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Il crocifisso del Vecchietta vola a Firenze – Il video

Don Franco Cencioni spiega la storia dell’opera d’arte che dalla Cattedrale è stata portata a Palazzo Strozzi per la mostra donatelliana: tutte le fasi del trasferimento

GROSSETO. Dopo «La Madonna delle ciliegie» del Sassetta e il «Giudizio Universale» di Guido da Siena, esposti rispettivamente nella città del Palio e a Forlì per due grandi mostre su Dante, l’arte sacra grossetana continua ad  essere al centro della scena.

Si sono concluse, infatti, nella tarda mattinata di mercoledì 2 febbraio le operazioni di movimentazione del Crocifisso del Vecchietta, venerato nella cattedrale di San Lorenzo, a Grosseto. Prenderà la strada di Firenze, per la mostra “Donatello, ovvero il Rinascimento”, curata da Francesco Caglioti  in programma a Palazzo Strozzi e al Museo del Bargello dal 19 marzo al 31 luglio.

Un’opera d’arte custodita in Duomo

A curare le delicate operazioni di movimentazione è stato il personale dell’azienda Arterìa, specializzata nella movimentazione, trasporto, esposizione e deposito di opere d’arte.

Ad assistere alle operazioni erano presenti don Franco Cencioni, proposto del Capitolo della cattedrale e direttore dell’ufficio beni culturali ecclesiastici della Diocesi; il parroco della cattedrale, don Piero Caretti; funzionarie della Soprintendenza e del Maam.

L’opera è stata richiesta in prestito alla Diocesi dai direttori della Fondazione Palazzo Strozzi e dei Musei del Bargello, perché il Vecchietta è considerato tra i più importanti seguaci di Donatello a Siena e il Crocifisso conservato nella cattedrale di Grosseto, sconosciuto – purtroppo – al grande pubblico, è stato ritenuto particolarmente indicato al progetto.

«Per noi – commenta don Franco Cencioni, che in qualità di proposto del Capitolo della cattedrale e direttore dell’ufficio beni culturali ecclesiastici della Diocesi ha seguito l’intero iter – queste richieste sono motivo di orgoglio e di soddisfazione. La periferica Grosseto, che – si dice – non è in grado di competere artisticamente con le altre città toscane, in realtà è custode di opere di grandissimo valore, che meritano di essere conosciute oltre i confini della nostra città. Ben volentieri, dunque, abbiamo acconsentito – dietro il placet della Soprintendenza – alla richiesta di questo prestito».

Un prestito che, peraltro, porterà un ulteriore vantaggio, perché Fondazione Palazzo Strozzi e Musei del Bargello si faranno anche carico di un intervento di restauro conservativo del Crocifisso, da parte della restauratrice fiorentina Silvia Bensi, anch’essa presente alle operazioni di movimentazione.

Non c’è certezza su chi fu il donatore dell’opera anche se tutto lascia credere che – come scritto dal professor Mazzolai – sia stato il cardinale Giulio Cesarini, che fu amministratore apostolico della Diocesi dal 1439 al 1444. «Per i grossetani – osserva a questo proposito don Cencioni – è un’occasione per ricordare con gratitudine quei Vescovi che, pur non residenti, hanno però amato questa terra, arricchendola di opere e di attenzioni che l’hanno fatta crescere».

Nel periodo in cui la scultura sacra sarà in esposizione a Firenze, in cattedrale sarà sostituita da un Crocifisso su base lignea del XIX secolo, custodito nelle sacrestie vecchie recentemente restaurate.

Un po’ di storia

Del Crocifisso si hanno notizie frammentarie. Le prime risalgono alla metà del ‘500, quando la scultura fu collocata in cattedrale, ma non nell’attuale posizione. Solo nel 1572 si concretizza l’altare del Crocifisso, nel transetto a destra. L’opera lignea è attribuita a Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, che lo avrebbe scolpito fra il 1470 e il 1480 nell’ambito della scuola donatelliana.

C’è chi, però, lo attribuisce a Giovanni di Stefano, figlio di quel Sassetta autore del capolavoro “La Madonna delle ciliegie”, conservata nell’ala del museo diocesano d’arte sacra del Maam. Il Crocifisso è a grandezza naturale; il Cristo, che si offre sulla croce per la salvezza degli uomini, è colto nel momento che precede la morte. Il torace si sta gonfiando, le membra si torcono, le gambe e le braccia sono segnate dalle vene. È un capolavoro d’arte sacra che commuove e rimanda a quanto san Paolo scrive nella Lettera ai Filippesi: «Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce».

«L’auspicio – conclude don Cencioni – è che quanti visiteranno la mostra su Donatello possano lasciarsi toccare il cuore dal Crocifisso del Vecchietta, tanto più in un momento difficile come questo, in cui abbiamo bisogno di ritornare alla sorgente della nostra umanità e il Cristo sofferente e morente ci aspetta per ricordarci che Lui il mondo l’ha già redento col suo amore fino alla fine».

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