160.543,15 euro d’Iva all’erario e nemmeno 86.421,05 euro di Ires, l’aliquota d’imposta sui redditi delle società. E, nel 2019, quando la società che guidavano è fallita, hanno distrutto o nascosto le scritture contabili obbligatorie.
Per questo Edoardo Lanfranchi, 32 anni romano, difeso dall’avvocato Alessio Fedi, è stato condannato dal giudice dell’udienza preliminare Adolfo Di Zenzo a due anni di reclusione, così come richiesto dal sostituto procuratore Carmine Nuzzo, alla fine del processo celebrato con il rito abbreviato, nel quale era imputato anche l’amministratore della società agricola della quale Lanfranchi era il legale rappresentante, Alessandro Fantacci, patrigno dell’uomo. La posizione di quest’ultimo, imputato per gli stessi reati, è stata stralciata.
Lanfranchi dovrà anche pagare le spese processuali oltre ad essere stato interdetto per due anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, oltre all’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione e l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria.
Prestanome del marito della madre
Nel 2019, quando la Oaks A.M. Srl ha dichiarato il fallimento, la guardia di finanza ha avviato un controllo fiscale nei confronti dell’azienda. Controllo dal quale è emerso che Lanfranchi era stato investito della carica di amministratore della società dal patrigno soltanto sulla carta.
Firmava i documenti e riceveva in cambio un compenso da 1.000 euro al mese. Ma di fatto, a gestire l’azienda, era Fantacci. Lanfranchi, ha spiegato al gip durante l’interrogatorio, ogni tanto lavorava come operaio in azienda, ma di quello che succedeva in ufficio non sapeva altro se non che quella, a detta del patrigno, sarebbe stata la soluzione ottimale per il bene delle famiglia.
Il trentaduenne però, sapeva di agire in qualità di prestanome e di ricevere denaro per questo, ma ad occuparsi di tutto era Fantacci.
Imposte non ancora recuperate
Le fiamme gialle hanno scoperto che nel 2016, la società aveva emesso (e riscosso) fatture per 770.215.63 euro senza però versare i 160.543, 15 euro d’Iva. La società, per quell’annualità però, aveva dichiarato elementi positivi per 186.587 euro. Cifra che non si avvicinava nemmeno a quanto incassato.
Poi c’era stato, per il periodo d’imposta 2017, l’omessa dichiarazione delle imposte dirette e dell’Irap, anche a fronte di una dichiarazione Iva in cui era stato indicato un volume d’affari di un milione di euro, Ma i militari della guardia di finanza hanno recuperato le 64 fatture emesse e riscosse durante quell’anno, per un totale di 1 milione e 198.623,95 euro.
A questo punto, avrebbero voluto ricostruire i costi sostenuti dall’azienda: ma questa operazione è stata impedita ai militari perché mancavano le scritture contabili. Delle quali Lanfranchi ha detto e ribadito di non esserne mai stato a conoscenza. Il calcolo fatto dalle fiamme gialle si ferma a 86.421,05 euro di Ires non versata.
Insieme all’avvocato Fedi, il trentaduenne ha deciso di presentare appello, soprattutto per quanto riguarda il reato di occultamento delle scritture contabili. La condanna per quel capo d’imputazione è quello che suscita le maggiori perplessità.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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