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«Chiudere subito l’area Covid dell’ospedale»

Lo chiede il sindaco Casamenti alla Asl. «Siamo alla fine dell’emergenza, non ha senso tenere aperti 8 letti Covid»
L'ingresso dell'ospedale di Orbetello e, nel riquadro, Andrea Casamenti
L’ingresso dell’ospedale di Orbetello e, nel riquadro, il sindaco Andrea Casamenti

ORBETELLO. «A pochi giorni dalla fine dell’emergenza Covid decretata dal Governo, ha senso tenere ancora aperta la bolla Covid all’ospedale di Orbetello?». Se lo chiedono il sindaco Andrea Casamenti e l’assessore alla Sanità Silvia Magi, che si rivolgono al direttore genarle della Asl sudest, Antonio D’Urso, affinché vengano “smobilitati” gli 8 posti letto predisposti per accogliere i pazienti cosiddetti “Covid per caso. Ovvero persone asintomatiche, che scoprono di essere positive ai controlli di routine prima di un ricovero per altri problemi di salute.

La bolla Covid era stata attivata a fine gennaio per dare sollievo all’ospedale di Grosseto nella fase acuta del quarto picco pandemico, quando più volte l’area destinata ad accogliere i malati di conoronavirus era arrivata al limite delle disponibilità. 

«Mancano pochi giorni alla fine dell’emergenza Covid 19 prevista per la fine del mese – scrivono Casamenti e Magi – e lo stesso hub vaccinale aperto nel nostro comune concluderà le vaccinazioni domenica 27 marzo. Quale sarà il futuro della bolla covid aperta nel nostro ospedale?

Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione dalla Asl in merito e sappiamo che attualmente sono solo 2 posti letto su 8 disponibili sono occupati. Ci chiediamo se veramente valga la pena continuare a sacrificare altre prestazioni e tipologie di intervento per mantenere un servizio necessario attualmente a sole 2 persone».

La direzione della Asl intervenga in tempi brevi

Da qui, dunque, la richiesta del Comune alla Asl: «Chiediamo alla dirigenza della Asl di intervenire in tempi brevi, rivedendo la scelta di garantire posti letto ai pazienti “Covid per caso” nel nostro nosocomio, valutando il numero dei ricoveri effettuati e le prestazioni ad oggi in attesa perché non hanno trovato risposta finora.

Ma soprattutto chiediamo di chiudere la bolla e garantire la piena fruizione delle attività dei vari reparti, vista l’inutilità della stessa.  Purtroppo la famosa “coperta di Linus” – scrivono Casamenti e Magi, citando una celebre metafora tratta dai fumetti di Peanuts – se copre un servizio, automaticamente ne scopre un altro. In fondo le risorse alle quali attingere sono sempre le stesse, proprio come avevamo fatto presente fin dall’inizio esprimendo la nostra contrarietà alla bolla», concludono.

Anche il sindaco di Capalbio aveva chiesto la chiusura della bolla Covid a Orebtello

La stessa richiesta è arrivata anche dal sindaco di Capalbio, Gianfranco Chelini. «Sappiamo che, nelle ultime settimane, la bolla Covid, ospita, in media, dalle 2 alle 4 persone. Numeri che non giustificano il mantenimento di quell’area operativa, anche per l’impatto sull’organizzazione dell’attività ospedaliera ordinaria e quindi sui servizi ai cittadini che vivono nella zona sud».

«Non c’è il rischio – si chiede Chelini – che, di fronte a un bisogno di salute, si debba rimandare una attività che prevede il ricovero? Da quando è stata attivata questa area gli interventi chirurgici sono stati ridotti del 30%. Esiste una correlazione tra le due cose? La soluzione potrebbe essere il ricovero dei pazienti “Covid per caso” all’ospedale di Grosseto dove esiste già un reparto Covid, in cui 2 o 4 presenze in più non farebbero la differenza. C’è anche da considerare, chiaramente, che andare a sottrarre qualche posto letto su una disponibilità complessiva di 600 non andrebbe ad alterare la normale programmazione delle attività».

«Il 31 marzo, finisce la fase di emergenza e sappiamo che alcuni ospedali nel senese stanno lavorando per realizzare delle stanze Covid e non interi reparti, dando modo alle strutture di gestire i servizi ordinari: non conoscendo nel dettaglio questi progetti, crediamo però che debbano essere presi in considerazione anche per la nostra area per capire se possano essere concretizzabili.

Dobbiamo fare uno sforzo di razionalità, prendendo decisioni con dati alla mano: informazioni che tengano conto, certo, dell’andamento dei contagi, ma anche dei bisogni dei territori, perché a fare le spese di decisioni di difficile comprensione non possono essere gli abitanti delle zone periferiche», conclude Chelini.

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