Sparò e uccise 18 piccioni, respinto il ricorso | MaremmaOggi Skip to content

Sparò e uccise 18 piccioni, respinto il ricorso

Gli animali protetti erano in mezzo a uno stormo di colombi: il cacciatore aveva fatto fuoco, non gli aveva visti
Un esemplare di piccione selvatico
Un esemplare di piccione selvatico

GROSSETO. Il piccione selvatico (columbia livia livia) è l’antenato di quello domestico. È una specie protetta e per questo non può essere cacciato. Un cacciatore di Scansano, che oggi ha 76 anni, lo sapeva bene. Ma quando imbracciò la doppietta e fece fuoco contro uno stormo di colombi, non si accorse che insieme ai volatili che possono essere cacciati c’erano alcuni esemplari di quelli proibiti.

Condannato a risarcire la Lac

Una guardia venatoria volontaria, che fa parte della Lac, la Lega anti caccia, era poco lontana dal cacciatore. Era il 29 settembre 2018, e il settantaseienne aveva scelto un terreno a Pian di Barca per andare a caccia. La guardia lo vide abbattere uno dei piccioni selvatici, accertando poi che nel carniere ne aveva 18 esemplari, quelli che lo scansanese aveva spiegato aver colpito per sbaglio, in mezzo allo stormo di colombi contro il quale aveva mirato.

Difeso dall’avvocata Francesca Carnicelli, l’uomo è stato processato e condannato a una pena di 600 euro di ammenda con la sospensione condizionale subordinata però al risarcimento del danno liquidato alla parte civile, ovvero alla Lac, di 1000 euro.

L’anziano, pensionato che vive con la moglie, ha presentato ricorso in Cassazione contro quella sentenza di condanna emessa dal tribunale di Grosseto.

Ricorso che è stato respinto dai giudici Anna Petruzzelis (presidente) e Fabio Zunica (relatore), su richiesta del sostituto procuratore generale Pietro Molino.

L’avvocata Carnicelli aveva sollevato tre motivi di ricorso. Il cacciatore, quel giorno, era convinto di aver mirato a uno stormo di colombi e non aveva visto che in mezzo c’erano anche i piccioni selvatici. La presenza dei volatili proibiti – aveva spiegato l’esperto cacciatore – era remota in quella situazione. Il secondo motivo riguardava invece il fatto che – stando al ricorso – il giudice di primo grado non avrebbe motivato perché l’abbattimento di quegli uccelli avrebbe creato pregiudizio all’attività svolta dalla Lac che si era rivalsa sul cacciatore lamentando esborsi finanziari e danno di immagine. Inoltre, non sarebbero state valutate le condizioni economiche dell’imputato, che per ottenere la sospensione della pena dovrà pagare mille euro alla Lac.

I giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso: secondo loro, essendo un cacciatore esperto, non aveva preso le dovute cautele per salvaguardare animali di una specie protetta.

 

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