Raffaele Ferioli, cresciuto a Istia e volato Grifone | MaremmaOggi Skip to content

Raffaele Ferioli, cresciuto a Istia e volato Grifone

Il 30 giugno, dopo aver vestito la casacca biancorossa per 5 anni, Ferioli ha salutato il Grifone, ma il sogno non finisce qui, anche se i piedi rimangono sempre ben saldi a terra
Raffaele Ferioli

GROSSETO. «Il Grifone è stato la mia serie A. Questo lo grido e lo griderò sempre». L’uscita al limite dell’area di Raffaele Ferioli è lampante, emozionante, un cofanetto di perle, che si riflette nei suoi occhi illuminandogli il volto. E l’anima. Quella del portiere e del maestro amalgamate in un solo spirito.

Il 30 giugno, dopo aver vestito la casacca biancorossa per 5 anni, Ferioli ha salutato il Grifone.

I ricordi indelebili del portiere

«È giusto così. Dopo un inizio c’è sempre una fine – racconta l’ex biancorosso – Così io e il Grosseto abbiamo intrapreso strade diverse. Sono scelte, non vanno giustificate, non mi interessa aggiungere altro».

Raffaele Ferioli

Girandosi indietro Raffaele vede due campionati vinti. Li tocca delicatamente avvolgendoli nella carta dorata dei ricordi: «Se sono arrivato a frequentare il master federale e ad essere un allenatore professionista (ha l’abilitazione ad allenare fino alla serie A ndr) lo devo alla famiglia Ceri -dice Ferioli – Il viaggio iniziato sul campo di Istia d’Ombrone con la Juniores del Roselle è diventato via via un fiume in piena ricco di soddisfazione e maturazione. Intorno i tifosi. Devo ringraziare la curva, che mi ha coccolato e protetto, tutta la gente. Impossibile dimenticare come chiamavano il mio nome quando entravo in campo prima della gara, i bambini che mi guardavano e sorridevano. Di questo vado pienamente fiero e felice. Ma il calcio è una macchina diabolica, non facile da guidare».

Il futuro?

«Appunto, è questo l’incrocio reale. Preciso subito che le priorità sono tutte rivolte a mio figlio – dice Ferioli – ed è un lato insindacabile. Sono stato interpellato da 2 società di serie D, due di C ma ho preso tempo. Quella che mi interessava era quella del Chiasso (Promotion League svizzera). Dopo nove giorni di ritiro non abbiamo trovato l’accordo e, nel frattempo, si erano dissolte le altre possibilità. In pratica mi sono trovato nel posto giusto al momento sbagliato. Succede nella vita, accade anche nel calcio, sono state richieste con i tempi non giusti – prosegue – L’ultimo tassello non si è incastrato nel puzzle generale. Quello che ho apprezzato è stato capire che il mio nome è conosciuto e apprezzato, continuerò ad aggiornarmi attendendo la chiamata giusta. Quando la passione diventa lavoro si apre il cielo ed è entusiasmante. L’importante è continuare a sognare mantenendo i piedi ben piantati in terra guardando il rendimento dei miei giovani portieri».

Un aneddoto?

«La sera dell’amichevole Grosseto – Napoli, diventata famosa per il tunnel di mio padre Gino a Maradona – ricorda lo sportivo – ero un raccattapalle. Chiesi al fuoriclasse una foto. Quando capì di chi ero figlio rispose di no».

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