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Bancarotta da 15 milioni, condannato Pincione

Confermati tre anni di reclusione per l’ex presidente del Grosseto calcio: la sentenza della Corte d’Appello de L’ Aquila per il crac del Pescara calcio
L’ex presidente del Grosseto Massimiliano Pincione

GROSSETO. A Grosseto, Massimiliano Pincione è a processo per diffamazione. Per aver offeso la città, quando il divorzio con la società biancorossa era praticamente già stato consumato. Ma i guai giudiziari maggiori, l’ex patron biancorosso, li ha dovuti affrontare a L’Aquila.

Dove, la Corte d’Appello ha confermato la condanna a tre anni di reclusione per la bancarotta del Pescara calcio. 

Un crac da 15 milioni di euro. Pincione era accusato di aver distratto 190mila euro

Crac del Pescara, condanna confermata

I giudici della Corte d’Appello de L’ Aquila quindi, hanno confermato la sentenza di condanna del tribunale di Pescara: «Sentenza assolutamente corretta – scrivono – ed
argomentata in maniera ineccepibile».

E spiegano la questione dei 190mila euro intascati da Pincione: «È emerso in maniera incontestabile – scrivono i giudici – come Pincione, quale presidente del consiglio di amministrazione del Pescara Calcio, che nel giugno del 2007 vantava un credito nei confronti della Lega Calcio di 200mila euro, in data 29 giugno 2007 dette disposizione alla Lega di effettuare il pagamento su un conto della Pescara Calcio, disponendo poi, il successivo 11 luglio 2007, il bonifico della somma di 190 mila euro, in favore della società inglese “Camilla” ltd di cui lo stesso Pincione aveva l’autorizzazione ad operare sul conto».

Un’operazione che fu registrata come “crediti diversi” e che non presentava alcuna giustificazione. Non c’era, inoltre, alcuna documentazione che la sostenesse. Gli avvocati dell’ex presidente del Grosseto, avevano spiegato, durante il processo, che quei soldi erano stati versati alla società per rintracciare finanziamenti all’estero per la Pescara Calcio «in crisi di liquidità».

Tesi, questa, che non ha fatto cambiare idea ai giudici della Corte d’appello: per loro la distrazione si è consumata e da qui anche il reato di bancarotta fraudolenta.

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