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«Giorgio, ti ricorderemo sorridente tra i banchi della VC»

Una malattia terribile ha cancellato la vita di un compagno di scuola. Queste righe sono dedicate a lui, alla moglie Grazia, alla figlia Sara
Giorgio Bonfiglioli

GROSSETO. Un amico è prezioso. Un compagno di classe è inestimabile. Quando dice addio per sempre è veramente atroce, muore una parte di te. Un pezzo di vita. La più bella.

Un compagno di classe

Giorgio Bonfiglioli sedeva tra i banchi della sezione C dell’istituto tecnico industriale di via Brigate Partigiane (prima in via Zanardelli), ramo elettrotecnica. Un percorso vissuto insieme, crescendo insieme, superando giornate grigie, altre dove splendeva il sole. Insieme. Ridendo, soffrendo, conoscendoci, afferrando la vita.

Le scale, la lavagna, i corridoi, la presidenza era il nostro mondo, amato e odiato. L’aula il nostro universo dentro il quale annegavi o sbarcavi sull’isola più bella, sull’atollo di sabbia bianca e le palme. Insieme. Cadute e vittorie sviscerate guardando al domani, a quello che sarebbe accaduto. Ai tanti misteri che ci aspettavano. Dialoghi lunghissimi, speranze. Interminabili partite a pallone. Tu, Giorgio, correvi come una nuvola, veloce e leggero, vincevi le gare. E ridevi.

Ogni dannato lunedì

I lunedì variavano da incubo a fuochi artificiali. Lo decideva la domenica, anzi le voci di Provenzali, Ameri, Ciotti, lo studio centrale di “Tutto il calcio minuto per minuto” ascoltati dentro radioline gracchianti. Tu eri juventino, Andrea (detto Bazza) interista, Adriano milanista, Giovanni era fuori concorso perché tifava Cagliari. Chi aveva vinto assumeva l’aria del despota, chi aveva perso subiva sperando rivincite. Durava tutta la settimana.
L’anno più bello è stato quello della maturità. Nove mesi di grande attesa fatta di tremori e serenità, paure, insicurezze, certezze. Pomeriggi di studio insieme, infinite partite a scopone, sfide di calcio, mamme a fare le merende. Un dedalo di ricordi diventati presente quando ti ho visto per l’ultima volta. Ai piedi avevi le scarpe da ginnastica (le chiamo ancora così). Ho sorriso piangendo, avvistandoti su una distesa aperta. Correvi, umiliando l’inutile malattia che ti ha voluto portare via. Ciao Giorgio, l’intera 5ª C ti accarezza.

L’ultimo canto di Giorgio

Giorgio ha lasciato in dono questa poesia per la moglie Grazia e la figlia Sara.

Amore rimanimi accanto,
come tempo e musica
prato e fiore
come sfumatura e colore.
Come bambini che crescono.
Come i cespugli sulle zolle erbose.
Come vela e mare
alba e risvegli
infiniti,
senza origine né memoria
ma comunque con la nostra storia.

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