La Repubblica 78enne che ancora non è cresciuta | MaremmaOggi Skip to content

La Repubblica 78enne che ancora non è cresciuta

LA LETTURA. Il patto tra popolo e istituzioni e il bisogno di superare il tempo delle emozioni al potere per lavorare insieme alla costruzione di un’Italia fondata sul merito
Carolina Ignirri legge il messaggio del presidente Sergio Mattarella
Carolina Ignirri legge il messaggio del presidente Sergio Mattarella

di Vanna Francesca Bertoncelli

GROSSETO. La Repubblica Italiana nasce con il referendum popolare del 2 giugno 1946 che vede, per la prima volta, anche le donne al voto, quando gli italiani tra Monarchia e Repubblica, scelgono in un clima di tensione, la Repubblica. Res publica, cosa pubblica, cioè cosa di tutti. Il termine deriva dal latino e, nel corso dei secoli  è stato usato anche nel senso di Stato.

È una forma di governo nella quale è il popolo ad avere il potere che non è più nelle mani di una sola persona. Nel 1948 entra in vigore la Costituzione che definisce la repubblica democratica parlamentare dove il potere proviene dal popolo che elegge i rappresentanti al Parlamento.

Il patto tra popolo e istituzioni

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, figura rappresentativa dell’unità nazionale, nel messaggio rivolto ai Prefetti d’Italia richiama proprio ai valori costituzionali: «Quel patto tra popolo e istituzioni, fondato sui principi di libertà, democrazia e solidarietà, ispirato alla centralità della dignità umana e del lavoro – ha detto – seppe realizzare, con il concorso di posizioni e culture plurali, una sintesi di valori condivisi e avviare la ricostruzione e il rilancio sociale ed economico dell’Italia».

Diverse, nel tempo e nel mondo, le forme di repubblica. A volte democratiche a volte anche no. Ci sono repubbliche non rappresentative della libera volontà del popolo ma della volontà di un movimento, di un partito egemone con l’obiettivo di realizzare un pensiero unico, dominante, dunque una ideologia al potere.

Il 2 giugno punta i riflettori sul rapporto tra governo centrale ed enti locali. Le Prefetture, sedi di rappresentanza del governo in ogni provincia, attraverso le celebrazioni diffuse sul territorio e con la partecipazione dei sindaci riuniscono, idealmente, tutti gli italiani nel nome dell’identità nazionale.

I giovani al centro del discorso della prefetta

In questo contesto il discorso della prefetta Paola Berardino si articola in diversi punti che vedono al centro i giovani e i giovanissimi e  «Un malessere che si mescola e si sovrappone alle loro straordinarie qualità e alla grande generosità di cui sono capaci», sottolineando che «occorre rompere il muro delle solitudini e quello del silenzio. Andare incontro. Ascoltare. Offrire possibilità e modelli positivi di riferimento. Costruire occasioni di dialogo, di socialità, di crescita insieme».

Fondamentale il ruolo delle famiglie. Decisiva la scuola. E continua: «Infine, non avrei potuto non fare riferimento alla natura, alla storia e alla cultura ricchezze inestimabili e patrimonio genetico di questo territorio». Fiore all’occhiello il Parco della Maremma, «Seconda area protetta costituita in Italia che il prossimo 5 giugno festeggerà il mezzo secolo dalla sua costituzione». 

«La Repubblica vive della partecipazione di tutti. Alcune difficoltà continueranno a persistere, ma il contributo di tutti potrà sempre fare la differenza – dice ancora – Come ha detto il nostro Presidente della Repubblica, sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri».

Segue la consegna delle onorificenze “al Merito della Repubblica Italiana”. Si va oltre il valore simbolico di questa pratica che ha una funzione profonda: il riconoscimento del merito come strumento di coesione sociale.

La quarta età della Repubblica

Oggi questa nostra Repubblica compie 79 anni. È entrata da qualche tempo in quella che si definisce, per gli umani, la quarta età. La nostra porta bene gli anni. 

Presenta infatti, ormai da decenni, tratti di improvvisazione e leggerezze, irrigidimenti e conflittualità propri dell’età giovanile. Sono segnali ai quali guardare con attenzione, non sempre necessariamente benevola. Siamo nel tempo delle emozioni al potere. In qualche modo prigionieri delle emozioni che, crescendo, avremmo dovuto imparare a gestire scoprendo via via la stabilitas dei sentimenti. È una faccenda antropologica questa nostra bambinesca italianità? Chiamiamo ancora una volta in gioco Sciascia con i suoi  «Ominicchi. Sono come i bambini che si credono grandi, scimmie, che fanno le stesse mosse dei grandi». Agiscono senza sapere. Manca loro, come nei bambini, la conoscenza della realtà di persone e cose.

Ominicchi e quaquaraquà

Manca il conoscere per valutare e decidere per agire. Si dice in giro che non si trovino più soluzioni politiche ai problemi ma soltanto guerre. Quando la conflittualità diviene scontro ecco servita la guerra, intera o a pezzi che sia. Del resto “Terza guerra mondiale a pezzi” è l’espressione coniata, nel 2014, da Papa Francesco. La parola pace riempie la bocca di molti, di quei troppi che vivono una loro piccola conflittualità quotidiana. La pace non si compra su Amazon. Torniamo a Sciascia. Ecco i «Quaquaraquà: che dovrebbero vivere come anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più  senso e più espressione di quella delle anatre». (Sciascia Leonardo Il giorno della civetta. Torino. Einaudi, 1961). Sono quelli che continuano a starnazzare, per lo più a vuoto, proprio come le anatre. Con tutto il rispetto. Là dove uno vale uno, chi meno sa dà consigli su tutto a  tutti.

Quando le emozioni sono al governo prevalgono gli interessi privati, il familismo. Manca il senso della comunità sociale, di quello Stato che, personificandolo, additiamo come altro da noi. Lo Stato siamo noi. 

Noi con i nostri diritti che giustamente accampiamo ma anche con quei doveri del tutto nostri che abbiamo un’inevitabile tendenza a eludere, a non rispettare. Una repubblica sana si regge sul confronto politico, non sul conflitto. Il conflitto pro voto, continuo, inesorabile, impedisce la programmazione e di conseguenza affossa le iniziative, fa mal spendere il denaro, indebita sempre più il Paese. Indebita noi. Cosa fanno i nostri “politici”? In perpetuo conflitto con l’opposizione del momento, con progetti a brevissimo termine perché affetti da miopia incurabile, tramano e armeggiano da improvvisati lobbisti guardando al voto con la bava alla bocca. Al voto! Al voto! È necessario andare oltre.

Autore

  • nasce dall'idea di Guido Fiorini e Francesca Gori Notizie in tempo reale, turismo, economia, sport, enogastronomia, ambiente, informazione MaremmaOggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

    Visualizza tutti gli articoli

Riproduzione riservata ©

Condividi su

Articoli correlati

Ultimi articoli

Consigliati

Zone