Maxi sequestro da 2 milioni, il riesame lo annulla | MaremmaOggi Skip to content

Maxi sequestro da 2 milioni, il riesame lo annulla

Due dei conti correnti congelati sono intestati a una società il cui legale rappresentante non è indagato: i motivi della decisione dei giudici
Il tribunale di Grosseto

FOLLONICA. La sezione per il riesame del tribunale di Grosseto ha sciolto la riserva: il maxi sequestro da 2 milioni di euro ordinato dal giudice per le indagini preliminari Marco Mezzaluna è stato annullato. Lo ha deciso il collegio composto da Adolfo Di Zenzo, presidente e dalle giudici Laura Previti e Ludovica Monachesi. 

A presentare appello al riesame erano stati gli avvocati Mara Renzetti e Carlo Valle. 

Le richieste della difesa

Il maxi sequestro era stato disposto nell’ambito di un’indagine della guardia di finanza per bancarotta fraudolenta, che riguarda cinque indagati. Due di loro, padre e figlia, sono accusati di aver distratto beni da una società di autotrasporti, la Centro trasporti srl di Follonica fallita nel 2018, per 400.000 euro. Il maxi sequestro era stato applicato nei loro confronti. 

Con il sequestro da due milioni di euro chiesto dal sostituto procuratore Carmine Nuzzo, erano stati bloccati due conti corrente di una società, nata prima della Centro trasporti, della quale il legale rappresentante non è indagato. L’imprenditrice finita nei guai con il padre, su uno dei due conti, ha solo una delega. 

Il tribunale del riesame ha confermato la fondatezza del sequestro, dal punto di vista cautelare, ma ne ha disposto l’annullamento. Durante l’udienza, il pm Nuzzo aveva presentato una memoria con la quale si opponeva alla richiesta di dissequestro. 

I giudici annullano il sequestro

I giudici hanno quindi annullato il sequestro di quei conti corrente: dagli atti dell’indagine che sono stati analizzati infatti, non emerge alcuna «probabilità di danno futuro, necessaria per confermarlo. 

«Inoltre – scrivono i giudici – è necessario che tra il bene oggetto della misura e il profitto illecito sussista un nesso di pertinenzialità; in relazione alla sussistenza di quest’ultimo nesso, deve rilevarsi come non sia emerso alcun elemento informativo che possa delineare la sussistenza della pertinenzialità dell’oggetto di sequestro consistito nei saldi attivi dei conti correnti bancari intestati o nella disponibilità degli indagati- rispetto al profitto illecito contestato».

Anche l’intenzione, addebitata agli indagati, di depauperare il loro patrimonio immobiliare, che è preesistente all’indagine della guardia di finanza, non è stata confermata, così come non c’è prova che l’attività di autotrasporti i cui conti erano stati sequestrati, proseguisse in qualche modo nel solco delle irregolarità contestate alla società fallita nel 2018. 

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