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«Condannate Adrian all’ergastolo»

Omicidio di Capalbio: la richiesta della sostituta procuratrice Valeria Lazzerini nei confronti di Luminita, che ha confessato di aver ucciso la moglie
Adrian Luminita è seduto accanto al suo avvocato, Paolo Malasoma
Adrian Luminita accanto al suo avvocato, Paolo Malasoma

CAPALBIO. «Si è consegnato perché non ha avuto alternative».

È cominciata così la requisitoria della sostituta procuratrice Valeria Lazzarini, conclusa più di due ore dopo. Adrian Luminita è seduto accanto al suo avvocato, Paolo Malasoma, circondato dagli agenti della polizia penitenziaria, che lo hanno accompagnato in tribunale dal carcere, dove è rinchiuso dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Ha aspettato così, immobile e a testa bassa, di conoscere il suo destino.

Omicidio volontario aggravato e il tentativo di occultamento del cadavere i reati contestati all’uomo, che ha confessato di aver ucciso la moglie. ,«Chiedo che Adrian Luminita venga condannato all’ergastolo, oltre all’interdizione dai pubblici uffici», ha concluso la sostituta procuratrice dopo due ore di discussione, prima di depositare la memoria.

La ricostruzione dell’orrore

Ha ripercorso momento dopo momento, la pm Lazzarini, l’orrore della morte di Elena Madalina Luminita, 32 anni, uccisa con 27 coltellate e poi data alle fiamme, nella dependance della villa di via della Speranza a Pescia Romana, dove la coppia viveva.

Parecchie ferite da arma da taglio e da punta e numerose bruciature: è questa l’immagine che i carabinieri della compagnia di Orbetello e gli uomini del nucleo investigativo si sono trovati davanti quando sono entrati nell’appartamento.

La morte di Elena Madalina non era avvenuta la mattina dell’allarme lanciato dal marito, il 7 dicembre 2020, poco dopo le 7 del mattino. Ma risaliva a diverse ore prima. Al pomeriggio del giorno precedente.

La sostituta procuratrice Valeria Lazzarini
La sostituta procuratrice Valeria Lazzarini

Di fronte alla corte d’assise, presidente Adolfo Di Zenzo, giudice Laura Previti la pm ha passato i rassegna tutte le prove raccolte dai carabinieri, le analisi del ris e la consulenza del medico legale.

Le responsabilità di Adrian Luminita

Il giorno dell’omicidio, Adrian dopo aver ucciso la moglie, avrebbe dato fuoco a Elena Madalina. Non avrebbe tentato il suicidio, come sostenuto dalla difesa dell’uomo.

Uccisa a coltellate, poi cosparsa di benzina.

«Ma quando ha appiccato il fuoco – ha detto la pm Lazzarini – per distruggere il cadavere, le fiamme lo hanno raggiunto. È corso dove c’era l’acqua per spegnere il fuoco. Il suo piano di distruggere il cadavere della moglie non era riuscito». Per questo, per attenuare le proprie responsabilità, secondo la sostituta procuratrice Adrian Luminita avrebbe inscenato la lite furibonda, spaccando tutto quello che c’era nell’appartamento.

Lo confermerebbe la presenza di un frammento di ceramica nell’occhio della vittima. Frammento che sarebbe stato messo dopo la morte della donna.

E anche la consegna ai carabinieri dell’uomo non sarebbe stata così spontanea.

«Più volte, durante il processo, la difesa ha sostenuto che Adrian sarebbe potuto scappare – ha sostenuto la pm- ma aveva ustioni di terzo grado addosso e non poteva quindi fuggire. Non aveva alcuna altra possibilità».

Dopo l’arresto Luminita era stato interrogato all’ospedale dove aveva sostenuto che era stata Elena Madalina a tentare di accoltellarlo.

«Durante l’esame un aula – aggiunge – ha detto di aver ucciso la moglie con numerose coltellate. Poi ha inscenato la pantomima del marito folle che voleva uccidersi accanto al cadavere della moglie».

Dolo d’impeto. È questo che ha sostenuto la sostituta procuratrice.

Dolo d’impeto che prevede tutte le aggravanti dell’omicidio: Elena Madalina e Adrian erano sposati, l’uomo l’ha uccisa in un luogo isolato, dove nessuno potesse sentire le sue grida d’aiuto. «Ha agito con crudeltà – ha sostenuto poi la pm – l’azione compiuta da Adrian è andata oltre l’omicidio della moglie, uccisa con 28 coltellate».

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