Punti sul viso e 22 giorni di prognosi per l'infermiera picchiata | MaremmaOggi Skip to content

Punti sul viso e 22 giorni di prognosi per l’infermiera picchiata

La denuncia del sindacato: «Non c’è più il posto fisso di polizia. Domenica abbiamo chiamato, ma non è venuto nessuno»
L'ingresso del pronto soccorso di Grosseto
L’ingresso del pronto soccorso di Grosseto

GROSSETO. Il Nursing Up, sindacato degli infermieri, torna sull’aggressione avvenuta al pronto soccorso domenica mattina, quando un’infermiera è stata presa a pugni in faccia da un uomo portato in pronto soccorso considerato un soggetto a rischio. Il problema è che, da tempo, all’ospedale non c’è più il posto fisso di polizia. E le guardie giurate hanno limiti di intervento. Così gli operatori sanitari sono, di fatto, lasciati a loro stessi.

«Domenica mattina – scrivono dalla segreteria territoriale Nursing Up Asl  Toscana Sud Est – è accaduto l’ennesimo episodio di aggressione al pronto soccorso di Grosseto, questa volta a rimetterci è un’infermiera esperta del Dea (dipartimento emergenza e accettazione) che, nell’assistere un paziente senza fissa dimora e con precedenti reati a suo carico, è stata colpita con un pugno in pieno volto riportando un trauma cranico facciale e una ferita al volto poi assistita e medicata con punti di sutura alla bocca e dimessa con 22 (ventidue) giorni di prognosi».

«L’episodio ci lascia attoniti ed esterrefatti e come già altre volte in passato questo tipo di episodi rimangono notizia che crea scalpore al primo giorno, successivamente tutto passa in sordina e senza che l’amministrazione operi per la tutela di chi con sacrificio e dedizione nella cura del prossimo, rischia la propria salute, mentale e fisica».

Il Nursing Up: nessuno prende provvedimenti

«È inaccettabile, che, dopo segnalazioni su segnalazioni siamo ancora qui a dire le stesse cose senza che nessuno di parte amministrativa prenda provvedimenti seri per limitare queste situazioni, che diventano continuamente più frequenti. Pertanto, chiediamo che l’accaduto  venga preso seriamente in considerazione affinché non riaccada più».

«Entrando nello specifico, ci risulta che tale utente venisse assistito senza alcun controllo da parte delle forze dell’ordine nonostante, prima dell’increscioso evento, avesse mostrato segni di aggressività e fosse stato chiesto dal personale del pronto soccorso l’intervento delle forze dell’ordine, mai arrivate».

«Chiediamo come organizzazione sindacale che l’azienda si impegni a trovare una soluzione risolutiva sui percorsi dei pazienti violenti e che la cittadinanza e le forze dell’ordine si mostrano partecipi e determinanti nel difendere i cittadini da tali personaggi anche all’interno delle strutture ospedaliere, evitando di lasciare solo il personale sanitario a difendersi da tali eventi».

A supporto di quello che andiamo dichiarando mettiamo in evidenza le parole del nostro presidente nazionale Antonio De Palma che la segreteria territoriale Nursing Up Asl Toscana Sud Est e Nursing Up Toscana fanno proprie, consapevoli che tali situazioni non dovrebbero sussistere.

Detto questo facciamo i migliori auguri di pronta guarigione alla collega vittima di questa aggressione.

De Palma: la vita da incubo degli infermieri italiani

«Essere infermiere nel 2022, una vita da incubo! – dice Antonio De Palma, presidente nazionale Nursing Up – L’allarmante rapporto di otto università sul dilagare della piaga delle violenze ai danni degli operatori sanitari, con numeri evidenti in merito ai casi sommersi, deve farci indignare e allo stesso tempo riflettere».

«Le aggressioni sono figlie legittime di una “cultura distorta”, ma anche di disorganizzazione e carenze strutturali che pesano come macigni sulla nostra realtà di professionisti e madri e padri di famiglia. Non è affatto esagerato definirla come la vita da incubo degli infermieri italiani».

Numeri preoccupanti, percentuali drammatiche: il 32,3% degli infermieri, pari a circa 130mila professionisti, nell’ultimo anno, ha subito violenza durante i turni di lavoro, in particolare quelli notturni.

«Ben 125mila sono i casi sommersi, il 75% delle vittime sono donne. Questo significa che le nostre infermiere, le nostre sorelle, le nostre mogli, sono le vittime sacrificali di calci, pugni, spesso morsi, nonché minacce e intimidazioni psicologiche. Svegliarsi ogni mattina, in queste condizioni, e trovare la serenità di prendersi cura dei malati e dei soggetti fragili, diventa una impresa davvero difficile».

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