GROSSETO. «Siamo al limite, con la gente in fila per fare un tampone come non si era mai vista qui da noi». Questo era il 30 dicembre e da allora la situazione alla farmacia di Vittorio Marchese, tra Casalecci e Stacciole, non è migliorata. Da un paio di settimane è caccia al tampone, tanto che da lui si fanno fino a 150 test al giorno, peraltro in una farmacia che ha un afflusso minore di altre in città e nelle aree più frequentate.
«Le persone sono stressate, hanno paura. L’aumento vertiginoso dei casi, sommato alle nuove regole che hanno ristretto le maglie per chi non è vaccinato o non ha ancora la terza dose, hanno avuto come risultato quelle che vediamo da giorni», spiega Marchese, che peraltro è stato tra i primi a fare i tamponi, in provincia di Grosseto, e il primo in assoluto, a vaccinare contro il Covid nella sua farmacia, a luglio. Da allora al 30 dicembre, ha già somministrato oltre 700 dosi di vaccino.
Marchese è tesoriere e consigliere di Federfarma provinciale (l’associazione che rappresenta i farmacisti titolari, le farmacie private per intendersi) e parla dunque a nome dell’associazione che rappresenta.

«Siamo passati da una crescita della domanda a ottobre, che poi pian piano si è stabilizzata, a un nuovo aumento a dicembre, cresciuto ancora nei giorni prima di Natale e diventato insostenibile ora a ridosso della fine dell’anno. Sono talmente tante le persone che si presentano, che abbiamo deciso di fare il test ad accesso diretto, poiché non riuscivamo più a rispettare gli orari degli appuntamenti».
Cosa è cambiato, dottor Marchese, da ottobre a ora?
«Sono cambiate le richieste. Prima le persone venivano qui perché avevano bisogno del green pass per andare al lavoro. E c’era anche il monitoraggio delle scuole con i test a tempo “zero” e a tempo “5”, cui come Federfarma abbiamo aderito convintamente. Da due settimane a questa parte, invece, è subentrato il terrore del contatto con un positivo. In una realtà come la mia farmacia, che potrei definire rurale, siamo arrivati a fare fino a 150 tamponi al giorno, che refertiamo in un quarto d’ora e consegniamo all’utente».
Sono aumentati i positivi che vengono individuati?
«Decisamente. Nell’ultima settimana abbiamo avuto fino a 10 risultati positivi al giorno. E questo è un altro problema, perché viene a farsi il test un numero maggiore di persone infette, che magari prima aspettavano di essere chiamate per il molecolare a casa. Quindi, benché protetti dai dispositivi, siamo più esposti ai rischi».
Come vi siete organizzati?
«Abbiamo uno spazio separato, ben aerato che viene igienizzato dopo l’uscita di ogni paziente, la fila è fuori, all’aperto. Tutto nel massimo rispetto delle normative»
Avete personale dedicato?
«Questo è un altro problema. Noi siamo in 5 e uno dei miei farmacisti è impegnato a tempo pieno per fare i tamponi, quindi distolto dalle altre attività. Nei giorni di maggiore afflusso viene un’infermiera professionale grazie a una convenzione con l’associazione La Farfalla, a nostre spese, ma solo per fare il test, che poi noi farmacisti dobbiamo refertare e caricare sul portale regionale. Lavoriamo come matti, spesso sacrificando la nostra vita privata a supporto di un intero sistema, quello di tamponi e tracciamento, che è andato in crash. Basti pensare che il 75 per cento dei tamponi in Italia è stato fatto in farmacia».
La farmacia è un presidio da tutelare. Le rivendicazioni di Federfarma
«Non togliete i farmaci alle farmacie», una frase che può sembrare un controsenso a chi non è del settore, ma che per Federfarma è un grido di allarme, soprattutto in Toscana. «È la distribuzione dei farmaci che ci fa sopravvivere – spiega Marchese – per questo siamo penalizzati dal fatto che una parte vengano invece erogati direttamente da parte delle Asl».
Può spiegare meglio?
«La distribuzione diretta dei farmaci significa che alcune tipologie devono essere ritirate direttamente dai pazienti negli ospedali e nei distretti. L’obiettivo di questa scelta è contenere la spesa farmaceutica sul territorio, peraltro tutta da dimostrare. I farmaci acquistati dalle Asl tramite l’ente regionale Estar costano meno rispetto a quelli erogati dalle farmacie convenzionate, ma ci sono “costi sociali” che non vengono considerati. Ad esempio costringere le persone, spesso pazienti anziani e fragili, a spostarsi, quando potrebbero tranquillamente avere lo loro medicine nella farmacia più vicina e in fasce orarie molto più ampie Pensiamo al disagio di chi vive nelle are rurali e decentrate».
E quanto pesa questo aspetto sulle farmacie private convenzionate?
«Bisogna considerare che la farmacia, oltre a erogare servizi sanitari e “vendere salute” è anche un esercizio commerciale e la sua sostenibilità economica passa attraverso il farmaco. Se viene tolto si mette a rischio l’attività e si diminuiscono i servizi, soprattutto nel caso delle farmacie rurali, che sono le più esposte. Durante la pandemia, è emersa ancora di più l’importanza delle farmacie: ci siamo sempre stati, non abbiamo mai chiuso e non c’è stata l’interruzione del servizio, abbiamo ampliato gli orari di apertura, aumentato i servizi digitali, ci siamo fatti carico della consegna domiciliare dell’ossigeno. Per tutto questo ci sono arrivati riconoscimenti anche dallo stesso ministro Speranza. Se si mette a rischio la sostenibilità economica delle nostre attività, si mette a rischio tutto questo».
Quale è allora la rivendicazione di Federfarma?
«Le farmacie ci sono, sono pronte a collaborare ancora di più di quanto stanno già facendo, ma per continuare ad esserci devono poter fare quello per cui nascono e operano: distribuire i farmaci».

Redattrice di MaremmaOggi
Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle “origini” prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi
Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana – #UniciComeLaMaremma