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L’Anpi si spacca sulla guerra in Ucraina

Un gruppo di compagne e compagni dell’Anpi prendono posizione contro il partigiano Nello Bracalari: no all’invio della armi
La guerra in Ucraina

GROSSETO. Il 22 marzo 1944, a Maiano Lavacchio, i fascisti trucidarono undici giovani, renitenti alla leva della Repubblica Sociale Italiana, colpevoli di rifiutarsi di imbracciare le armi in una guerra ingiusta come tutte le guerre. Nell’anniversario della strage, alcune compagne e compagni iscritti all’Anpi grossetana, hanno voluto prendere posizione per la pace e contro la guerra. Il pensiero dei compagni è infatti rivolto all’aggressione russa dell’Ucraina.

 

«La guerra nell’Europa di questo inizio 2022  – dicono – Silvano Brandi, Gilberto Capanni, Gian Piero Ciambotti, Beppe Corlito, Alessandro Giannetti, Lucio Niccolai, Graziano Poli e Mariangela Serra –  è un’evenienza drammatica, che sta producendo centinaia di morti, soprattutto civili, e migliaia di profughi. L’Anpi è sotto attacco per la ferma posizione assunta dalla presidenza nazionale, che – insieme alla Cgil e all’Arci – chiede di non inviare armi all’Ucraina, in applicazione dell’art. 11 della Costituzione italiana e in aperta divergenza con la posizione del governo italiano, del Parlamento senza distinzioni tra maggioranza e opposizione (salvo alcuni parlamentari) e dell’Unione Europea».

Necessaria l’attivazione dell’Onu

Il primo passo da fare, per le compagne e i compagni firmatari del documento, è la necessità di attivare le organizzazioni internazionali, in particolare l’Onu. Nell’ultima comunicazione al Parlamento, Draghi ha usato toni forti e preoccupanti nell’esporre la sua offerta di appoggio a Zelensky: «Di fronte ai massacri dobbiamo rispondere con gli aiuti, anche militari, alla resistenza».

La folla in piazza Sivieri alla manifestazione per l'Ucraina
La folla in piazza Sivieri alla manifestazione per l’Ucraina

Parole che molti analisti hanno interpretato come un preludio all’entrata in guerra dell’Italia in quanto paese membro della Nato.

 

«Intanto sono state diffuse indicazioni ai reparti scelti dell’esercito di prepararsi a entrare in azione – scrivono i firmatari –  La posizione dell’Anpi nazionale è chiara e incontrovertibile nella sua assoluta aderenza all’articolo 11 della Costituzione nata dalla Resistenza: non è con la guerra che si risolvono le
controversie internazionali. Purtroppo si sono manifestate divergenze interne».

A Grosseto, l’Anpi provinciale ha voluto ribadire la propria adesione alla posizione nazionale, prendendo le distanze da Nello Bracalari che si era espresso favorevolmente all’invio di armi. E nello stesso modo si era anche pronunciato il presidente nazionale emerito,  il partigiano Carlo Smuraglia.

 

«La questione della pace e della guerra va posta nella sua interezza: non si può essere per la pace senza essere contro la guerra. Non è una questione meramente terminologica, l’art.11 della Costituzione è chiaro: non dice che la Repubblica è per la pace, ma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali” e usa un termine forte e significativo come “ripudia”, frutto di una lunga discussione tra i costituenti – dicono – Occorre fare “l’analisi concreta della situazione concreta” e capire che la guerra ai confini orientali d’Europa, se non cessa immediatamente come auspichiamo, è destinata a dividere i popoli, le classi sociali, le famiglie e le stesse coscienze degli individui. Sta accadendo in queste ore».

L’analisi del conflitto

«Non siamo di fronte a un conflitto locale, ma al preludio di una guerra globale per la spartizione del mondo, il cui ordine instabile, nato dalla fine della guerra fredda, sta saltando. Il multilateralismo concorrenziale tra le superpotenze, che sono almeno tre (USA, Cina e Russia), insieme all’Unione Europea e ad alcune potenze regionali molto aggressive (Turchia e Israele), non è in grado di mantenere la pace nel mondo, anzi la concorrenza spietata, alimentata dalla globalizzazione selvaggia ispirata dal neo-liberismo, porta a contraddizioni esasperate e alla guerra – aggiungono i firmatari –  I nazionalismi all’opera sono ideologie del passato incapaci di risolvere i problemi del futuro del pianeta nell’epoca in cui le risorse si rivelano finite, in particolare quelle energetiche, di cui è ricca l’Ucraina. Non vi è dubbio che in Ucraina l’oligarchia russa di Putin (non il popolo russo) è l’aggressore, ma l’espansione della Nato ad est, senza porsi i problemi antichi della sicurezza russa, cioè la paura dell’accerchiamento, ha provocato continue frizioni negli ultimi trent’anni. E anche l’allargamento dell’UE a est, senza la definizione di una politica estera comune e di una difesa comune, ha portato più problemi di quanti ne abbia risolto».

Liudmilla, una delle manifestanti ucraine

La guerra non è interesse dei popoli, che da sempre sono chiamati dai potenti a farne le spese in termini di vite umane e di costi economici. In Italia i lavoratori e le loro famiglie stanno pagando i costi della guerra, ancora non dichiarata, a partire dall’aumento delle bollette fino alla riduzione dei servizi essenziali i cui fondi sono stati dirottati verso l’aumento delle spese militari (104 milioni di euro al giorno).

 

«Schierarsi a favore di uno o dell’altro contendente sulle spoglie dell’Ucraina è un errore clamoroso, mentre l’ipotesi di dichiarare l’Ucraina paese neutrale è un’opzione seria per una pace durevole – dicono ancora – Guardiamo il cuore dell’argomentazione interventista: Smuraglia sostiene che il popolo ucraino si sta difendendo da un’invasione con una resistenza paragonabile alla nostra contro l’occupazione tedesca, allora prendemmo le armi. Su questo non ci sono divergenze: dobbiamo supportare la resistenza ucraina e lavorare per la pace. Le due cose vanno insieme. Che poi la resistenza ucraina abbia problemi interni (in particolare le posizioni ultranazionaliste e quelle apertamente naziste di alcuni battaglioni integrati nell’esercito) è problema importante, ma tutto sommato secondario. Le cose cambiano se consideriamo l’invio delle armi: non è sostenibile il paragone storico, gli alleati anglo-americani lo fecero e aiutarono i partigiani italiani, di cui l’Anpi è erede, ma la situazione concreta è radicalmente diversa. Gli alleati erano in guerra contro la Germania nazista e il regime fascista, Italia e UE non sono in guerra con la Russia. Lo stesso Smuraglia si contraddice, quando afferma che non entrare in guerra è la linea invalicabile non considerando che mandare armi in Ucraina vuol dire essere belligeranti di fatto, è un’estensione del conflitto, non una politica di pace».

 

Secondo i firmatari del documento, i governanti stanno applicando con noi il principio della rana bollita: sotto il manto emotivo della giusta solidarietà verso il popolo ucraino «ci parlano di razionamenti, di allargamento del conflitto, di rischio di guerra mondiale – dicono – di rischio nucleare. In una parola ci stanno abituando un po’ per volta a essere in guerra. Noi riteniamo, concordemente all’Anpi nazionale, che sia piuttosto necessario e urgente un vasto movimento di massa per la pace e contro la guerra, che spezzi la catena del ricorso alle armi come unica soluzione – dice – Per questo sosteniamo e lavoriamo nel Comitato per la pace di Grosseto, assieme a tante associazioni del territorio e a tante persone comuni di buon senso e lungimiranza. Le divergenze nell’Anpi, che si definisce democratica e plurale, sono possibili e legittime, per tale ragione, i compagni che sottoscrivono questo documento esprimono la loro totale adesione alla posizione della Presidenza nazionale: no all’invio di armi e soldati in Ucraina, sì a interventi umanitari e diplomatici urgenti e improcrastinabili. Ci auguriamo che la discussione all’interno dell’imminente Congresso nazionale sarà in grado di dirimere fattivamente le divergenze su un tema così delicato e rilevante».

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