Pasqua: allevamenti in crisi, ma in 4 su 10 mangiamo agnello | MaremmaOggi Skip to content

Pasqua: allevamenti in crisi, ma in 4 su 10 mangiamo agnello

Il problema è che il 55% della carne sui banchi è di origine straniera. Coldiretti: «Meglio scegliere quella nostra, sinonimo di qualità»
Due agnellini
Due agnellini

GROSSETO. Quasi quattro grossetani su 10 (39%) porteranno carne di agnello a tavola a Pasqua per rispettare le tradizioni ma sostenere anche la sopravvivenza di 640 allevamenti di ovini da carne duramente colpiti dai rincari dei costi di produzione legati alla guerra in Ucraina.

È quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixé in occasione dell’avvicinarsi della ricorrenza durante la quale si acquista gran parte dei circa 1,5 chili di carne di agnello consumati a testa durante tutto l’anno.

Una tradizione che aiuta a contrastare lo spopolamento delle aree interne e più marginali con gli allevamenti che devono fare i conti con la presenza fuori controllo dei predatori colpevoli delle quotidiane mattanze da una parte, e dei rincari delle materie prime dall’altra con un calo dei redditi stimato in oltre il 50% secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea.

Una situazione che sta mettendo a rischio un mestiere ricco di tradizione molto duro che garantisce la salvaguardia delle razze a vantaggio della biodiversità e che si prende cura di 140 mila capi nelle sole stalle della maremma tra ovini e caprini anche attraverso tradizioni millenarie come la transumanza proclamata patrimonio culturale immateriale dell’umanità l’11 dicembre 2019.

Filippi: una stalla su 10 non riesce a far fronte alle spese

«Una stalla su dieci si trova nell’incapacità di far fronte alle spese necessarie per attivare il processo produttivo – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista occupazionale, sociale, ambientale ed economico per i territori».

«Sono costretti a scegliere se pagare le bollette della luce oppure se dare da mangiare al bestiame con i mangimi che hanno subito aumenti fino al 129%. La sopravvivenza della nostra pastorizia è appena ad un filo. A sfiancare le stalle c’è poi l’irrisolta emergenza predatori. In Maremma  oggi non ci sono strumenti normativi a tutela delle stalle se non indennizzi e recinzioni che non possono essere la soluzione».

«Il lupo è una specie protetta: è un principio che non abbiamo intenzione di mettere in discussione. Ciò che chiediamo è di intervenire per ridurre la popolazione ormai fuori controllo di canidi ed ibridi che dominano nelle nostre campagne e fanno razzie negli allevamenti. L’obiettivo è quello di ottenere un impegno preciso da parte della politica per consentire la modifica della legislazione nazionale in materia. Altrimenti tutto è inutile».

Tra coloro che non rinunciano all’agnello, il 24% acquisterà quello Made in Italy e un altro 9% lo andrà addirittura a comperare direttamente dal produttore per avere la garanzia dell’origine, mentre solo un 7% non si curerà della provenienza di quel che metterà nel piatto, secondo Coldiretti/Ixé.

«Per evitare rischi e portare in tavola qualità al giusto prezzo il suggerimento – spiega Milena Sanna, direttore Coldiretti Grosseto – è quello di preferire carne di agnello a denominazione di origine, quella garantita da marchi di provenienza territoriale come l’Igp, o di rivolgersi direttamente ai pastori, quando è possibile».

In una situazione in cui oltre un agnello su due (55%) presente nei banchi frigo per Pasqua è di origine straniera il pericolo è, infatti, di mettere nel piatto carne spacciata per italiana che non rispetta gli stessi standard qualitativi di quella nazionale, secondo un’indagine dei Consorzi di Tutela delle tre Igp Agnello del Centro Italia, Agnello di Sardegna, Abbacchio Romano.

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