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Sanitari non vaccinati, respinto il ricorso

La prima ordinanza del giudice del lavoro del tribunale di Grosseto: «Per essere esenti dall’obbligo vaccinale serve la certificazione medica»
L'ingresso del tribunale

GROSSETO. Era attesa da qualche settimana e poco prima delle 9 di giovedì 13 gennaio è stata emessa la prima ordinanza  del tribunale di Grosseto sul ricorso presentato da un’operatrice sanitaria di 43 anni che lavora in una residenza sanitaria assistita di Grosseto: il giudice Giuseppe Grosso ha respinto il ricorso e ha condannato la donna al pagamento della metà delle spese di lite: 1.095 euro ciascuno, all’Asl e alla cooperativa Uscita di Sicurezza.

Sospesa e senza stipendio

La donna, che ha una qualifica di operatrice sanitaria, è una di quelle lavoratrici per le quali è obbligatoria la vaccinazione contro il Covid-19. Dipendente della cooperativa Uscita di Sicurezza, la donna era stata sospesa dal lavoro e dalla retribuzione dopo che l’Asl aveva inviato alla cooperativa, rappresentata in tribunale dall’avvocato Roberto Bottoni, la lettera con la quale veniva accertato lo stato di non vaccinata della donna.

La lavoratrice ha presentato ricorso appellandosi a contrasti tra la normativa nazionale che prevede l’obbligo della vaccinazione e i principi costituzionali ed europei in tema di libertà di autodeterminazione, oltre al fatto che la vaccinazione, indicata in alcune parti del ricorso come «sperimentale», ne renderebbe impossibile il bilanciamento rispetto all’interesse generale.

Anche l’Asl si è costituita contro il ricorso presentato dalla donna, che era assistita dall’avvocato Paolo Serra.

 

Vaccino indispensabile per continuare a lavorare

Secondo il giudice Giuseppe Grosso, «la disciplina in esame sancisce quindi l’obbligo vaccinale per le categorie di lavoratori ivi indicate, con un unico motivo di esenzione costituito dall’accertato pericolo per la salute – si legge nell’ordinanza – in relazione a specifiche condizioni cliniche attestate dal medico». Motivi di esenzione che la donna non aveva e che non avrebbe potuto dimostrare in tribunale.

All’Asl infatti, quando è stato chiesto alla lavoratrice di presentare documentazione che dimostrasse che la donna non poteva sottoporsi alla vaccinazione per motivi di salute, ha risposto «con una memoria contenente l’espressione di dubbi personali circa la vaccinazione, con la richiesta di essere sottoposta a una serie di esami clinici e con l’invito di rispondere rivolto all’azienda, a una serie di quesiti formulati dalla lavoratrice utili a suo dire a decidere se acconsentire o no alla vaccinazione».

Una memoria che secondo il giudice non può sostituire la certificazione del medico che stabilisca che la paziente non può essere vaccinata per motivi di salute.

C’è poi la questione del contrasto tra l’obbligo vaccinale e la norma costituzionale: «Nel nostro ordinamento la vaccinazione obbligatoria esiste già – scrive il giudice Giuseppe Grosso – attualmente disciplinato dal D.L. 7 giugno 2017 n.73, conv. dalla L.31 luglio 2017, n.119, che prevede l’obbligo di somministrazione di dieci vaccini, come requisito per l’iscrizione alla frequenza dei corsi scolastici».

Tutela della salute: è su questo principio che si basa la Costituzione. «L’obbligo vaccinale imposto ai sanitari – spiega ancora il giudice nell’ordinanza – non si fonda solamente sulla relazione di cura e fiducia che li lega ai pazienti, bensì scaturisce da un più generale dovere di solidarietà imposto a tutti i cittadini verso gli individui più fragili ovvero coloro che rischiano la vita a causa del virus Covid – 19».  E si spinge anche oltre: «Per contro – scrive il giudice del lavoro del tribunale di Grosseto – l’intransigente rivendicazione dell’indisponibilità del diritto individuale alla salute, declinato nel caso specifico del rifiuto individuale di vaccinarsi a fronte di una pandemia, rischia non solo di compromettere la stessa sopravvivenza del suo titolare (come la cronaca di questi mesi ha ricordato più volte essere avvenuto), ma anche e soprattutto di mettere a repentaglio la salute della collettività».

C’è poi la questione sull’efficacia della vaccinazione per rallentare la pandemia, sulla quale si sofferma il giudice, facendo proprie le parole di una recente sentenza del Consiglio di stato proprio su questo tema.

 

 

 

 

 

 

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