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Appicca il fuoco nel giardino del babbo: condannato

L’uomo, affetto da parziale vizio di mente, per anni ha maltratto il genitore per farsi consegnare soldi. Dovrà anche seguire un percorso di riabilitazione
Il tribunale di Grosseto

GROSSETO. Una vita trasformata in un calvario. Tanto da spingere un uomo di 64 anni, babbo di un 37enne, a denunciarlo. Minacce, aggressioni, botte che sono andate avanti per anni. «Una triste vicenda familiare», l’ha definita il giudice Andrea Stramenga, che ha condannato il trentasettenne a 3 anni e 4 mesi di reclusione oltre al pagamento di 1.400 euro di multa, delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere. 

All’uomo è stata applicata anche la libertà vigilata per un anno, una volta scontata la pena, con l’obbligo di frequentare un percorso di riabilitazione. Perché durante il processo, celebrato con il rito abbreviato, è emerso che il 37enne è affetto da parziale vizio di mente

Anni di maltrattamenti

Il 37enne era già stato condannato altre due volte dal tribunale di Grosseto ed era stato dichiarato interdetto da quello civile di Siena. Perché per anni, ha maltrattato il padre, minacciando di distruggere la sua abitazione, picchiandolo e vessandolo in tutti i modi. 

I carabinieri più volte sono dovuti intervenire: quando l’uomo, dopo aver tagliato le gomme dell’auto del padre lo aveva messo al muro puntandogli un tubo di ferro alla gola. Dicendogli che se non gli avesse dato le chiavi dell’auto, lo avrebbe ammazzato. 

Quando i carabinieri arrivarono nell’abitazione, il 37enne spinse davanti a loro il padre per terra. 

Continue richieste di soldi

Difeso dall’avvocato Sara Fé, il 37enne era stato riaccolto dal padre nella sua abitazione, nonostante la contrarietà dei suoi parenti che erano preoccupati che potesse continuare a picchiarlo. Per qualche tempo, la situazione sembrava essere cambiata. Poi però i soprusi erano ricominciati, dopo che il 37enne, aveva spiegato il padre ai carabinieri, aveva conosciuto una ragazza. 

In una di queste occasioni, per costringere il padre a dargli dei soldi, aveva appiccato le fiamme nel giardino di casa. «Ciò che emerge dal racconto del padre – scrive il giudice Stramenga – è la trama di un vissuto mortificante, intessuto di continue umiliazioni, tensioni e minacce, richieste di denaro che si traducevano inevitabilmente in un vissuto familiare distorto, incapace di assicurare quella serenità e senso di protezione che dovrebbero essere naturali all’interno della famiglia». 

Accusato anche di estorsione, l’uomo durante l’interrogatorio aveva detto di aver chiesto soldi al padre perché voleva fare la spesa, ma il suo tutore non gli aveva risposto al telefono, se non alle 20. 

La perizia psichiatrica non esclude la volontarietà

La perizia psichiatrica alla quale l’uomo era stato sottoposto ha specificato che il 37enne non era totalmente incapace di intendere e volere. Conclusioni, queste, che non sono in contrasto con la decisione del tribunale civile di affidarlo a un tutore: l’uomo non è stato ritenuto in grado di gestire il proprio patrimonio. Incapace di compiere anche semplici operazioni matematiche, il 37enne non si sarebbe potuto difendere da chi avesse voluto approfittarsi di lui. 

«Ma questo non significa  – scrive il giudice Andrea Stramenga – una incapacità totale di intendere la natura illecita delle proprie azioni e di decidere quindi se compierle o meno». 

 

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