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Turismo: «Una linea comune per far crescere il territorio»

L’architetto David Fantini che, tra gli altri, ha progettato il Teatro delle rocce, interviene nel dibattito e propone una strategia che tenga conto dell’identità del territorio per attrarre visitatori tutto l’anno
L’architetto David Fantini
di Davide Fantini
FOLLONICA. Il turismo è una brutta bestia, soprattutto se non si guarda nel verso giusto. Il turismo è prima di tutto un patto sociale tra parti (imprenditori, amministratori, operatori, professionisti, politici, cittadini tutti), senza il quale non si fa turismo: perché essere attrattivi vuol dire, innanzitutto, essere generosi e coordinati.
Il turismo necessita di essere riconoscibili (attraverso un piatto, un prodotto artigianale, un luogo): ma per fare questo, quella scelta deve essere condivisa e proposta come un mantra (le iniziative non condivise da tutti, o almeno da molti, non portano risultati).
Il turismo chiede una città innovativa e riconoscibile.

Riconoscibilità al primo posto

Qualche esempio a caso e banale: bene la città della ghisa, ma allora la città deve avere arredi in ghisa, gadget di ghisa, installazioni di ghisa, e l’area deve essere vissuta, con attività, residenze, spazi verdi. Il fine settimana di gennaio si va lì, a vedere la città della ghisa!
Bene il carnevale, ma allora deve essere la città del carnevale, con installazioni in tutta la città, tutto l’anno, attaccati alle facciate, nei parchi, sulla spiaggia: il fine settimana di aprile si va lì, a vedere la città del carnevale!
Bene i parchi minerari, ma allora il territorio deve parlare di miniera, gli oggetti della miniera devono essere nei bar, nei ristoranti, nelle piazze: il fine settimana di dicembre si va lì, a vedere le miniere!
Bene la ciclabilità, ma allora le piste ciclabili devono essere segnalate, con app, con cartelli, con colori, e infrastrutturare tutto il territorio, dalla città ai parchi, dalle sponde dei torrenti, al mare, dalle cantine agli stabilimenti balneari: il fine settimana di marzo si va lì, in bici, a vedere le rocche, le pinete, il mare, passando per l’azienda agricola!
Bene la città del vino, ma allora i vini locali devono essere in ogni locale, proposti ed indicato il luogo dove andare a degustarli, senza cedere a vini altri (chi vuole un vino internazionale lo trova in ogni locale del mondo, non viene in Maremma per bere il vino della Langhe o francese): il fine settimana di ottobre si va lì, a vedere la vendemmia! Ecc, ecc, ecc.

 

O tutti insieme o si perde

Se queste sono le scelte poi devono seguire i fatti degli operatori (che non hanno grandi prospettive, se continuano a muoversi individualmente, nelle attuali dinamiche del turismo), dei politici, che devono proporre una visione a 360 gradi sull’idea di città e territorio che hanno in testa (evitando di discutere su temi puntuali, poco significativi se tolti da una visione generale), e poi tutti agire di conseguenza, proposta per proposta, atto per atto, scelta per scelta, in modo condiviso e formativo, da comunità.
Tutto non ci sta nel turismo: o si promuove la mobilità dolce o il traffico; o i parcheggi o il verde; o i fondi commerciali o i fondi trasformati in seconde case; o il prodotto tipico del territorio o i prodotti internazionali; o il vino della zona o i frigoriferi a vista con la coca cola; o il tagliere con i salumi e o formaggi locali, spiegando il produttore, dove è, come andare a visitare l’azienda, o i prodotti del supermercato; o le villette o edifici urbani e spazi pubblici; o luoghi inclusivi accessibili a tutti, o spazi per pochi, che si parlano addosso, senza diffondere e fare permeare l’identità di un luogo, ecc.
Ogni scelta è ovviamente legittima, basta essere coscienti delle conseguenze e chiari nelle strategie, che non sono sovrapponibili.

 

Le iniziative frammentate non pagano

Insomma, o troviamo una linea comune, strategica, che coinvolga tutte le forme di turismo (dal camping al resort, passando per l’agriturismo, il glamping, le aree di sosta, gli ostelli, da quello culturale a quello popolare, da quello di lusso a quello per gli studenti, dalla spiaggia libera con servizi adeguati, a strutture sul mare che guardano alle spalle, dai ristoranti del territorio a bar tipici, ecc), o continuiamo con un’offerta troppo spesso caratterizzata da iniziative frammentate, a comparti stagno, per pochi, poco inclusive, poco sentite dai cittadini, che ci porterà in un relitto di seconde case, un non luogo senza grandi prospettive per i nostri figli.
Non siamo e non possiamo (per dimensioni fisiche) proporre modelli tipo Adriatico o Versilia (tra l’altro in profonda crisi).
Non possiamo distruggere una scogliera naturale per un po’ di spiaggia (non per l’ambiente, ma per la perdita del vero valore, ossia la bellezza del luogo, che attrae gli utenti).
Non possiamo innalzare le soffolte per qualche mareggiata: le mareggiate sono attrattive, creano viste uniche, attraggono turisti curiosi, sulle mareggiate si fa turismo.
Le scogliere alte non fanno vedere il tramonto, non fanno vedere il golfo, deturpano la vista, unica attrazione che possiamo vendere.
Il turismo vero vive senza sole, quando piove, molti mesi all’anno: cerca tipicità, servizi, qualità e non vuole usare l’automobile.
Ps. Faccio notare che i giovani tendono a prendere con calma la patente, usano le app, girano il mondo in treno, in aereo, in bici (in Europa non esistono in pratica i motorini).
Sono i turisti di domani mattina: siamo pronti?

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