Omicidio di Capalbio, niente perizia psichiatrica | MaremmaOggi Skip to content

Omicidio di Capalbio, niente perizia psichiatrica

L’avvocato di Adrian Luminita ha chiesto l’accertamento: «Non era lucido al momento del fatto, la mia è una richiesta di giustizia»
Adrian e Madalina Luminita

CAPALBIO. Il giorno in cui Adrian Luminita uccise la moglie Elena Madalina con 27 coltellate, prima di appiccare le fiamme, aveva chiamato più volte il 118. Telefonate tutte andate a vuoto: a ogni tentativo, il quarantunenne aveva messo giù. «Non stavo bene, mi avevano dato degli psicofarmaci – ricorda – La mia mente ormai non funzionava più. Il telefono non prendeva la linea e Madalina era sul divano, era arrabbiata. Avevamo litigato perché io bevuto vino e vodka. Bevevo e stavo meglio, pensavo che con l’alcol sarebbe passato il mio malessere». La coppia aveva ricominciato a litigare, sempre per lo stesso motivo: Adrian voleva tornare in Romania, Madalina no. «Già nel 2012 eravamo stati là perché io stavo male – ha raccontato- mi hanno fatto un esorcismo tre preti e poi sono stato bene».

Questo era quello che aveva raccontato l’uomo durante l’ultima udienza, interrogato dalla sostituta procuratrice Valeria Lazzarini.

E mercoledì 29 giugno, nell’aula di assise del tribunale, l’avvocato Paolo Malasoma che difende l’imputato per omicidio volontario aggravato, ha chiesto l’ammissione alla perizia psichiatrica. Richiesta che non è stata però accolta: la corte, presieduta da Adolfo Di Zenzo (giudice Laura Previti) ha detto no.

La famiglia felice distrutta dal raptus omicida

«Un rapporto idilliaco quello che regnava nella coppia, era di esempio per gli altri».  Cita le testimonianze di amici e parenti dei coniugi, l’avvocato Malasoma, che difende Adrian Luminita. «Siamo in presenza di due persone felici che si amavano – aggiunge – non ci sono mai stato segni di vessazioni o violenza su Elena Madalina». 

Ci sono poi le condizioni soggettive di Adrian Luminita: due mesi prima, in Romania, l’uomo aveva detto ai parenti che si sarebbe rivolto a uno psichiatra e che aveva bisogno di prendere degli antidepressivi. Poi però era andato da uno psicologo che ovviamente non gli aveva prescritto quei farmaci. «Aveva paura di avere un tumore al pancreas – aggiunge l’avvocato- tanto che la moglie era andata dal medico a chiedere la prescrizione di un’ecografia».

A tutto questo si aggiunge poi il fatto che Luminita fosse troppo geloso. «Una gelosia morbosa», hanno detto alcuni testimoni sentiti durante il processo. Il 6 dicembre 2020, poi, l’uomo aveva anche bevuto molto. «Era dedito al bere – aggiunge l’avvocato – anche il medico gli aveva consigliato di smettere»..

L’orario della morte

«Elena Madalina è stata uccisa dopo le 17.30. Dopo che Adrian aveva chiamato il 118 perché stava male – dice Malasoma – Ha confessato l’omicidio della moglie e ha detto che lo ha fatto dopo le 17.30. Perché avrebbe dovuto mentire? Riceve l’ultima telefonata da un amico alle 17.30. Ci ha detto che lo aveva sentito normale: ma può un uomo che ha già ucciso la moglie un’ora prima, essere così “normale”? No, sarebbe un mostro. E Luminita non è un mostro».

Non era lucido, il 6 dicembre 2020, Adrian Luminita. Dopo l’omicidio, l’uomo ha spaccato tutto, si è cosparso di benzina, si è dato fuoco. «Cosa è successo nella sua mente? – si chiede difensore – Il mio cliente ha diritto di essere ammesso alla perizia psichiatrica. Perché la condanna dovrà essere giusta e dovrà tenere conto di tutto quello che era successo. La mattina dopo, all’ospedale, gli hanno rilevato un tasso alcolemico di poco inferiore a 1». Tasso che era sceso durante la notte: quando ha ucciso Elena Madalina, secondo il suo difensore, era ubriaco. 

«Una richiesta di giustizia – l’ha definita l’avvocato Malasoma – perché incide ovviamente sulla condanna. Adrian ha confessato l’omicidio, questo è pacifico, ma ha anche detto che i quel momento stava male, che non era lucido». 

Il no della pm

È stata irremovibile la sostituta procuratrice Valeria Lazzarini che si era già opposta in precedenza alla richiesta di perizia psichiatrica. Per la pm non ci sarebbe nemmeno il dubbio di una seminfermità dell’uomo. «Abbiamo prodotto tutte le cartelle sanitarie – dice la sostituta procuratrice Lazzarini- nelle quali era stato accertato uno stato di depressione. Non dormiva la notte, c’erano stati problemi, non uccideva animali: non sono questi elementi che ci possano portare ad ammettere che fosse incapace di intendere e volere».

Anche sull’ubriachezza, la sostituta procuratrice esprime le proprie perplessità. «Non era ubriaco quando è arrivato al pronto soccorso – dice – e anche se lo fosse stato, non è causa dell’esclusione della capacità di intendere e volere perché aveva bevuto volontariamente».

All’ospedale di Siena, Adrian Luminita era stato visitato da uno psichiatra che aveva prescritto una terapia di supporto, ritenuta necessaria dopo i terribili fatti successi nell’appartamento di Pescia Romana dove la coppia viveva. 

All’opposizione alla perizia psichiatrica della pubblica ministera, si è associato anche l’avvocato di parte civile Leonida Calvisi.  «Devono esserci delle ragioni per ammettere la perizia psichiatrica – spiega – ragioni come ad esempio documentazione medica. Documentazione che non c’è».

La decisione, quindi, è stata della corte, del presidente Adolfo Di Zenzo, della giudice Laura Previti e della giuria popolare. Dopo una breve camera di consiglio, è stata sciolta la riserva: la perizia non si farà. 

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