Capecchi (Cia): «Produrre sì, ma a che prezzo?» | MaremmaOggi Skip to content

Capecchi (Cia): «Produrre sì, ma a che prezzo?»

il presidente di Cia-Grosseto: «Impossibile coltivare altra terra se non c’è reddito per l’imprenditore» 

GROSSETO. Sulla possibilità di coltivare circa 1 milione di ettari aggiuntivi di terreno per produrre mais, grano duro e tenero, serve fare chiarezza e puntualizzare alcuni aspetti. per non creare ulteriore confusione. A sostenerlo è la Cia – Confederazione italiana agricoltori di Grosseto, per voce del presidente, Claudio Capecchi.

«Pur guardando con favore all’impegno preso per difendere la sovranità alimentare e rendere l’Europa meno dipendente dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo – spiega Capecchi . una tale iniziativa, che comunque vale per quest’anno, potrebbe avere un senso solo se all’imprenditore agricolo sarà garantito un prezzo di vendita congruo per continuare a sopravvivere».

«la stragrande maggioranza dei terreni tolti alla coltivazione – ricorda Capecchi – sono la conseguenza non solo degli obblighi comunitari ma quasi sempre perché non c’è un margine di reddito. In altre parole, non vi è alcun guadagno nel coltivarli. Oggi i costi di produzione sono sproporzionati rispetto a quanto rimane all’agricoltore. Per questo, seppur a malincuore, conviene lasciarli incolti».

Costi su costi

Secondo lo studio del Crea – Cosiglio per la ricerca in agricoltura,  infatti, si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio

«È fuori discussione che i prezzi di alcune coltivazioni abbiano fatto un balzo in avanti – spiega Capecchi – ma il vero rischio è che, al momento della raccolta, i nostri prodotti vengano venduti a un prezzo talmente basso da non poter coprire le spese vive. Ogni decisione che consenta al mondo agricolo di lavorare e che tuteli il consumatore è benvenuta, ma non può prescindere dalla sostenibilità economica delle aziende. Per essere più espliciti vale la pena ricordare che nel 2021, per coltivare un ettaro di grano, l’agricoltore ha dovuto investire circa 400 euro in più rispetto al 2020», conclude Capecchi

I settori in difficoltà

Ad essere maggiormente in difficoltà sono le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, con inevitabili conseguenze anche sulla zootecnia. Ma più in generale a soffrire sono tutti i settori, da quelli dell’indotto all’industriale, a causa dell’incertezza dei prezzi di acquisto, con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato, la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli che si ripercuotono negativamente sulle catene agroalimentari.

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«Per questi motivi – puntualizza Capecchi- ogni intervento e ogni proposta, per essere credibile e fattibile, deve ridurre e gestire i rischi associati alle incertezze dei prezzi dei prodotti alimentari e delle materie prime agricole, senza che vengano alterate le leggi di mercato.

«Abbiamo bisogno di una programmazione politica coraggiosa e coerente, che sappia tutelare i consumatori e chi lavora in agricoltura, che sia in grado di fermare le speculazioni, che sappia gestire i dirompenti eventi internazionali e che sia capace di trovare soluzioni a criticità che caratterizzano il settore primario, come la siccità e la carenza di acqua e, nel caso di maltempo, le esondazioni e gli allagamenti», conclude Capecchi.

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