ORBETELLO. Da questo pomeriggio, 4 dicembre, la salma di Matteo Legler, il 29enne morto ieri sera a Grosseto, riposa nella camera ardente allestita all’obitorio dell’ospedale di Orbetello.
Un luogo raccolto, attraversato da un dolore che non ha bisogno di parole per farsi sentire. Qui, familiari, amici, conoscenti e persone che lo hanno incrociato anche solo per un tratto di strada stanno arrivando senza sosta, in un silenzio che parla più di qualsiasi voce.

È una giornata uggiosa, come se perfino il cielo avesse smesso di trovare pace. Dentro quella stanza colma di fiori, abbracci trattenuti e occhi lucidi, la comunità si stringe attorno a una perdita che sembra impossibile da accettare.
La morte non si accetta mai; questa, così improvvisa, così ingiusta, ancora meno. Molti si domandano come sia possibile che una vita pronta a sbocciare, a costruire il proprio futuro, sia stata spazzata via in un istante.
Matteo non c’è più, e il mondo intorno a lui – e a chi gli voleva bene – è crollato.
La casa che aspettava
La prossima settimana Matteo avrebbe firmato dal notaio per entrare nella casa che aveva scelto con cura.
Una casa pensata per sé, per la sua compagna Ginevra e per il figlio che nascerà a breve.
Un nido che avrebbe dovuto riempirsi di vita, di voci, di passi, di futuro.
Quel futuro che Matteo non potrà vedere, ma che continuerà a vivere nei racconti di chi lo ha conosciuto davvero.
Saranno gli occhi e le parole di familiari e amici a consegnare a suo figlio il ricordo di un padre pieno di amore, determinazione e sogni grandi.
La camera mortuaria
Nella camera mortuaria il tempo sembra essersi fermato. Le persone entrano in punta di piedi, le voci si abbassano, i passi diventano lenti.
Tanti amici, tanti volti del mondo del calcio, tanti che non potevano mancare. Ognuno porta con sé un frammento di Matteo: una risata, un gesto, un momento vissuto insieme.
In quell’aria densa di emozione sembra quasi che lui sia ancora lì, che passi accanto ai presenti, che sfiori una spalla, che lasci ancora una volta il suo segno.
Ciò che resta
Alla fine, ciò che resta non è il silenzio della notte né l’amarezza di un addio troppo presto.
Resta l’impronta luminosa di un ragazzo che amava, che sognava, che costruiva con mani giovani ma sicure il proprio domani.
Resta la certezza che, anche se non vedrà crescere suo figlio, una parte di lui continuerà a vivere nei ricordi e nell’amore di chi gli è stato accanto.



