Insegnanti in pensione da due anni, ma il Tfs non arriva | MaremmaOggi Skip to content

Insegnanti in pensione da due anni, ma il Tfs non arriva

Sono almeno 30, al momento, in attesa del trattamento di fine servizio e la cifra è destina a crescere
Insegnanti a scuola

GROSSETO. Quelli già noti sono una decina, ma potrebbero essere molti di più gli insegnanti che sono andati in pensione negli ultimi due anni, ma che ancora non hanno ricevuto il trattamento di fine servizio (Tfs). Un problema che potrebbe interessare, secondo i dati della Flc-Cgil di Grosseto, almeno 60 persone che hanno cessato l’insegnamento nel 2019 con la legge Fornero, la metà dei quali avrebbe dovuto ricevere il Tfs entro il 15 dicembre 2021.

Ieri, 20 gennaio, con l’invio delle prime 3 lettere di diffida nei confronti dell’Inps, delle singole scuole in cui gli insegnanti erano in servizio e dell’ufficio scolastico provinciale, è partito il percorso che apre la vertenza e, se necessario, il ricorso al giudice del lavoro.

Un sistema farraginoso e da rivedere

È l’avvocato Carlo De Martis di Grosseto, che con il suo studio è il legale di riferimento della Cgil e assiste i docenti che hanno avviato la vertenza, a spiegare come funziona l’erogazione di quello che è un diritto acquisito del lavoratore, poiché di fatto costituisce una retribuzione differita attraverso accantonamenti operati nel corso degli anni.

L'avvocato Carlo De Martis
L’avvocato Carlo De Martis

«Nella pubblica amministrazione, a differenza del privato il cui il trattamento di fine rapporto (Tfr) viene erogato dal datore di lavoro, il Tfs è legato alla finanza pubblica, con percorsi e tempi più lunghi, che finiscono spesso per allungarsi anche oltre le stesse scadenze previste dalla legge».

«Lo Stato, ovvero l’amministrazione in cui il dipendente ha terminato il servizio, in questo caso la scuola, si riserva infatti 12 mesi per la lavorazione della pratica, dopodiché la palla passa all’Inps, il soggetto erogatore, che si prende altri 105 giorni prima di corrispondere la cifra. Per intendersi, un docente che è andato in pensione il 1° settembre 2020, deve avere il Tfs entro il 15 dicembre 2021», spiega De Martis.

Ed è in questo percorso che la pratica trova un tappo e rallenta o si ferma del tutto, poiché l’Inps che è in ritardo per carenza cronica di personale, può fare il conteggio solo quando arrivano i dati elaborati dalla scuola, a sua volta in ritardo per lo stesso motivo.

«Nei 3 casi per i quali è stata inviata la lettera di diffida, solo per fare un esempio, la pratica non è partita. Ci aspettiamo che sia così anche per altri in cui la documentazione all’Inps è stata trasmessa, ma ancora non si sa niente sui tempi per l’erogazione del Tfs», aggiunge De Martis, precisando che il mancato pagamento comporta anche un danno erariale. «Quando si sforano i tempi di pagamento, scattano gli interessi a carico dell’Inps e, più il ritardo si allunga, più aumentano gli interessi da pagare a carico della collettività», conclude.

Russo: «La scuola non ha le risorse per seguire anche queste pratiche»

La Flc-Cgil che da anni denuncia il problema e che ora sta seguendo da vicino le prime 3 pratiche per i propri iscritti, lancia l’allarme sulla situazione delle scuole, che non possono farsi carico, con il personale amministrativo che hanno, di seguire anche i conteggi da inviare all’Inps.

Cristoforo Russo
Cristoforo Russo

«Il percorso vertenziale che ci auguriamo sia risolutivo – dice Cristoforo Russo, segretario provinciale Flc-Cgil – è solo la punta dell’iceberg, perché il problema è ben più grave e riguarda la dotazione di personale amministrativo per la scuola, che in questo caso ha ben poche responsabilità dirette.

Sono anni che ci opponiamo a questa prassi, chiedendo che le segreterie scolastiche siano sollevate dalla gestione delle pratiche pensionistiche. Se poi aggiungiamo che si sta smantellando la pubblica amministrazione, che sono in affanno anche gli uffici del provveditorato e dell’Inps, il risultato è questo.

Il nostro obiettivo in questo momento non è la scuola, anche se, ovviamente, è tra i destinatari dell’azione legale, ma sollevare e risolvere un problema strutturale. Al quale peraltro non vengono date risposte se non con pannicelli caldi, che coprono momentaneamente un buco alla volta senza risolvere l’aspetto complessivo», conclude Russo.

 

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