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Autocertificazione falsa, assolto

Secondo la giudice del tribunale di Civitavecchia, il Dpcm del governo Conte era incostituzionale
Il tribunale di Civitavecchia
Il tribunale di Civitavecchia

GROSSETO. L’8 marzo 2020 fu firmato il primo Dpcm dal governo Conte che sanciva l’inizio del lockdown.

Si poteva uscire da casa soltanto per motivi di lavoro, per motivi di salute o per necessità. I posti di blocco erano stati istituiti in tutte le zone di confine, le regioni non potevano essere attraversate e per uscire da casa era necessario compilare l’autocertificazione.

Illegittima la limitazione della libertà

Il 20 marzo dello stesso anno, un giovane grossetano, che stava tornando a casa da Roma, fu fermato dalla polizia sull’Aurelia, all’altezza di Santa Marinella. Il ragazzo compilò l’autocertificazione insieme agli agenti, dichiarando di essere stato a Roma per lavoro ma dalle verifiche della Procura di Civitavecchia, emerse che quel giorno il giovane non era stato nell’ufficio che aveva indicato nel documento.

Per questo fu indagato, per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Difeso dall’avvocato Andrea Ricciardi, il giovane grossetano è stato assolto dalla giudice del tribunale di Civitavecchia Rita Mannarà che, accogliendo le richieste del difensore, ha prosciolto l’imputato dalle accuse che gli erano state contestate, escludendo l’antigiuridicità della condotta e così evitando l’apertura e lo svolgimento del dibattimento.

Dopo le sentenze emesse dai tribunali di Milano, Reggio Emilia e Pisa su procedimenti analoghi, anche la giudice Mannarà ha sostenuto – nelle motivazioni della sentenza – l’illegittimità dei D.P.C.M. emanati dall’allora governo nel marzo 2020, che avrebbero imposto la compressione dei diritti fondamentali scolpiti nella Costituzione.

Scrive la giudice: «Un D.P.C.M. non può legittimamente porre limitazioni a libertà costituzionalmente garantite». E ancora: «Detta disposizione avrebbe stabilito un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione […] configurando un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare. Si tratterebbe, a tutti gli effetti, di una sanzione penale restrittiva della libertà personale […] la quale può essere disposta esclusivamente da un giudice, nei soli casi previsti dalla legge, e comunque previo procedimento giurisdizionale che assicuri il diritto di difesa dell’imputato».

Illegittima, secondo la stessa giudice, la delibera del Consiglio dei Ministri del 31.01.2020 nella quale fu dichairato per la prima volta, lo stato di emergenza per rischio sanitario e da cui avrebbero poi tratto fondamento, per l’allora governo, i Dpcm a seguire, ritenuti illegittimi e quindi disapplicati dalla giudice poiché atti avente natura amministrativa. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. «La deliberazione del 31.1.2020 del Consiglio dei Ministri  – si legge nelle motivazioni della sentenza – con cui viene dichiarato lo stato di emergenza nazionale, è illegittima in quanto nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere al Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario».

 

 

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